comunicazione non verbale esempi psicologia

Comunicazione non verbale: esempi e definizione

comunicazione non verbale esempi psicologiaComunicazione non verbale: esempi e definizione

Quando parliamo con gli altri, quando interagiamo con un gruppo l’effetto della nostra comunicazione è determinato sia dal contenuto (comunicazione verbale) sia dalla comunicazione non verbale.

Esiste una comunicazione verbale, costituita dunque dal contenuto delle parole effettivamente verbalizzate ed una comunicazione non verbale, caratterizzata da gesti, posture, microespressioni facciali, orientamento del corpo, distanza interpersonale, tono, ritmo e colore della voce.

Ognuno di questi gesti, posture ed espressioni che accompagnano le parole non è casuale ma ha un significato ben preciso. Conoscerlo ci permette di capire le reali intenzioni degli altri, conoscere qual è lo stato d’animo e di intuire cosa l’altro pensi realmente quando interagisce con noi.

Lo studio della comunicazione non verbale ha in genere due obiettivi

Il primo è quello di saper interpretare il linguaggio del corpo dei nostri interlocutori, al fine di comprendere le sue reali intenzioni e capire quali emozioni provano e se mentono.

Il secondo obiettivo è quello di capire come gestire la propria comunicazione, in modo tale da rendere la nostra comunicazione più efficace, più piacevole e più persuasiva.

Da una parte dunque come leggere le intenzioni degli altri, dall’altra come gestire e modificare la nostra comunicazione per inviare le informazioni all’altro nella maniera migliore possibile.

Gli ambiti di utilizzo della CNV sono molto ampi, non riguardano solo la vita lavorativa ma anche quella personale.

Oltre alla competenza tecnica, le due variabili più importanti per chi analizza il linguaggio del corpo:

Memoria e attenzione nella comunicazione non verbale

Step 1. Ogni conoscenza sul linguaggio del corpo è utilizzabile nella misura in cui siamo in grado di percepire efficacemente le modificazioni nel linguaggio del corpo altrui (attenzione) e di memorizzarle correttamente per utilizzarla e analizzarla successivamente (memoria).

La comunicazione è il principale strumento tramite cui noi entriamo in legame con gli altri, quando seguiamo una lezione, per strada, con un passante, a lavoro e in famiglia noi comunichiamo continuamente.

 Non è possibile scegliere se comunicare o no, in altre parole “è impossibile non comunicare” (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1967), anche essere in silenzio, con lo sguardo fisso, magari al bar, mentre si fa colazione, significa comunicare. Si trasmette all’esterno l’idea di non voler parlare.

Dato che per noi non si può evitare di comunicare, non si può operare una scelta diretta su questa, rimane una sola scelta da compiere.

Bisogna scegliere se comunicare bene, in maniera organizzata, conoscendo il significato di gesti, posture, espressioni facciali, oppure lasciare al caso queste variabili.

 E tenendo in considerazione che l’efficacia delle nostre comunicazione, come emerge da uno studio di Mehrabian e Wiener (1967) è costituito per il 93% dagli effetti della comunicazione non verbale, conviene saperla leggere e utilizzare.

Dalla punta dei piedi fino all’ultimo capello dunque comunichiamo, ma con quale intenzionalità?

Esistono segnali che possiamo controllare più facilmente, e segnali più involontari meno controllati.

In genere, a parte alcune eccezioni, tanto più un segnale si allontana dal volto, tanto meno è controllato e consapevole.

Infatti, siamo abbastanza consapevoli della posizione delle spalle, della mimica facciale, (se ridiamo o piangiamo ne siamo spesso consapevoli ed attenti), la posizione delle braccia, e delle gambe è invece meno consapevole e meno sotto il nostro controllo.

Considerando solo la comunicazione facciale ci sono delle differenze, i muscoli più grandi sono facilmente controllabili, mentre la pigmentazione della pelle, il battito delle palpebre, le microespressioni sono molto meno controllabili.

Come sempre in comunicazione conviene agire con lo spirito di un ricercatore, che di fronte all’esplorazione e alla conoscenza dell’altro non potrà servirsi di verità certe e assolute, ma potrà servirsi, come un detective, di prove, indizi che confermano o ci fanno allontanare da un’ipotesi. E proprio come nel caso di un detective, abbiamo indizi più o meno forti. Tra i vari segnali di comunicazioni sono indizi molto più efficaci, indizi che ci suggeriscono di essere sulla buona strada quelli involontari.

