FACS nella pratica clinica: depressione e schizofrenia

L’uso della tecnica FACS di Ekman in depressione e schizofrenia

La tecnica FACS di Ekman in Psicologia Clinica

Lisa Rogai

La depressione e la schizofrenia sono state maggiormente studiate rispetto agli altri disturbi. Uno studio rilevante è stato condotto da Berembaum che ha messo a confronto pazienti schizofrenici e pazienti con depressione maggiore. I tre gruppi che andavano a formare il campione preso in esame erano composti da: soggetti con schizofrenia (primo gruppo), soggetti con depressione (secondo gruppo)e soggetti sani (terzo gruppo). A tutto il campione veniva chiesto di mostrare due espressioni, immaginando di vedere o assaggiare qualcosa di disgustoso e poi qualcosa di molto bello. In un secondo momento veniva loro somministrata il BDI (Beck Depression Inventory) e venivano raccolti i punteggi. Gli sperimentatori inoltre analizzavano le espressioni prodotte secondo il FACS di Ekman e Friesen (scopri come imparare ad usare il FACS). I risultati sono stati chiari, mostrando che i soggetti depressi erano più propensi a mostrare espressioni di rabbia e disgusto in confronto a quelle riferite alla felicità. I soggetti con questa caratteristica più evidente e marcava avevano punteggi più altri degli altri al BDI.

A differenza di quello che si può pensare, i soggetti schizofrenici non mostravano più rabbia rispetto ai soggetti non caratterizzati da questo disturbo, forse perché la rabbia è tipica di fasi acute della stessa malattia. Con sorpresa Berembaum si accorse che i soggetti schizofrenici con alti punteggi al BDI esibivano espressioni di felicità, quando pensavano a qualcosa di positivo, e non manifestavano, o poco, espressioni di rabbia e disprezzo nella situazione di pensiero negativo. Questo può essere spiegato dal fatto che i soggetti schizofrenici depressi sono concentrati su loro stessi e su ciò che provano, quindi anche se riconoscono di non essere felici, riescono a immaginare cosa si prova con quell’emozione; i soggetti schizofrenici non depressi non riescono a farlo, proprio per la mancanza di attenzione nei confronti della loro emotività e tendono infatti a manifestare con frequenza maggiore rabbia e disprezzo (Berembaum 1992). Già da questo studio si notò che i pazienti schizofrenici hanno una bassa produttività espressiva generale (per tutta la gamma emotiva) soprattutto nella parte alta del volto, dove erano poco visibili contrazioni delle sopracciglia, della fronte e del muscolo orbicolare.

Lo stesso Berembaum, con la collaborazione di Oltmanns, prese in esame soggetti schizofrenici con e senza appiattimento affettivo, per osservare se la scarsità di espressioni potesse essere correlata con questa caratteristica, tipica dei sintomi negativi del disturbo. I ricercatori divisero in 4 gruppi i soggetti schizofrenici con appiattimento emotivo, soggetti schizofrenici senza appiattimento emotivo, soggetti con depressione maggiore e soggetti sani. Presentarono loro stimoli a carattere emotivo caratterizzati da emozioni diverse. Dopo aver misurato le espressioni facciali e l’esperienza emotiva provata dai soggetti, notarono che i soggetti schizofrenici con appiattimento affettivo mostravano meno manifestazioni emotive rispetto agli altri gruppi e i soggetti schizofrenici senza appiattimento affettivo mostravano più espressioni positive rispetto al gruppo dei soggetti depressi. Constatarono però che i gruppi non differivano per quanto riguardava l’esperienza emotiva, quindi dedussero che i soggetti con schizofrenia non sono diversi dai soggetti con depressione per quanto riguarda le emozioni ma solo per la parte espressiva (Berembaum & Oltmanns, 1992).

Per quanto riguarda la parte della coordinazione tra espressioni e comunicazione verbale, prendo come riferimento lo studio di Ellgring e Gaebel. I ricercatori partirono dal presupposto che normalmente le espressioni facciali emotive sono maggiormente prodotte, e più marcate, quando un soggetto parla di un argomento emozionante piuttosto che quando ascolta lo stesso argomento. Presero tre gruppi di soggetti: schizofrenici, depressi e sani. Il campione completo venne sottoposto a un intervista e vennero analizzate le risposte emotive in fase di ascolto e in fase di produzione.

Ellgrin e Gaebel osservarono che, al contrario del gruppi di soggetti sani, i gruppi caratterizzati da psicopatologia mostravano più espressioni facciali nel momento in cui il loro ruolo era l’ascoltatore, piuttosto che produttore. Questa caratteristica inoltre era più marcata nei soggetti schizofrenici (Ellgrin & Gaebel, 1994). Un interessante studio si è concentrato sulle espressioni facciali di alcune emozioni come fattore predittivo del miglioramento della psicopatologia.

I ricercatori Ekman, Matsumoto e Friesen registrarono in video i colloqui fatti a pazienti nel momento dell’ospedalizzazione. L’analisi delle espressioni venne paragonata ai punteggi ottenuti al BPRS (Brief Psychiatric Rating Scale, scala eterosomministrata con 24 item che valuta la psicopatologia globale) poiché questi erano correlati positivamente con il miglioramento al momento delle dimissioni dall’ospedale, considerati dunque predittivi. Gli studiosi osservarono che le espressioni di disprezzo e felicità simulata, o usata per mascherare altre emozioni, correlavano negativamente con il miglioramento valutato al momento delle dimissioni. Affermarono anche che le stesse espressioni facciali erano maggiormente preddittive del BPRS ( Ekman, Matsumoto & Friesen, 1997).
Gli altri disturbi descritti dal manuale diagnostico DSM sono stati oggetto di simili studi, ma purtroppo ancora non confermati e numericamente insufficienti.

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