Leadership etica: una definizione

giustizia-bilancia-292x328La leadership etica è un concetto relativamente recente[1]; a seguito dei frequenti scandali non solo in ambito aziendale, ma anche in quello politico, la ricerca ha cominciato a focalizzarsi sullo studio dell’etica e dei valori. Etica (dal greco antico èthos) significa “comportamento,” “costume,” “consuetudine.” L’etica è considerata una branca della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che consentono di attribuire a comportamenti umani un status deontologico, quindi, di distinguerli in moralmente leciti, giusti, buoni, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. La leadership etica riguarda, quindi, cosa i leader dovrebbero fare. Parlare di etica nelle organizzazioni significa parlare dunque di un tema che risente moltissimo delle condizioni storiche,[2] culturali,[3] giuridiche ed economiche che caratterizzano un determinato contesto in un certo momento. Questa definizione di etica ha dunque una contraddizione interna: dovrebbe essere oggettiva e razionale ma, allo stesso tempo, essendo valori e cultura-dipendente, non può che risentire della cornice storica, contestuale e culturale entro cui parliamo di etica.[4]

            Brown, Trevino e Harrison (2005, p. 120) definiscono la leadership etica come “la dimostrazione di condotte normativamente appropriate attraverso le azioni personali e le relazioni interpersonali, e la promozione delle stesse condotte ai seguaci attraverso una comunicazione a due vie, il rinforzo, il decision-making.” Avere condotte normativamente appropriate, ad esempio, tramite onestà, fiducia, parità e cura, è la base per rappresentare un modello da imitare (Bandura, 1986).

Esercitare una leadership etica non significa solamente avere senso di giustizia fine a se stesso, ma significa anche portare vantaggi al leader, ai dipendenti, e all’azienda. Esercitare una leadership etica non è solo impersonalmente giusto, ma anche psicologicamente conveniente. E’ stato stimato che il 62.5% della varianza nella fiducia nei confronti del leader è spiegata dalla sua etica (Craig & Gustafson, 1998). La fiducia è fondamentale per la relazione leader-dipendente, per la legittimità di posizione del leader e la legittimità delle sue decisioni. I leader etici vengono valutati molto più positivamente dai propri subordinati (Brown et al., 2005); le aziende in cui si riscontrano condotte non etiche perdono valore fino al 41% del loro valore di mercato (Karpoff, Lee & Martin, 2008). La leadership etica ha indubbi vantaggi: tende a incrementare i comportamenti prosociali tra i dipendenti (Mayer, Keunzi, Greenbaum, Bardes & Salvador, 2009; Walumbwa & Chaubroeli, 2009), tende a scoraggiare i comportamenti devianti come bullismo e mobbing (Stouten, et al. 2001),[5] tende ad aumentare benessere e soddisfazione lavorativa (Avey, Wernsing & Palanski, 2012), tende a migliorare la significatività del compito con ripercussioni positive sulla performance lavorativa (Piccolo, Greenbaum, Den Hartog, Folger, 2010).

Cosa spinge allora i leader ad intraprendere azioni non etiche? Secondo Wisse e Rus (2012), uno degli antecedenti principali delle condotte non etiche è l’enfatizzazione del sé del leader, che porterebbe alla salienza degli interessi del leader, e dunque alla conduzione di azioni volte al soddisfacimento dei propri interessi. Per altri autori l’etica è una questione di personalità. Xu, Yu e Shi (2011), hanno somministrato il NEO-Five Factor Inventory, forma S (Costa & McCrae, 1996; McCrae & Costa, 1987) e l’Ethical Leadership Scale (Brown et al., 2005) ad un campione di 59 supervisori. Dall’analisi di regressione si sono riscontrati, operando controlli sulle variabili demografiche (età, genere, istruzione),  legami positivi tra leadership etica ed estroversione, piacevolezza, coscienziosità, legami negativi col nevroticismo.



[1] Oggi sono molto frequenti convegni e percorsi di formazione manageriali incentrati sul tema dei valori e dell’etica. Se le prime Carte dei Valori aziendali risalgono agli anni ’40, solamente oggi il tema dell’etica e dei valori è veramente pervasivo, al punto che anche aziende unipersonali talvolta presentano la propria carta dei valori.

[2] Per capire come il concetto di etica vari al variare delle condizioni storiche, culturali, giuridiche si può pensare al fatto che alcune affermazioni, considerate un tempo etiche e filosoficamente legittimate, oggi ci appaiono assurde e non etiche. Ad esempio a fine ‘700, Bentham (Foucault & Perrot, 1983) suggeriva di costruire un Panottico, un edificio in cui è possibile osservare i propri lavoratori dipendenti in qualunque momento della loro attività lavorativa e privata; oppure si può pensare all’idea di Sieyes (Zapperi, 1985) di creare una razza di “scimmie antropomorfe” unendo afroamericani e scimpanzé al fine di produrre una forza lavoro coatta eternamente schiava (Losurdo, 2006). Queste affermazioni, che oggi a noi appaiono del tutto non etiche, la prima per violazione del concetto di privacy (non ancora sviluppatosi ai tempi di Bentham), il seconda perché razzista, al tempo erano considerate moralmente e filosoficamente legittimate.

[3] Probabilmente molto dipende dalla cultura organizzativa: essa spesso definisce le norme, i riti, le storie, i valori, ma anche ciò che è giusto e ciò che è sbagliato (Schein, 1998).

[4] I numerosissimi convegni sull’etica che vengono proposti nei percorsi di formazione manageriale più che definire in maniera oggettiva e razionale cosa è giusto, come viene espresso nella definizione filosofica di etica, non possono che assomigliare più ad un galateo (D’Urso, 1997, p.116), distinguono ciò che è accettabile e giusto da ciò che è inaccettabile, ma sempre all’interno di un certo contesto aziendale.

[5] Dall’ottica della teoria di Hogg (2001), il leader descrive e prescrive ciò che è normativamente appropriato: se il leader è etico, inevitabilmente anche il gruppo diventerà più etico.

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