La definizione degli obiettivi in PNL

Negli anni ’70 A Santa Cruz, California, un gruppo di studiosi, Richard Bandler, John Grinder,  Robert Dilts, Judith DeLozier , Leslie Cameron- Bandler, sviluppano alcuni strumenti utili a riconoscere la struttura dell’esperienza soggettiva e promuovere processi di cambiamento. Questo modello di cambiamento, oggi particolarmente diffuso, prende il nome di programmazione neurolinguistica, o PNL, che viene definita da Nanetti [2007] come “un modello di studio della struttura dell’esperienza soggettiva, della comunicazione e dei processi di cambiamento in funzione di obiettivi concreti orientati all’eccellenza”.

Essenzialmente, la PNL è il risultato del modellamento dell’eccellenza ossia del miglioramento dell’azione intenzionale orientata al successo.

I fondatori di questa disciplina iniziarono i loro studi sia esaminando le idee di Korzybski, Chomsky, e Bateson, sia analizzando con particolare attenzione le modalità comportamentali di professionisti, come Erickson, Satir e Perls che , indipendentemente dalle teorie a cui facevano riferimento , ottenevano “eccellenti” risultati.

Il modello PNL, si riferisce al raggiungimento di risultati (nella concezione della PNL “non esistono fallimenti ma solo risultati” Nanetti, 2007) tramite il modellamento, dunque l’importanza di una sorta di apprendimento imitativo. Qui scorgiamo un notevole punto di contatto con la teoria dell’apprendimento sociale di Bandura , nella quali è fondamentale l’apprendimento per imitazione e l’apprendimento vicariante. Dilts [1998] definisce il modellamento come “l’osservazione e la mappatura dei processi funzionali che sottendono una certa prestazione eccezionale. E’ il processo per cui si prende un evento o una serie di eventi complessi e li si scopone in pezzi sufficientemente piccoli da poter essere in qualche modo ricapitolati. Scopo del modellamento del comportamento è creare una mappa o un modello pragmatico di quella rappresentazione, utilizzabile da una persona motivata a riprodurre o simularne alcuni aspetti.“ [Dilts 2002].

Quello che gli studiosi di PNL si sono chiesti si riferisce alle motivazioni per cui alcune persone riescono a raggiungere risultati, ed altre no . Le domande di base della PNL sono: “ com’è possibile che esseri umani, posti di fronte allo stesso mondo abbiano esperienze tanto differenti? La nostra opinione è che questa diversità sia principalmente il risultato della differenza di ricchezza dei loro modelli. La domanda diventa allora: come è possibile che degli esseri umani si attengano a un modello immiserito che li fa soffrire di fronte a un mondo polivalente , ricco e complesso? […] La realtà sta nel fatto che operano le migliori scelte di cui possono disporre nel loro particolare modello.” [Bandler, Grinder 1981]

In altre parole non esistono problemi relativi esclusivamente alle condizioni esterne, ma problemi dipendenti dal come le informazioni vengono interpretate e rappresentate interiormente, tramite i sensi, in quelle che vengono definite dalla PNL mappe del mondo. Come riferito da Nanetti [2007] “l’individuo non è una trasformatore automatico di stimoli, ma un creatore attivo di significati, che in ogni momento costruisce la realtà in relazione alle teorie di mondo alle quali aderisce”. Anche la percezione stessa è un processo attivo che contribuisce a differenziare le scelte percettive e le modalità di soluzione di problemi [Filograsso, 1996]”.

Dunque la differenza che intercorre, secondo gli studiosi di PNL, tra le persone “che riescono a raggiungere risultati” e le persone che non riescono, non sta esclusivamente nel mondo esterno, ma nel modo in cui esse lo percepiscono e rappresentano internamente: non è il mondo esterno a limitare l’individuo, ma sono una “mappa di mondo impoverita“ e la percezione dell’individuo che limita la possibilità di successo, la quale spesso deriva dall’intraprendere le giuste azioni al momento opportuno. Come afferma Korzybski : “la mappa non è il territorio che essa rappresenta, ma se è esatta ha una struttura simile a quella del territorio che ne spiega l’utilità.“

Al fine di raggiungere i risultati , l’uomo deve produrre dei cambiamenti a livello personale, che non devono interessare solo la sfera cognitiva ma anche quella emotiva. Nanetti [2007] distingue un cambiamentooccasionale e inconsapevole, che è insito in ogni fortuito esperienza del nostro vivere e il cambiamento intenzionale che, voluto consapevolmente dal soggetto che cambia, è destinato ad ampliare e modificare radicalmente non solo il suo repertorio conoscitivo, ma il suo modo di osservare e costruire la realtà nella quale è immerso”. A differenza da quello inconsapevole, il cambiamento intenzionale obbliga a rendersi consapevoli non solo delle conoscenze acquisite, ma anche del modo in cui cambiamo e del modo in cui ci trasformiamo.

