Comunicazione verbale e non verbale nella relazione medico paziente

Comunicazione verbale e non verbale in ambito medico

Il medico comunica anche con il corpo – scopri perché è importante

Samanta Vara

La comunicazione tra gli uomini è fondata sulla parola e ad essa attribuiamo una grande importanza, data la quantità di tempo che tutti noi riversiamo nel suo apprendimento. Nonostante questo però, la parola non ci fornisce tutti gli elementi al fine della conoscenza interpersonale: infatti, quando ci troviamo faccia a faccia con un’altra persona anche senza l’uso della parola, ci bastano pochi secondi per costruirci subito una minima idea di chi abbiamo di fronte.

Gli elementi che ci permettono di compiere questa veloce analisi possono essere vari, come ad esempio il viso, la corporatura, il modo di stare seduti, di camminare o di parlare, il profumo, il modo di approcciarsi nei nostri confronti. In definitiva è dimostrabile che possiamo formare la nostra prima impressione su un’altra persona anche solo in base ad indizi non verbali.

La comunicazione non verbale si occupa di quella parte della comunicazione che racchiude tutti gli elementi comunicativi di un’interazione, che non concernono la parola e il suo significato oggettivo, ma in certo qual modo vanno a colorare le parole pronunciate ed esprimono le emozioni più profonde e spesso più vere, fatte di gesti, atteggiamenti e silenzi, non si può non comunicare, anche se un’interazione avviene nel silenzio o in una immobilità assoluta.

Albert Mehrabian, psicologo statunitense di origine armena e docente presso la UCLA nel secolo scorso, ha mostrato in uno studio da lui condotto nel 1972 ciò che viene realmente percepito in un messaggio vocale: solo il 7% delle parole pronunciate colpiscono l’interlocutore; ben più importanti sono il volume, il tono e il ritmo della voce che influenzano il 38% dell’esito della nostra comunicazione; e addirittura il restante 55% del nostro successo è dato dalla postura, dai movimenti del nostro corpo e in particolare dalle nostre espressioni facciali.

Per ottenere una comunicazione efficace, le tre parti che la compongono devono quindi necessariamente sostenersi a vicenda ed essere congruenti tra di loro. Nel caso in cui tra di esse ci sia incongruenza, il destinatario del messaggio può essere posto davanti a due messaggi differenti e contraddittori. Ad esempio, se la comunicazione sta vertendo su un discorso personale e uno dei due interlocutori afferma di non aver alcun problema nei confronti dell’altro, ma nello stesso momento in cui lo afferma, evita il contatto oculare, il suo tono di voce cambia e il suo corpo si allontana, è assai probabile che l’altro interlocutore tenderà a fidarsi di meno.

Apprendere dunque l’interpretazione del linguaggio “segreto” del corpo, contenuto in ogni comunicazione, non è una violazione della privacy, ma la base di partenza per una maggior possibilità di comprensione reciproca.

E’ stato valutato che il personale sanitario spende l’80% del proprio tempo nella comunicazione verbale, ma non dà sufficiente peso al quella non verbale. È stato inoltre ampiamente dimostrato che una cattiva comunicazione costituisce la causa della maggior parte dei problemi che si generano nell’ambito sanitario (e lavorativo in generale).

Le risposte relazionali sono spesso inadeguate sia per il tipo di linguaggio utilizzato che per i contenuti dei messaggi informativi: risposte frettolose, generiche, incomprensibili, formulate in linguaggio estremamente tecnico, dopo lunghe attese, in fretta, in piedi o comunque in ambienti poco adatti.

La corretta informazione contribuisce a garantire la relazione, ad assicurarne la continuità ed è elemento indispensabile per l’autonomia delle scelte del paziente. Il tempo dedicato all’informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura. Una corretta informazione esige un linguaggio chiaro e condiviso. Deve, inoltre, essere accessibile, comprensibile, attendibile, accurata, completa, basata sulle prove di efficacia, credibile ed utile (orientata alla decisione). Non deve essere discriminata in base all’età, al sesso, al gruppo etnico, alla religione, nel rispetto delle preferenze del paziente.

Pazienti e familiari mostrano un bisogno sempre maggiore di comunicazione con lo specialista e con tutto il personale sanitario che lo prende in carico nella cura. Quel che accade spesso non risponde alle aspettative: i pazienti lamentano che sono interrotti dopo appena 18 secondi dal momento in cui hanno cominciato a descrivere i propri problemi,che lo specialista “non li guarda nemmeno” mentre descrivono i loro problemi, un numero sorprendentemente alto di pazienti e familiari non capisce o non ricorda ciò che il medico ha detto a proposito della diagnosi o della cura, il linguaggio del medico è poco chiaro perché ricorre costantemente a termini tecnici incomprensibili al paziente; l’ansia, la preoccupazione e l’insoddisfazione dei pazienti sono legate soprattutto alla mancanza di informazioni esaustive.

E’ quindi evidente quanto sia necessario investire sul momento della comunicazione ai fini di ottenere una qualità migliore della cura, è indispensabile instaurare un rapporto di fiducia con il paziente, farlo sentire una persona, non un caso clinico e per far questo è sufficiente dedicargli più tempo,dare più ascolto alle sue esigenze, imparare a riconoscere e interpretare i messaggi che il paziente trasmette verbalmente e non verbalmente.

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