Sette motivi per seguire la Teoria della Giustizia Organizzativa

di Antonella Matichecchia

Proseguiamo la nostra rassegna di psicologia del lavoro con uno dei temi più affascinanti nell’ambito: come motivare e rendere soddisfacente la vita del lavoratore. In questo articolo parleremo di una teoria spesso dimenticata: la Teoria dell’Equità e della Giustizia Organizzativa.

La Teoria dell‘Equità è uno modello della motivazione secondo cui le persone negli scambi sociali o nelle relazioni del tipo dare- avere cercano l’imparzialità e la giustizia. Questa teoria si basa sulla dissonanza cognitiva, concetto elaborato dallo psicologo sociale Festinger negli anni ‘50. Lo studioso ipotizzava che le persone fossero motivate a mantenere una certa coerenza tra le convinzioni cognitive e il loro comportamento. La percezione di incongruenze dà origine a dissonanza cognitiva che, a sua volta, dà la spinta ad attuare un intervento correttivo. L‘azione correttiva può variare da un live cambiamento nell‘atteggiamento o nel comportamento della persona.

Lo psicologo Adams è stato pioniere nell‘applicazione del principio di equità sul posto di lavoro. Adams (1965) sostiene che chi lavora preferisce condizioni di equità nelle relazioni con l’ambiente lavorativo e infatti se ci sono delle ingiustizie si crea tensione che a sua volta demotiva il soggetto. Per equità Adams intende: ―c’è equità quando, la percezione dell’individuo sul rapporto tra ciò che egli porta nello scambio e ciò che avviene nello scambio coincide con l’analogo rapporto in un’altra persona assunta come oggetto di confronto‖.

Da qui si diramano due sub-teorie, raccolte nella Teoria della Giustizia Organizzativa, elaborate da Greenberg (1987): la Teoria Distributiva (equità in relazione ai risultati di lavoro) e la Teoria Procedurale (equità rispetto a come sono prese le decisioni circa il contenuto del lavoro). I ricercatori hanno iniziato dalla fine degli anni ‘70 a espandere il ruolo della teoria dell‘equità nella spiegazione degli atteggiamenti e dei comportamenti dei collaboratori, cosa che ha portato alla creazione di un ambito di ricerca chiamato giustizia organizzativa. La teoria della giustizia organizzativa si basa sulla percezione individuale di quanto si venga trattati in modo equo nel lavoro. La Teoria distributiva si riferisce a quanto le persone credono di essere trattate equamente in relazione ai risultati del lavoro, al loro impegno e a quanto guadagnano. La giustizia distributiva riflette l‘equità percepita riguardo alle modalità con cui le risorse e le ricompense vengono distribuite o assegnate. La giustizia procedurale invece fa capo a quanto un soggetto si sente trattato in modo equo in relazione a come sono prese le decisioni che lo influenzano, decisioni di allocazione delle risorse.

La ricerca dimostra che le percezioni positive della giustizia distributiva e procedurale aumentano se si dà al collaboratore la possibilità di intervenire nelle decisioni che lo riguardano.

La possibilità di dar voce ai collaboratori rappresenta la misura in cui coloro che sono coinvolti dall‘esito di una decisione possono disporre di informazioni rilevanti sulle decisioni prese da altri, e corrisponde a chiedere ai collaboratori di contribuire al processo decisionale. L‘ultima componente, la giustizia interazionale, riguarda la ―qualità del trattamento interpersonale che le persone ricevono quando vengono applicate le procedure‖. Questa forma di giustizia non si riferisce ai risultati o alle procedure associate al processo decisionale: essa si concentra invece sulla percezione che le persone hanno di essere trattate equamente o meno nell‘applicazione delle decisioni.

Implicazioni pratiche derivanti dalla teoria dell’equità

Le teoria dell‘equità ha perlomeno otto importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, la teoria fornisce ai manager un‘ulteriore spiegazione dell‘influenza delle convinzioni e degli atteggiamenti sulla prestazione lavorativa. In base a questo, per poter gestire il comportamento lavorativo è necessario comprendere adeguatamente i sottostanti processi cognitivi. In effetti, siamo fortemente motivati a correggere la situazione se le nostre idee di equità e giustizia vengono intaccate.

In secondo luogo, la ricerca enfatizza la necessità che il manager faccia attenzione alle percezioni dei propri collaboratori su cosa sia giusto ed equo. Non ha importanza quante politiche, procedure e sistemi di ricompensa aziendali siano effettivamente obiettivi per il management: ciò che conta è la percezione del singolo collaboratore sull‘equità di ciascuno di questi fattori. Le persone reagiscono negativamente se percepiscono ingiustizie organizzative e interpersonali; dato che le impressioni sulla giustizia sono influenzate dalla misura in cui i manager motivano le decisioni che prendono, questi ultimi, dovrebbero spiegare, per quanto possibile, le loro motivazioni.

Terza considerazione, i manager possono beneficiare del coinvolgimento dei collaboratori nei processi decisionali che riguardano importanti risultati lavorativi. Ad esempio, i lavoratori hanno dimostrato maggiore soddisfazione nei confronti degli apprezzamenti per la loro prestazione e per i conseguenti risultati quando avevano potuto esprimersi nel corso del processo di valutazione.

Quarta implicazione, i collaboratori dovrebbero avere la possibilità di fare appello relativamente a decisioni che riguardano la loro situazione: tale opportunità incoraggia le percezioni di giustizia distributiva e procedurale. A loro volta, le percezioni su questi due tipi di giustizia promuovono la prestazione lavorativa, la soddisfazione, il commitment organizzativo e il comportamento di cittadinanza organizzativa, aiutando a ridurre comportamenti controproducenti per il lavoro, stress psicologico, fenomeni di assenteismo e turnover.

Quinta implicazione, i collaboratori accettano e sostengono più facilmente il cambiamento organizzativo se ritengono che avvenga in modo equo e produca risultati imperniati sulla giustizia.

Sesta, i manager possono promuovere la cooperazione e il lavoro di gruppo adottando un comportamento imparziale nei confronti dei membri del proprio team.

Settima implicazione, trattare i propri collaboratori in modo iniquo può causare litigi e costose procedure giudiziarie. Un collaboratore cui è stata negata la giustizia sul lavoro si rivolgerà più facilmente ai giudici. Infine, i manager devono prestare attenzione al clima organizzativo relativamente alla giustizia. Si è riscontrato, ad esempio, che un clima di giustizia all‘interno di un‘organizzazione influenza in modo significativo la soddisfazione lavorativa dei collaboratori.

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