Il ruolo del padre nella Mitologia Greca

 

E’ importante ricordare come la stessa mitologia greca nasce da un padre , Urano, e una madre , Gaia.  Esiodo, poeta greco antico, nel primo testo dedicato agli dei greci, la Teogonia, scritto intorno all’anno 700 a.C. , narra la genesi delle divinità. Racconta come in principio regnava il Caos , inteso come possibilità , poi ci fu Gaia, la Terra ,che era il luogo di culto per le antiche popolazioni mediterranee, e che a sua volta generò Urano, il Cielo , sede ,invece, degli dei olimpici[1].

Quindi Gaia , la madre, genera Urano, il padre. La coppia genera in seguito i Ciclopi e altri figli . Urano, il primo padre della storia odiava i suoi figli. Tra il padre e i figli quindi non regnava l’amore, bensì l’odio , il timore e la rivalità. Urano vuole impedire ai figli di vedere la luce e per toglierseli di  torno li infilava di nuovo nel ventre della madre. La madre ,addolorata, si allea con i figli e costruisce loro una falce con cui i figli dovranno uccidere il padre; compare così per la prima volta nella mitologia greca l’idea del parricidio[2]. Tra tutti i figli solo Crono accetta la proposta della madre e ,una volta che il padre gli si avvicina, gli recide i testicoli ; basteranno però poche gocce del suo sangue per fecondare ancora Gaia dalla quale nacquero le Erinni ,dee di quella prima giustizia che è fatta di sangue e di vendetta[3]. Crono in seguito si unì alla sorella Rea, con cui ebbe molti figli;  lo stesso Crono però li divorò tutti , subito dopo la loro nascita. Gea e Urano avevano infatti predetto a Crono la nascita di un figlio che lo avrebbe spodestato. Rea però partorì un figlio in segreto , Zeus, con la collaborazione di  Gaia che ingannò Crono facendogli ingoiare una pietra. Rea si recò in seguito a Creta e si prese cura del figlio facendolo crescere in una grotta. Una volta cresciuto ,Zeus sfida il padre. Drogando Crono, Zeus lo costringe a vomitare un ad uno i fratelli liberandoli e mettendosi alla loro guida. Zeus darà vita ad una guerra che durerà dieci anni. Crono infine verrà incatenato nel Tartaro insieme ai suoi alleati Titani. Avrà così inizio la generazione degli dèi olimpici. Queste origini violente interesseranno tutta la mitologia greca e i conflitti padre- figlio prenderanno posto anche nei racconti sanguinosi della tradizione. Nella cosmogonia infatti , oltre al parricidio troviamo rappresentati anche la paura dei padri verso i figli , i genitori che divorano la propria prole e il tema dell’incesto. Nei miti però è possibile ritrovare anche la presenza di padri buoni e cioè di padri che si sono distinti per il loro rapporto con i figli. Uno di questi è Anfitrione, padre putativo di Ercole, che pur essendo consapevole del tradimento della moglie Alcmena con Zeus, accetta comunque di fare da padre ad Ercole e al suo gemello Ificle. Anfitrione si occupò dell’educazione di Ercole e infine morì a fianco del figlio in battaglia. Altro esempio rilevante di bel rapporto padre-figlio è quello tra Dedalo e Icaro, esempio di legame paterno affettuoso. Dedalo , condannato all’esilio perpetuo per aver ucciso il nipote Talo,  si rifugiò a Creta dove, per il re Minosse , costruì il Labirinto per rinchiudere il Minotauro, mostrò metà uomo e metà toro che ogni anno richiedeva , per nutrirsi, il sacrificio di sette ragazzi e sette ragazze ateniesi. Arianna , figlia di Minosse, si rivolse a Dedalo per sapere come aiutare Teseo ad uccidere il Minotauro e uscire dal Labirinto. Dedalo suggerì ad Arianna di utilizzare il filo che infine permise a Teseo di trionfare nell’impresa. Per questo Dedalo fu rinchiuso da Minosse nel Labirinto assieme al suo giovane figlio Icaro. Dedalo , per evadere dal Labirinto, progetta e costruisce delle ali che applica a sé e al figlio attaccandole ai loro corpi con della cera. Raccomanda ad Icaro di non volare troppo in basso, affinché l’umidità del mare non appesantisse le ali, né troppo in alto per evitare che il calore sciogliesse la cera. Ma Icaro volò troppo in alto ,verso il sole e come aveva temuto Dedalo la cera delle sue ali si sciolse. Icaro precipitò ,sotto gli occhi del padre , nelle acque del mare. Tra le diverse letture simboliche che dei due personaggi sono state date vi è quella riferita allo stereotipo antico del rapporto padre-figlio : l’amore del padre per il figlio , al quale trasmette la sua esperienza , la sua conoscenza e i suoi insegnamenti. Insegnamenti che se inascoltati, come spesso accade , diventano in questo caso una condanna per Icaro, ubriacato da una sensazione di ingannevole potenza[4].