L’obiettivo del cambiamento, dove per obiettivo, si intende la rappresentazione di un traguardo che si vuole perseguire attraverso un’ azione di controllo dei processi che ne determinano l’evoluzione e l’accadimento , è quello di trovare strategie affini per raggiungere le mete che secondo l’individuo portano ad una crescita personale e al formarsi di emozioni positive.

Per fare ciò è importante stabilire alcune regole per una “formazione dell’obiettivo” [Nanetti 2007]

  1. L’obiettivo deve essere esplicitato in termini positivi.

Quando ci si propone un obiettivo di cambiamento non é utile dire che cosa non si vuole ottenere mentre è fondamentale dire che cosa si vuole ottenere. Ad esempio , non serve dire : “non voglio essere grasso” , mentre è opportuno dire : “voglio essere nel mio peso-forma ideale”.

Un obiettivo espresso in termini negativi porta la persona verso ciò che teme e non verso ciò che vuole . Contrastare la paura porta alla paura. Non serve dire : “ non devo più avere paura” , mentre è di aiuto dire : “d’ora in poi agirò con determinazione nonostante la paura”

Nanetti (2007) afferma che “ci sono diverse ragioni che spiegano l’inutilità del non; innanzitutto l’inconscio non computa il negativo“. Le rappresentazioni interne non possono essere rappresentate in modo negativo , per esempio “non sopporto più lo stare in questa situazione ostile“, poiché tale formulazione rappresenta lo stato presente che voglio cambiare ma non rappresenta lo stato finale che desidero raggiungere ovvero “il trovarmi in una situazione favorevole”.

Per di più l’attenzione e il focalizzarsi in termini positivi rafforza la determinazione nel raggiungimento dell’obiettivo desiderato.

             2.     L’obiettivo deve essere specifico, osservabile e verificabile concretamente.

“Il cambiamento perché sia vero deve essere reale” [Nanetti 2007] , se l’obiettivo di cambiamento non è concreto, osservabile , realizzabile , ciò sta a significare che l’ individuo vuole rimanere nella gabbia della sofferenza piuttosto che distogliersi dalle sue illusioni e affiancarsi agli aspetti grandiosi di se stesso. Come rileva Nanetti [1999] “chi affida la propria felicità a cambiamenti illusori, nella convinzione magica che ogni problema si risolverà cambiando pagina , oppure aspettando il cambiamento degli altri, sta di fatto alimentando la propria sofferenza”. La felicità non risiede  nell’attesa di un mondo differente o in un unico e specifico aspetto della realtà su cui depositare la nostra grandiosità infantile poiché essa è dove ci troviamo nel qui e ora , ovvero sta nella nostra capacità di interpretare gli eventi in maniera differente.

           3. L’obiettivo deve essere acquisito e mantenuto sotto la propria responsabilità.

Il cambiamento vero e profondo è una scelta deliberata, intenzionale, che non avviene sotto l’effetto dell’imposizione di qualcuno che ci pretende diversi, ma è basato  sul presupposto dell’accettazione e dell’offerta di alternative e possibilità trovate nell’ambito di una nuova cornice di convinzioni e valori. Se attraverso il cambiamento l’individuo vuole compiacere qualcuno ciò significa che egli è rimasto esattamente quello di prima. Il raggiungimento dell’obiettivo/meta deve essere fedele al principio di realtà e dipendere esclusivamente dalla responsabilità del soggetto che cambia.

       4.     L’obiettivo non deve danneggiare l’equilibrio dell’individuo come tale né il sistema delle sue relazioni con i gruppi di appartenenza e l’ambiente circostante.

Non si può parlare di bisogno di affermazione dei nostri desideri e obiettivi, senza tenere in considerazione i desideri e i diritti degli altri, della società, della natura, del cosmo. Noi siamo responsabili sia di ciò che vogliamo ottenere che degli effetti delle nostre azioni sugli altri e sul mondo. É quindi fondamentale che l’individuo si affermi conquistando ciò che è importante per lui ma altrettanto giusta è la sua preoccupazione di non danneggiare gli altri.

  1. 5.     L’obiettivo prevede la rinuncia a vantaggi secondari. Il raggiungimento di ogni obiettivo comporta la perdita di qualche cosa e un prezzo da pagare.

Se una persona desidera “cambiare” è bene che sia consapevole delle difficoltà che tale cambiamento comporta, affinché essa eviti in un secondo momento di recriminare ciò a cui ha dovuto rinunciare.

Di solito i soggetti che colgono un cambiamento come uno sforzo eccessivo utilizzeranno spesso questi tipi di espressioni nel dare le risposte : “ Proverò…Spero di farcela…Forse…Può darsi”. Queste affermazioni sono il segno evidente di un individuo che non ha ancora deciso di cambiare.

Quanto sopra esposto è importante per il raggiungimento del successo, inteso come raggiungimento degli obiettivi prefissati, poiché spesso per conseguire questi ultimi l’individuo necessita un cambiamento delle rappresentazioni interne, un cambiamento che riguarda il suo sistema di credenze ed  infine un modo più efficace di dialogare con se stesso.

Scrivi a Igor Vitale