Leadership e gestione del cambiamento

di Raffaele Napolita

Spesso il cambiamento è stato affidato a manager, privi delle qualità della leadership. Le ragioni dell’insuccesso di un cambiamento organizzativo possono essere le seguenti (Kotter, 1999):

1. Non aver creato un senso di urgenza sufficientemente forte;
2. Non aver creato un gruppo sufficientemente motivato e autorevole per la gestione del processo;
3. La mancanza di una vision sufficientemente lungimirante, efficace e comprensiva;
4. Non aver comunicato la vision in modo adeguato;
5. Non aver rimosso gli ostacoli che intralciano la nuova vision;
6. Non aver creato condizioni di successo sul breve termine;
7. Aver cantato vittoria troppo presto;
8. Non aver incorporato i cambiamenti nella cultura d’impresa.

Giova notare che, secondo il lessico convenzionale, esistono due tipi di leadership che operano secondo due diversi paradigmi.
In base al primo paradigma, il leader è spinto da un’enorme energia, indica una direzione chiara e i suoi collaboratori lo seguono come un eroe per raggiungere l’obiettivo indicato.
Il secondo paradigma vede il leader come un saggio e gli elementi centrali che creano il rapporto con i collaboratori sono la fiducia, l’atteggiamento orientato al servizio, l’affiatamento, l’empatia.
I due paradigmi sembra che non possano convivere, ma essi potrebbero rappresentare le due facce della leadership, da presentare in occasioni diverse della vita dell’impresa, la prima quando è necessaria l’azione, la seconda quando è necessario elaborare una strategia.
La leadership, come vedremo meglio, deve individuare e stabilire rapporti con tutti i soggetti che possono contribuire alla crescita di valore dell’impresa o che, indirettamente, hanno rapporti con l’impresa, ma un’attenzione particolare essa dovrà avere con i propri collaboratori e con i clienti.

Alla luce di quanto è stato precedentemente enunciato è possibile affermare che la capacità di svolgere compiti di coordinamento all’interno del gruppo si identifica con il ruolo di guida del gruppo medesimo. Se tale capacità si manifesta in modo continuativo essa costituisce una indispensabile premessa per l’attribuzione della leadership a colui che la dimostra e la esercita.
La leadership è quindi una qualità, una dote che costituisce non solo un fattore di apprezzamento per l’individuo, ma anche una risorsa preziosa per il gruppo.
Avviene solitamente che uno o più membri di una organizzazione ritengano importante impegnarsi nella ricerca di una qualche influenza su altri membri; ciò significa effettuare tentativi di esercizio di autorità. Qualora questi tentativi siano coronati da successo e vengano ripetuti nel tempo, essi possono in realtà conferire la leadership a colui che ne è risultato protagonista.
Il tipo e la consistenza dell’impegno profuso dagli appartenenti al gruppo organizzato dipende in buona parte anche dalla posizione coperta originariamente da ciascuno di essi. Infatti, nella generalità dei casi il ruolo di capo è attribuito formalmente con un atto di investitura, spesso anche da individui o organismi estranei alle operazioni sviluppate nel sistema. Per quanto il leader formale non dimostri qualità sufficienti ad esercitare la guida del gruppo, è probabile che gli altri membri non ritengano opportuno o conveniente cercare di opporsi all’autorità precostituita, limitandosi ad uniformarsi alle disposizioni impartite da questa ultima; la conseguenza di ciò è la crescente deresponsabilizzazione dei collaboratori del capo, il quale difficilmente otterrà un riconoscimento sostanziale del proprio ruolo.
Di contro può accadere che lo stesso capo investito e non immediatamente accettato si adoperi nello sviluppare bene il proprio compito per acquisire consenso e prestigio. E‟ pure possibile che la ricerca del consenso avvenga da parte di coloro che, pur rivestendo ruoli di subordinati, mostrino qualità tali da farli ritenere meritevoli di posizioni di livello gerarchicamente superiore.
È necessario, quindi, porre un’importante distinzione tra due concetti spesso imprecisi nella letteratura sull’argomento: la leadership formale, che viene spesso associata al leader imposto dall’esterno, nella psicologia del lavoro al manager, e la leadership informale, derivante dall’interno del gruppo; tale distinzione corrisponde, al limite, a quella che corre tra leader imposto dall’esterno (il “sergente” della oleografia popolare) e il leader espresso dall’interno del gruppo (il “profeta ” o “guru” trascinatore). È possibile distinguere, in lingua inglese, la leadership (che viene intesa come capacità di influenzare) dalla leadership (“capacità”, saper essere a capo di, funzionare da “duce” di qualcosa).
Inoltre, occorre sottolineare che quando si parla di leadership ci si rende conto che spesso l’influenza scaturita dai grandi leader non deriva dal diretto contatto con esso, ma avviene attraverso alcuni intermediari. È necessario dunque porre una chiara distinzione tra leadership diretta, che comprende le relazioni e le interazioni fra un leader riconosciuto e i suoi immediati collaboratori e la leadership indiretta detta anche leadership “a distanza”, che consiste nell’influenza di un leader riconosciuto su persone che non sono subordinate direttamente a lui/lei.
In genere si può affermare che la leadership, per essere realmente acquisita, ha bisogno di svilupparsi gradualmente attraverso un processo che conferisca al soggetto interessato due essenziali strumenti operativi da far valere alla guida del comportamento del gruppo. Nello specifico ci riferiamo a:
 La capacità di collegare tra loro dati ed informazioni per costruire soluzioni idonee all’esercizio di tale guida;
 La padronanza di strumenti di persuasione e di comunicazione utilizzando messaggi rivolti ai soggetti appartenenti al gruppo medesimo.

