Psicologia dell’adolescente anoressica

La logica paradossale delle condotte anoressiche e bulimiche sta nella tenacia con la quale non cedono alla fame né al bisogno dell’Altro pur essendo profondamente ossessionate sia dal primo che dal secondo. Il punto è che questi soggetti vorrebbero in realtà essere fermati nella loro angosciosa deriva. Questo movimento di fuga e allo stesso tempo di avvicinamento è particolarmente presente nei tipici comportamenti adolescenziali.

Per far fronte alla situazione e ritrovarne il controllo, l’adolescente è il primo a ricorrere allo spazio, per marcare il proprio territorio e affermare la propria differenza: la sua camera, le sue cose, il locale dove si trova con il suo gruppo, la sua banda, per non parlare di Internet e delle reti di contatti che permette di costituire.

Il corpo dell’adolescente è il suo territorio, e il suo abbigliamento stravagante, i piercing e i tatuaggi sono i fari che ne segnalano la presenza e i confini agli altri, soprattutto a quegli altri per eccellenza che sono gli adulti. E se le cose non vanno sempre così resta la fuga, che è un altro modo di cercare uno spazio tutto per sé. A qualsiasi età, ognuno di noi sa che non è sempre facile avere le idee chiare su ciò che si è veramente, su che cosa siamo maggiormente “noi stessi”.[1] (corsivi nel testo)

Nell’adolescenza i problemi, le ansie e i timori sono in qualche modo ingigantiti.

Avere intorno degli adulti che accettino, accolgano e convalidino l’adolescente per quello che è, per quello che vuole essere, per ciò che vuole diventare, per quello che desidera, risulta perciò di vitale importanza. Nonostante soprattutto con i pazienti che soffrono di un disturbo alimentare e della cosiddetta «sindrome di “vietato l’accesso”» sia necessario agire con estrema delicatezza,[2] bisognerebbe saper comunque forzare l’adolescente, sollecitare il dialogo, provocare l’incontro che egli vorrebbe rifiutare, senza rendersi conto però che è proprio ciò che desidera più di ogni cosa.

Per gli adolescenti, cosi come per le persone anoressiche e bulimiche, ammettere di aver bisogno d’aiuto e di desiderare l’Altro è un rischio che pensano di non potersi permettere. Azzardare un capovolgimento di posizioni, infatti, significherebbe trasformare la propria forza e il proprio dominio in una vera e propria schiavitù.  Chi soffre di anoressia e bulimia ha un’estrema difficoltà a ribaltare il suo atteggiamento, a rinunciare alla dieta, alle abbuffate e al vomito, ad abbandonare il desiderio di essere magra piuttosto che vivere.

[1] JEAMMET P., op. cit., p. 51.

[2] Gianna Polacco Williams a proposito del caso esposto nel capitolo precedente afferma: “[…] quando valuto o lavoro con un paziente come Sally, dove la sindrome di “vietato l’accesso” è molto evidente, mi trovo a parlare con un tono di voce piuttosto pacato. Cerco di evitare le parole incisive e preferisco usare un tipo di linguaggio caratterizzato da colori “pastello” piuttosto che da “colori primari.”, ibidem.

di Federica Maria D’Autilia

consulenzapsicologica

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