Il campo istituzionale in Psicoanalisi: Freud, Bion & Bleger

blegerdi Maria Gloria Luciani

L’istituzione è un sistema di gruppi, ed è quindi fondamentale che le risorse umane che la compongono conoscano ed usino il gruppo con sempre più professionalità in modo da potersi muovere al suo interno con decisioni, azioni e regole adatte ed adattive. Il gruppo, di qualsiasi natura, costituisce, infatti, un raffinato e potente strumento emotivo, cognitivo e d’apprendimento individuale ed istituzionale. Esso risulta, inoltre, adeguato in caso di cambiamenti e di conflitti, aiuta i soggetti a recuperare il contatto con il corpo istituzionale nell’ipotesi in cui l’iper sviluppo di nuove capacità individuali non valorizzate, releghi quest’ultime in un angolo senza riuscire ad integrarle nel campo dell’istituzione (Ronchi, Ghilardi, 2003).

Il livello di funzionamento peculiare dell’istituzione è parte della personalità dell’individuo che si rivela sempre completamente o parzialmente istituzionale ( Bleger, 1992). Di conseguenza le istituzioni funzionano sempre a più livelli come delimitazione corporea e come nucleo di base dell’identità dando vita, così, ad un’area mentale transizionale in contatto con l’organizzazione esterna e con quella interna più primitiva e meno differenziata.

Quando tali livelli non sono armoniosamente amalgamati e contemporaneamente differenziati nei loro ruoli, e quando manca la consapevolezza di quanto sia fondamentale la risonanza che ognuno scaturisce nel campo in cui agisce vengono a crearsi situazioni di sofferenza individuale ed organizzativa.

Anche in questi casi c’è da attuare un intervento clinico ma a livello istituzionale nell’ottica del gruppo di lavoro facendo riferimento ad ambiti quali la psicosociologia e la psicoanalisi. La prima è una corrente teorico-culturale sviluppatasi intorno agli anni sessanta del novecento in Italia ed ha fornito un approccio per riconoscere l’importanza dei processi psicologici che stanno alla base di fenomeni ed esperienze a tutti i livelli del funzionamento di individui, gruppi ed istituzioni; la psicoanalisi è oggi teoria, metodo e tecnica fondata sull’attenzione clinica verso l’integrazione individuo, coppia, gruppo, istituzione e polis e si occupa di stati di crisi e della capacità di attraversare ansie e difese ad essi connessi in un contesto di complessità.

L’integrazione tra questi approcci mira attualmente ad attivare processi di co-apprendimento così che i soggetti possano imparare direttamente dalla processualità che essi stessi generano simultaneamente a più livelli divenendo coscienti di come sono inseriti in una realtà psico-socio-eco-sistemica (Ronchi, Ghilardi, 2003).

Il piano affettivo e il piano sincretico

La realtà di cui sopra è permeata in ogni suo livello da un fattore fondamentale ed ineludibile anche nei gruppi istituzionali, intesi come costituenti l’organizzazione tutta: l’emozione, la cui potenza permea la vita dei membri e rappresenta la spinta primitiva di base del campo interessato. L’emotività lega come un flusso inarrestabile i soggetti del campo istituzionale il cui funzionamento deriva dalla capacità dell’organizzazione di attingere continuamente ed attivare in modo equilibrato il fondamento emotivo.

Le emozioni di base sono le stesse che caratterizzano la parte più primitiva di noi stessi ma nel campo istituzionale si uniscono a favore della condivisione della sensazione di contatto e cooperazione scaturendo esiti di potenza e vitalità.

Bion stesso cita il grande effetto che la partecipazione alla vita di gruppo esercita sulla vitalità, intensità e ampiezza della vita emotiva di un singolo. Alcuni individui possono vivere certe emozioni come se in assenza dell’istituzione non sapessero più come attingere al patrimonio di azioni vitali che custodiscono dentro di sé. Questo può aiutarci a capire la potenza degli effetti della vita istituzionale sul singolo.

Il livello emotivo basico delle istituzioni non viene percepito mai direttamente ma si esprime attraverso alcune specifiche fantasie relative, ad esempio, alla fondazione dell’istituzione stessa. Tali miti e fantasie fondatrici non ruotano soltanto intorno ad emozioni di base ma anche intorno ad alcune figure significative con particolare capacità di esercitare un’influenza su altri individui. Questi “personaggi” acquisiscono in certi momenti un grande valore agli occhi dell’intero gruppo istituzionale.

Per offrire maggiori delucidazioni su questo punto è utile fare riferimento a ciò che affermava Freud in Totem e tabù quando descriveva la figura idealizzata del capo ucciso che avrebbe rappresentato nelle coscienze dei membri tutto il patrimonio ideativo della tribù.

Anche nelle istituzioni, la successione di alcune figure dotate di carisma e di capacità di attivazione di potenti forze gruppali, fa scaturire l’idealizzazione di quelle stesse figure che diventano ispiratrici di una certa identità istituzionale. Diventano per il gruppo personaggi con valore di fondazione, come custodi sacralizzati del patrimonio ideativo ed affettivo.

È chiaro, quindi, come per ogni turbolenza o conflitto che avrà luogo all’interno di una istituzione non si potrà bypassare l’elemento gruppo sia come strumento di indagine che come tassello fondamentale dell’organizzazione interna delle istituzioni. Il campo gruppale è una rete a cui l’uomo sarà sempre agganciato, non solo per la sua derivazione primitiva ma anche per il motivo razionale secondo il quel ogni grande insieme di soggetti è suddiviso per ruoli, obiettivi e quindi gruppi.

Un altro piano peculiare del campo istituzionale oltre a quello, affettivo (di origine bioniana) è quello sincretico. Bleger nota che l’istituzione può essere definita come una relazione o un insieme di relazioni che si protraggono per lungo tempo e sono regolate da norme condivise. La presenza sistematica e continua di una serie di rapporti regolari induce nell’individuo una particolare esperienza di continuità tra sé e l’istituzione.
Bleger, convinto che tale presenza regolare costituisca di per se stessa l’estensione della sensorialità individuale, sostiene che ogni membro di una istituzione entrando nello spazio condiviso ritrovi uno spazio abituale già riempito delle sue fantasie e di una sensorialità comune: il luogo in questione diventa una indistinzione tra io e noi.

Ciò che si viene a creare è un livello corporeo sensoriale condiviso quindi un effetto simbiotico-fusionale il cui carattere inconsapevole lo fa pervenire ai sensi solo nei momenti “di rottura”, in cui il soggetto sente un senso di mancanza, di incompletezza di cui non riesce a spiegare le cause.
Il piano di Bleger è una specie di falla che si apre nell’ organizzazione del sé corporeo, una modifica della percezione del funzionamento della propria sensorialità che va ad intrudere con le rappresentazioni e le proiezioni dell’individuo. È possibile, quindi, ipotizzare che l’istituzione diventi il deposito delle esperienze sensoriali che vengono vissute come condivise e non più individuali.

Se un individuo, membro di una istituzione, sente che quest’ultima è una sorta di pelle integrativa rispetto alla propria, egli vivrà momenti della sua vita istituzionale con scambi e contatti come rinforzanti di questo suo “involucro” e la idealizzerà seppur inconsapevolmente.

L’appartenenza di un individuo ad una istituzione non si caratterizza solo perché egli vi deposita alcune sue ansie ma perché egli colloca nell’istituzione alcuni aspetti poco rappresentabili, espressione di fattori molto primitivi del sé mettendo in gioco forze e rapporti fortemente affettivizzati (Correale, 2007).

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