Gli studi psicologici hanno dimostrato che la personalità e le caratteristiche comportamentali di un individuo sono determinate dai processi di apprendimento a cui egli, nel proprio contesto sociale, è stato sottoposto durante l’intero arco di vita. Da ciò, le disposizioni della personalità sono parte intima di un individuo mostrando una certa stabilità nel tempo e nelle situazioni. Tuttavia, le disposizioni della personalità non risultano immutabili, infatti possono cambiare come risultato di un nuovo processo di apprendimento. Conoscere le differenti disposizioni della personalità è una delle caratteristiche fondamentali di un leader in ambito aziendale o progettuale, in quanto aiuta ad analizzare le proprie caratteristiche personali e quelle dei propri colleghi o collaboratori, individuando punti di forza, di debolezza e il potenziale che ognuno è in grado di esprimere. Essere in grado di distinguere fra disposizione performance-oriented, sociale, cognitiva, disposizione al potere e al cambiamento, è la base per capire in quali situazioni il talento e il potenziale possono esprimersi liberamente. Se la personalità è in armonia con le attività professionali, gli obiettivi e i desideri personali saranno soddisfatti e il successo arriverà automaticamente. La comprensione delle disposizioni di personalità aiuta a comprendere il modello comportamentale altrui, migliorando le relazioni interpersonali, creando le condizioni ottimali per un’efficace collaborazione reciproca, per utilizzare la propria energia dove sarà più efficace, per riconoscere le potenziali aree di conflitto con altre persone minimizzandole e per creare l’ambiente professionale più proficuo per il successo.
I fattori di successo di un’unità organizzativa sono motivati da un sistema culturale che ne determina struttura, equilibri interni e interazioni. I valori e le attitudini di leader e collaboratori sono i fattori chiave di successo dell’unità organizzativa. La cultura aziendale determina i comportamenti di leader e collaboratori, ma i collaboratori e i leader costruiscono la cultura aziendale in un lungo arco temporale. In ogni struttura sociale è naturale che chi ha poteri decisionali eserciti particolari influenze sui valori, i ruoli e i comportamenti aziendali. In questo senso, lo stile o la cultura di leadership influenza la cultura aziendale. La leadership diventa efficace quando stile di leadership e valori aziendali sono allineati, ovvero quando la leadership è compatibile con i valori aziendali percepiti e non sussistono conflitti di valori fra le gerarchie.
La leadership può trarre fondamento da doti innate presenti nell’individuo, derivanti da fattori caratteriali, sviluppati pure a seguito dell’assimilazione di valori culturali appresi dal proprio gruppo originario di appartenenza. Si parla in proposito, quindi, di qualità carismatiche che esprimono, all’interno di un contesto organizzato, salienti differenze coerenti con la ricordata autorità di prestigio. Tutto ciò porta a definire alcune qualità o requisiti che dovrebbero in ogni caso essere presenti in coloro ai quali si ritiene opportuno attribuire il ruolo di leader. Fra tali qualità possiamo sommariamente annoverare:
1. Elementi che contraddistinguono tratti della persona, quali l’aspetto ed il comportamento abituale, che inducono la considerazione ed il rispetto altrui. Si possono così attribuire sinteticamente all’individuo il caratteri di predicatore – catalizzatore o quello di persuasore – dominatore;
2. Capacità di percepire e di gestire il cambiamento, nonché di modificare i punti di riferimento del proprio gruppo. Il leader deve saper cogliere tempestivamente i mutamenti strutturali dell’ambiente, capaci di provocare trasformazioni nei valori culturali accettati dal gruppo di riferimento;
3. Coerenza con le caratteristiche dei seguaci. La capacità di guidare il comportamento dei membri del gruppo dipende anche dalle caratteristiche di questi ultimi; difatti il rapporto di leadership è caratterizzato dalla biunivocità, dove la collaborazione è elemento essenziale per il raggiungimento delle proprie prerogative;
4. Capacità di sviluppare azioni organizzative coerenti con le proprie idee innovative e con i cambiamenti culturali sollecitati nei propri collaboratori;
5. Capacità di esprimere e trasmettere idee di successo per le proprie iniziative. L’azione del leader per essere efficace ha bisogno di basarsi sulle esperienze positive di risultati già conseguiti in passato.
Alcuni autori sostengono che i leader posseggano l’intelligenza emotiva, termine omnicomprensivo utilizzato per indicare quei tratti della personalità che condizionano il nostro modo di percepire gli altri e gli eventi esterni, e che determinano il modo in cui gli altri si relazionano a noi. È la modalità di elaborazione delle informazioni interpersonali e intrapersonali, ovvero la consapevolezza e l’abilità di gestire la comunicazione fra le persone e con se stesso. L’intelligenza emotiva si suddivide in cinque domini: consapevolezza, automotivazione, autodisciplina, competenza sociale ed empatia.
