I Modelli Operativi Interni: la definizione di John Bowlby

I  cosiddetti Modelli Operativi Interni (MOI), sarebbero l’insieme  di schemi di rappresentazione interna che costituiscono immagini, emozioni, comportamenti connessi all’interazione tra il bambino e gli adulti significativi , che diventano ben presto inconsapevoli e tendenzialmente stabili nel tempo. Una sorta di mappa formata da una rappresentazione mentale che il soggetto ha della realtà esterna , l’immagine di sé e gli assunti su come funzionano le relazioni interpersonali. La loro capacità anticipatoria degli eventi li porta ad influenzare le future relazioni affettive che tenderanno a ripetere la relazione precoce tra l’infante e il caregiver.

Per Bowlby (1979) gli uomini hanno due modelli : uno ambientale che ci informa sulle cose del mondo e uno orgasmico che ci informa su noi stessi in relazione al mondo. Portiamo in noi   una mappa di noi stessi, degli altri, e della relazione io-altro, costruita a partire dalle esperienze e  che viene influenzata dal bisogno di difendersi da sentimenti dolorosi.

Il Modello Operativo Interno deriva quindi dalle esperienze di attaccamento precoce. Un bambino vissuto in una famiglia con figure genitoriali disponibili e affettuose interiorizzerà un Modello Operativo Interno sicuro.  Questo gli da la sicurezza, perlopiù inconscia, che tutte le volte in cui potrà trovarsi in difficoltà, e in qualsiasi luogo, vi saranno sempre a disposizione persone fidate che gli verranno in aiuto (Bowlby, 1979).

I bambini che, al contrario , hanno sperimentato relazioni connotate da indisponibilità, discontinuità o che hanno avuto figure incapaci di fornire cura e protezione si sentiranno soli e rifiutati; pertanto, reagiranno evitando il mondo o opponendosi.

Bowlby assegna all’attaccamento e alla separazione forzata lo statuto di assi portanti della sua visione dello sviluppo normale e patologico dell’essere umano. Un comportamento normale di attaccamento caratterizzerebbe la persona che sa aiutarsi , ma che sa anche chiedere e offrire aiuto quando è opportuno. Questa persona ha un’immagine di sé positiva che consente un rapporto sicuro e fiducioso con se stesso e con gli altri. Lo sviluppo di tale immagine di sé e di una buona relazione affettiva con le figure parentali risulta ostacolato se nell’infanzia il bambino ha subito abbandoni lunghi o troppo frequenti o se è rimasto privo di uno o di entrambi i genitori.

Quando il bambino rimane bruscamente privo della figura verso la quale ha sviluppato il comportamento di attaccamento si produce prima collera, in un secondo momento uno stato depressivo ed infine un distacco emotivo. Mentre la collera e la depressione spesso si alternano ciclicamente, il distacco ( che sopraggiunge dopo un lasso di tempo variabile a seconda dell’età del bambino, delle frustrazioni precedentemente subite, della qualità dei surrogati materni di cui può beneficiare), quando si produce non è facilmente reversibile.

Possono passare settimane o anche mesi senza che il bambino dia segni di riconoscere la madre che lo ha abbandonato o da cui è stato separato da cause di forza maggiore. Un bambino che abbia subito intensi e/o ripetuti traumi da separazione sviluppa atteggiamenti più o meno patologici, ma sempre riconoscibili come risposte sensate all’evento traumatico. A seconda dell’entità del trauma, dell’età o dell’età alle quali questi si sono verificati e della variabile individuale si sviluppano varie forme di patologia, quali un atteggiamento particolarmente ansioso con conseguente incapacità di rimanere distante dalla figura di riferimento; delle formazioni reattive per cui il soggetto tende ad esprimere un comportamento iperprotettivo verso gli altri anche in assenza di richieste in tal senso o tende ad interagire in modo privilegiato con coloro che necessitano di aiuto.

Questa persona ha sviluppato una fiducia compulsiva in se stesso, per la quale non può tollerare in alcun modo di ricevere aiuto dagli altri. Le origini e le funzioni di tale sindrome vengono parzialmente equiparate da Bowlby a quelle che per Winnicott sono le origini e le funzioni del falso sé (Casonato,Saglischi, 2003).  Separazioni precoci e definitive da uno o entrambi i  genitori o minacce frequenti e ripetute che esasperano il normale conflitto insito nella relazione d’attaccamento, possono dar luogo a forme di patologie più gravi. Le varie manifestazioni patologiche possono anche essere osservate sotto il profilo dinamico, come l’esito di un conflitto tra i sentimenti di amore e di odio o bisogno di accudimento e rabbia e che fanno parte dell’attaccamento.

La rabbia verso l’adulto che non risponde prontamente al richiamo o che abbandona per un momento la stanza dove si trova il piccolo viene facilmente integrata con l’amore se le fantasie di abbandono vengono rapidamente fugate. Quando i tempi della separazione si allungano, quando la separazione avviene in maniera particolarmente brusca, quando si producono frustrazioni eccessive, la normale ambivalenza verso la figura che accudisce diventa intollerabile. Il bambino diventa così preda dei suoi sensi di colpa e fragile di fronte a minacce di punizione; il suo Io diviene incapace di amministrare il conflitto e  procline a sviluppare forme più o meno patologiche di difesa (Casonato,Sagliaschi, 2003).

di Silvia Diolaiuti

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