Altre fonti importanti da cui attingere per comprendere appieno la paternità nell’antica Grecia sono i poemi omerici. Nell’Iliade e nell’Odissea è narrata la civiltà micenea , quella delle monarchie che prosperarono dal 1400 al 1200 a. C.. Nei miti di Omero la paternità è un valore essenziale e fondante ; essa è spesso motivo pedagogico , fonte di grande poesia, sentimento e di forte commozione . L’Iliade è principalmente un poema bellico ,eppure a volte le descrizioni della battaglia lasciano il posto a quella dei sentimenti e proprio in questo poema viene fornita una rilevante e  affascinante descrizione della paternità. Ci riferiamo alla figura di Ettore ,l’eroe troiano , che viene spesso ricordato per il suo valore ma anche per il commovente congedo dalla moglie Andromaca e dal figlioletto Astianatte. Ettore corre a casa dalla sua famiglia poiché vuole abbracciare moglie e figlio ,come se avvertisse ciò che lo aspetta, ma la famiglia non è casa. Allora Ettore esce dalla casa e si reca velocemente alle porte della città e ,quando padre, madre e figlio si trovano, viene descritta la straziante immagine di un padre presente e reale che deve abbandonare per sempre la propria famiglia. Ettore nel salutare il figlio lo spaventa con la sua armatura e il piccolo si rifugia  contro il petto della balia con un grido. A questo punto padre e madre sorridono. Ettore si sfila l’elmo e lo poggia a terra. Libero dalla corazza che lo divide dal figlio ,ora lo può abbracciare. Formulando un augurio per il futuro alza il figlio in alto e prega per il bambino: << Zeus e voi altri dèi, rendete forte questo mio figlio. E che un giorno, vedendolo tornare dal campo di battaglia, qualcuno dica : E’ molto più forte del padre>>[5]. Questa preghiera di Ettore è rivoluzionaria, rendendo il bambino figlio e il figlio speranza in qualcosa di migliore dei tempi mitici[6].

Se l’Iliade è un poema bellico e la parola d’ordine in questo poema è “eroismo” , l’Odissea invece è un poema di avventura. Nell’Odissea si hanno gli uomini e non gli eroi e la parola d’ordine qui è “famiglia”. C’è un aspetto che fa dell’Odissea un poema maschile e paterno : lo sguardo di Atena che veglia sulle vicende narrate; ella è simbolo della razionalità e del controllo, qualità attribuite tradizionalmente all’uomo. Inoltre la dea non ha madre ma solo un padre ,essendo nata infatti dalla testa di Zeus per volere di Zeus stesso. Altro aspetto è il teatro in cui il poema si svolge: è il senso della famiglia che caratterizza e guida il lungo e periglioso peregrinare di Ulisse.

Infine è opportuno ricordare come la paternità abbia avuto un peso rilevante anche nelle tragedie dei tre maggiori poeti attici : Eschilo, Sofocle, Euripide. In tutte le opere dei tre poeti tragici il contrasto padre-figlio e più in generale quello generazionale è vissuto drammaticamente, come segnalatore di sanguinosi eventi[7].

[1] Luigi Zoja, Il gesto di Ettore, Bollati Boringhieri,Torino,2000

[2] Maurizio Quilici, Storia della Paternità, Fazi Editore,Roma,2010

[3] Luigi Zoja, Il gesto di Ettore, Bollati Boringhieri,Torino,2000

[4] Maurizio Quilici, Storia della Paternità, Fazi Editore,Roma,2010, p. 41

[5] Luigi Zoja, Il gesto di Ettore, Bollati Boringhieri,Torino,2000, p. 101

[6] Ibidem

[7] Maurizio Quilici, Storia della Paternità, Fazi Editore,Roma,2010,  pp, 42-62

di Carlotta Sabbatini

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