La consapevolezza è la capacità di un individuo di percepire, comprendere e accettare il proprio carattere, i propri valori e le proprie necessità e la capacità di comprendere come questi influiscono sugli altri; induce all’armonia, all’autostima e alla fiducia in se stessi.
L’automotivazione è l’entusiasmo per il proprio lavoro, quindi è la capacità di trovare individualmente stimoli nella propria attività senza bisogno di incentivi. I fattori chiave dell’automotivazione sono la desiderabilità e la realizzabilità. La desiderabilità di un obiettivo è data dai benefici attesi sia nell’immediato che nel lungo termine e dalla probabilità di raggiungere l’obiettivo; la realizzabilità è data dal grado in cui le proprie azioni possono contribuire al raggiungimento dell’obiettivo.
L’autodisciplina è la capacità di darsi regole e metodo per esercitare il proprio lavoro in modo autonomo e indipendente; ogni individuo dovrebbe sentirsi capace di realizzare i propri desideri e i propri obiettivi senza sentire il peso oppressivo di fattori esterni.
La competenza sociale è la capacità di stabilire e sostenere relazioni interpersonali soddisfacenti e quindi si riferisce alle capacità della persona di adattare il proprio comportamento dal livello individuale a quello sociale. Questo è il tipo di competenza caratteristico dei leader nel contesto aziendale, in quanto descrive la capacità di creare e mantenere uno spirito di gruppo, la motivazione alla collaborazione e al raggiungimento di un obiettivo comune.
L’empatia è la capacità di un individuo di immaginare se stesso nella situazione altrui per capire lo stato emotivo e le motivazioni di un’altra persona. Avere un comportamento empatico significa anche reagire a fattori personali esterni in modo appropriato.
I domini dell’intelligenza emotiva si concentrano in quattro disposizioni di personalità con tratti caratteristici molto netti e distinti, fattori motivazionali e tendenze comportamentali peculiari. Queste disposizioni sono riassunte brevemente nei profili DISC (Dominante, Influente, Steady, Cauto), di cui la Tabella 2 delinea, a grandi linee, le caratteristiche riassuntive.
La leadership non deve essere intesa come una prerogativa “naturale”, bensì come una posizione da conquistare attraverso un impegno consapevole e prolungato nel tempo di individui che intendono ottenere consenso e prestigio nel sistema di impresa. Inoltre tale posizione deve essere alleggerita di quei fattori legati all’apparenza e alle capacità “magnetiche” dell’individuo, traducibili nel cosiddetto carisma.
Tutto ciò consente di concentrare l’attenzione su alcune principali attitudini che il leader dovrebbe sviluppare attraverso ogni possibile forma di apprendimento. Nello specifico, in questo contesto, si intende riferirsi a:
a. Attitudine a collegare realisticamente obiettivi da raggiungere e mezzi da utilizzare. La principale dote del leader sarà quella di sintetizzare in specifici piani operativi direttive che ottengano il consenso e la condivisione del gruppo;
b. Capacità di esprimere fiducia nelle potenzialità del gruppo, trasmettendo ai propri collaboratori messaggi ottimistici circa le attese dei risultati delle azioni da intraprendere. La carica di fiducia e di entusiasmo che egli palesa riguardo al
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successo realizzabile dal proprio gruppo può facilmente trasmettersi a tutti i componenti interessati dal piano di azione, stimolando una condivisione e una partecipazione sentite e generalizzate. Lo scetticismo, la sfiducia e l’indifferenza del leader sono negatività assai contagiose e provocano atteggiamenti di incertezza anche sui collaboratori più motivati;
c. Idoneità a realizzare concretamente le azioni programmate. Il leader non deve essere tentato da atteggiamenti di prudente attesa, esponendosi al rischio insito nella “inazione”. È opportuno che si confronti di continuo con i problemi di varia natura capaci di ostacolare l’inizio o la regolare prosecuzione dell’azione, contrastando atteggiamenti di indifferenza e di opposizione attiva sviluppati all’interno o all’esterno del proprio gruppo.
La leadership vera e propria non può essere conferita; non più di quanto possa esserlo l’autorità.
Un dirigente che debba essere costantemente pressato all’azione perde gradatamente la sua leadership a vantaggio di colui che lo stimola. Un vero leader non aspetta che un problema gli venga sottoposto, non si adagia lasciando che le cose vadano per loro conto, ne spera che qualcun altro dia l’avvio alle iniziative necessarie. Al contrario, egli si dà da fare e va alla ricerca dei problemi da risolvere. Egli è, in sostanza, un riformatore.

55 STUCCHI G, (2008), “Leadership, modelli e comportamenti”.

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