Dunque è bene focalizzarsi su una realtà: più un segnale è involontario, meno è mediato dalla coscienza.

Meno un segnale è mediato dalla coscienza più probabilmente sarà rivelatore delle intenzioni e del punto di vista altrui.

Più un segnale è inconsapevole, più esso sarà rivelatore delle reali intenzioni dell’altro

La stragrande maggioranza delle informazioni sono comunicate tramite l’espressione facciale.

Come afferma Paul Ekman, dobbiamo essere in grado di osservare sia in maniera molecolare che molare.

Ovvero vedere a livello molecolare, in termini di micro-movimenti, di micro-espressioni del viso, ma allo stesso tempo dobbiamo osservare a livello molare per non perdere di vista i grandi movimenti.

La strategia più efficace consiste nel vedere sia a livello molecolare, che a livello molare.

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La comunicazione non verbale: gli occhi

Un antico detto popolare afferma che gli occhi sono lo specchio dell’anima, in fondo gli occhi sono una delle parti più comunicative del nostro corpo, quante volte abbiamo sentito dire espressioni di luogo comune come: “guardami negli occhi quando ti parlo”, “dimmelo guardando negli occhi”.

Vediamo cosa può fare un occhio, e cosa ci comunica.

Le variabili più evidenti, ma anche da non perdere di vista sono l’apertura e la direzione della pupilla.

L’apertura nella comunicazione non verbale

Maggiore è l’apertura oculare maggiore è l’attenzione. La posizione della palpebra a mezz’asta è tipica sia della noia sia della stanchezza sia del disinteresse, così come l’aumento del battito palpebrale.

Occhi ben aperti sono invece segnale di attenzione.

E’ importante valutare un importante limite nell’apertura degli occhi. Quando l’occhio è così aperto che si vede tutta la sclera (al di sopra e al di sotto dell’occhio, AU5), assieme a una certa configurazione del viso, siamo probabilmente di fronte ad una reazione di sorpresa.

Secondo Sulger (Gesti verità, Armenia, Milano 1989)

  1. Lo sguardo fisso sta ad indicare la volontà di defilarsi, di non impegnarsi nelle relazioni con gli altri

  2. Gli occhi estremamente mobili indicano una certa vivacità di pensiero e di comportamento accompagnata da instabilitù

  3. Lo sguardo verso l’alto sarebbe invece caratteristiche di chi tende a fuggire dalle situazioni attuali

  4. Gli occhi verso destra è una caratteristica di chi fugge il presente e vive intensamente il futuro

  5. Lo sguardo verso sinistra è tipico delle persone introverse che vivono una vita interiore molto sviluppata rifuggendo le relazioni personali.

Secondo gli studiosi di PNL, Programmazione Neuro-Linguistica, la posizione degli occhi è rivelatrice della nostra attività cerebrale

  1. Lo sguardo rivolto verso l’alto a destra (dunque verso sinistra rispetto a chi guarda), denota la costruzione di un’immagine, è definita come “visiva costruita”. Se utilizzata a seguito di una domanda, è una spia piuttosto certa della menzogna in quanto il soggetto sat pensando immagini o concetti nuovi, mai visti o sentiti in precedenza

  2. Lo sguardo verso l’alto a sinistra (dunque verso destra rispetto a chi guarda) è caratteristico di chi sta accedendo ai ricordi di un’ immagine

  3. Lateralmente a destra  uditiva costruita

  4. Di lato a sinistra  uditiva rammemorata

  5. In basso a destra si indica l’elaborazione di sensazioni corporee nuove, collegate al tatto, al gusto all’odorato

  6. Verso il basso a sinistra  dialogo interno. Utile osservarlo nei casi in cui vogliamo che una persona rifletta, se mentre parliamo e esprimiamo il nostro parere e l’altro porta gli occhi in questa posizione è molto probabile che ci stia riflettendo autenticamente

La grandezza della pupilla è un segnale di interesse. Importante considerare questo: la grandezza della pupilla aumenta anche nel caso in cui ci sia poca luce.

Spesso le persone con grandi occhi e che hanno le pupille dilatate piacciono di più, non è un caso se ai tempi delle nostre nonne utilizzavano in cosmetico oggi in disuso, l’atropina (Atropa Belladonna), questo cosmetico, che era un veleno se ingerito, se usato come collirio, dilata la pupilla.

Il restringimento della pupilla è invece sintomo di disinteresse.

I quattro indicatori dell’occhio sono direzione dello sguardo, intenzione dello sguardo, apertura palpebrale, dilatazione/restringimento della pupilla

Dicendo una cosa apparentemente banale, affinché noi possiamo registrare la comunicazione dell’occhio, dobbiamo vedere l’altro negli occhi.

Detto in linguaggio tecnico dobbiamo mantenere il contatto visivo.

Quali vantaggi e quali controindicazione può avere il contatto visivo.

E’ dimostrato da molte ricerche, che una comunicazione sana ed efficace è ricca di contatto visivo.

Mantenere un medio contatto visivo è traducibile in “ti ascolto”, “ti sono vicino”, “ci tengo a te”, “sono attento a ciò che mi dici”, mentre evitare il contatto visivo può significare “non sono interessato”, “sono timido”, “non ti ascolto”, “provo vergogna”.

Mantenere un certo contatto visivo dunque è utile sia per far provare all’altro emozioni positive, a comunicare che “ci siamo” nella comunicazione, sia per leggere la comunicazione dell’occhio, ma quando diventa un problema?

Diventa un problema in due casi:

    • Quando lo sguardo è insistente (ovvero fisso e molto prolungato), l’altro potrebbe sentirsi violato nella propria intimità

    • Quando l’altro non vuole parlarci e non vuole essere con noi. Capite che dire “ti ascolto” “ti sono vicino” ad una persona che non ci vuole essere vicina può diventare un problema.

La soluzione più efficace è quella di alternare momenti di contatto di visivo a momenti neutri in modo tale da non perdere troppe informazioni.

Quando dare contatto visivo e quando no?

Usate il contatto visivo come se fosse un amplificatore. Il contenuto che volete trasmettere con maggiore enfasi, il contenuto che volete sia maggiormente memorizzato deve essere associato al contatto visivo.

Il contatto visivo fa da amplificatore delle vostre parole, usatelo per aggiungere enfasi, importanza, significatività a quello che state dicendo.

La comunicazione del volto è la più utile e più ricca, ma allo stesso tempo è anche la più complessa.

In termini di interpretazione possiamo grossolanamente suddividere i significati associati a movimenti di singoli muscoli facciali da quelli derivati da configurazioni facciali complesse (2 o più muscoli in concomitanza).

In questa parte dell’articolo analizzeremo prima le configurazioni facciali semplice (singolo muscolo) per poter poi analizzare quelle complesse.

Tra tutti i muscoli del volto, che sono circa 150 quelli maggiormente responsabili delle espressioni facciali sono detti muscoli mimici pellicciai.

Nel volto, possiamo osservarne diversi

    • i due muscoli buccinatori, formano la parete delle guance, sono utilizzati per soffiare o quando si “sbuffa”, in questi casi si esprime malcontento o noia davanti a una situazione sgradita o ripetuta

    • il muscolo frontale o corrugatore della fronte, denota sopresa, curiosità, ma anche disappunto o impressionabilità

    • l’orbitale che muove le sopracciglia è un indicatore di attenzione. In particolare attenzione, sorpresa, meraviglia agiscono sulle sopracciglia alzandole e facendo aprire maggiormente l’occhio, al fine di aumentare la loro capacità visiva

    • orbicolare della bocca, si ritiene sia collegato a sensazioni di avidità

    • orbicolare interno della bocca, viene utilizzato per chiudere la bocca, serrare le labbra. Le labbra serrate indicano una certa chiusura nei confronti degli altri e un atteggiamento freddo, privo di empatia

    • orbicolare degli occhi: le contrazioni possono mostrar concentrazione (palpebrale) senso di soddisfazione (occhio superiore). Muscolo traverso, quello che fa arricciare il naso e fa contrarre le narici, è tipico del disgusto.

    • Platisma, sono una coppia di muscoli superficiali che dal bordo della mandibola si inseriscono nella clavicola. Denotano concentrazione e nervosismo

    • Il muscolo piramidale, situato tra le due orbite ocupari, fa arricciare l’attaccature superiore del naso. Denota dubbio o perplessità

    • I muscoli sopracciliari, collocati sopra le sopracciglia, indicano un tentativo di concentrarsi

    • Il quadrato del mento: provoca un rigonfiamento poco pronunciato, collegato ad un’auto ed etero sensazione di forza e di volitività (Mussolini). Porre le mani chiuse sui fianchi vuole lanciare un forte segnale di corporeità, di realismo, sensualismo.

    • I muscoli masticatori hanno la funzione di sollevare la mandibola

Corso Comunicazione Non Verbale

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