Il legame di attaccamento tra uomo e animale

Questo ci fa ripensare ad un rapporto intenso che avviene anche tra umani, soprattutto tra madre e figlio, e che Bowlby (1969) ha dimostrato con la teoria dell’attaccamento.

Il comportamento che ogni bambino manifesta verso la figura di riferimento, generalmente la propria madre, dipende, innanzitutto, da un’esigenza nutrizionale che deve essere soddisfatta e che crea una sorta di dipendenza tra i due: quello che dà cure e quello che le riceve. In aggiunta, vi è un bisogno innato di far parte della propria specie che si attua imparando un linguaggio specifico sia verbale che non verbale, ma decisamente importante risulta l’instaurare un rapporto di vicinanza intima, sia fisica che emotiva, che aiuti il bambino ad affrontare il mondo in modo adeguato ogni qual volta si senta spaventato,  o sia in pericolo o si senta solo ed abbia bisogno di cure materne.

I neonati tentano di raggiungere un grado accettabile di vicinanza all’adulto; quando si accorge che il caregiver è troppo lontano, egli corregge questo stato piangendo o avvicinandosi a gattoni, stabilendo così un nuovo contatto e riportando l’equilibrio nel sistema. I limiti accettabili di distanza variano in base a fattori interni, come la fame o la malattia, e da fattori esterni, come la presenza di un estraneo.

In queste situazioni giocano un ruolo basilare le risposte che il caregiver dà al bambino rispetto alle sue richieste ed è proprio in base a queste che il piccolo svilupperà uno stile di attaccamento sicuro, evitante, ambivalente o disorganizzato.

Lo sviluppo di un attaccamento sicuro allarga la distanza che il bambino può accettare considerando la madre come rappresentante di una “base sicura” e che gli permetta di allontanarsi ed esplorare  il mondo con la consapevolezza che lei sarà sempre lì ad osservarlo. Queste interazioni madre-bambino, se adeguate, saranno una guida, in futuro, per una migliore comprensione delle relazioni affettive e per cogliere come il soggetto riuscirà a relazionarsi con l’altro.

A differenza di quanto accade tra la madre e il bambino, l’animale crescendo non acquisisce mai un’autonomia sufficiente a sostituire la figura di attaccamento primaria con altre figure, si può però evidenziare come il legame tra il proprietario e il suo animale sia molto simile a quello tra caregiver e bambino.

Dopo aver analizzato questa similitudine, si può sostenere l’ipotesi che il proprietario rappresenti per l’animale una “base sicura” e che le interazioni che intercorrono tra i due possano contribuire a strutturare nell’animale una sorta di attaccamento utilizzato da questi come modello per rapportarsi al mondo esterno.

La relazione di attaccamento tra umani e animali è rinforzata dal fatto che questi ultimi sono spesso visti come parte della famiglia. I proprietari divengono emotivamente vicini e coinvolti con gli animali, accettano responsabilità, partecipano ad attività di condivisione e piangono quando muoiono.

Nella misura in cui il legame uomo-animale costituisce un legame di attaccamento, una simile risposta di separazione e perdita di questo dovrebbe essere cercata in seguito alla perdita di un legame con un umano.

Al di là dell’effettivo legame tra i due, per analizzare le risposte caratteristiche che avvengono dopo la morte di un animale e le annesse reazioni al lutto per la perdita, sono indispensabili le differenze individuali nella qualità della relazione che hanno sottolineato l’importanza del ruolo nella regolazione della perdita. Un esempio potrebbe essere quello dei rapporti violenti che possono comportare ugualmente un attaccamento, anche se sono disadattivi per il soggetto, e di solito appartengono a soggetti che hanno sviluppato un attaccamento insicuro.

Lo stile di attaccamento è anche un indicatore delle capacità sia emotive che cognitive di negoziare cure nei rapporti umani. Nella letteratura sull’attaccamento dell’adulto sono stati identificati ben due tipi di attaccamento insicuro: l’uno è quello ansioso e l’altro quello evitante.

L’attaccamento ansioso avviene quando un soggetto ha un’eccessiva preoccupazione di essere abbandonato o rifiutato nelle relazioni da parte degli altri significativi  mentre quello evitante viene identificato da tendenze a respingere difensivamente la necessità di un legame emotivo e di avere un sostegno nei rapporti con gli altri.

Possiamo dire che non sono stati fatti molti studi riguardanti il lutto per la perdita di un animale ma Field, Orsini e collaboratori (2005) hanno provato ad esaminare la qualità relazionale umana in rapporto al suo stile di attaccamento dopo la perdita di un animale e ne è risultata una diretta attinenza nella risposta di lutto.

Bowlby (1969) identificò i sintomi del lutto cronico, come disagio marcato e impotenza che non diminuivano nel tempo, e li associò ad un attaccamento ansioso ed evitante che comportavano, per il primo, valutazioni negative della propria capacità di far fronte alla perdita di una figura di attaccamento, dove la continua attivazione dell’angoscia come risultato di un fallimento nel ristabilire la prossimità con la persona cara, poteva far aumentare i suoi sentimenti di disperazione e rassegnazione.

Mentre gli studiosi avevano una certa sicurezza riguardo ai risultati della separazione nell’attaccamento ansioso, questi avevano avuto dei dubbi su quelli dell’attaccamento evitante poiché alcuni ricercatori, esaminando dei lutti gravi, stabilirono che erano predittivi di molte sintomatologie ma ciò non fu riscontrato da tutti gli altri.

La mancanza di un supporto sociale potrebbe essere la causa di uno stile di attaccamento che collude con la regolazione per la perdita di animali.

Le esperienze di supporto che sono state negative nel passato promuoveranno un senso di sfiducia ma anche un legame insicuro per quanto riguarda la disponibilità negli altri mentre esperienze positive promuoveranno un senso di fiducia nell’altro.

Nella misura in cui l’attaccamento insicuro ha un impatto negativo sulla capacità delle persone di ottenere un sostegno emotivo in seguito alla perdita di un animale, il sostegno sociale dovrebbe mediare l’impatto di questi sul lutto poiché esso può fornire un senso di sicurezza, dato dagli altri, in grado di confortare il soggetto nel processo di lutto. Un’assenza di sostegno sociale potrebbe aumentare la probabilità di vivere un lutto poiché le emozioni, suscitate dai ricordi della perdita, diverrebbero, per il soggetto, troppo opprimenti e sconvolgenti da sopportare senza un aiuto.

Per questo gli animali potrebbero fungere da aiutanti in presenza di un attaccamento insicuro interpretando una funzione compensatoria in mancanza di relazioni con gli altri, infatti si possono notare soggetti che hanno sviluppato uno strano legame con l’animale quasi simbiotico.

In questi casi la perdita di un animale avrebbe maggiori implicazioni in quelli che non hanno sviluppato un attaccamento sicuro dimostrando che chi è in grado di soddisfare il loro bisogno di conforto con altre figure umane aveva meno probabilità di sperimentare un lutto grave in seguito alla perdita del loro animale.

Secondo il punto di vista della prospettiva dell’attaccamento, un adeguato adattamento al lutto esige l’abbandono dello scopo di recuperare la vicinanza fisica con il defunto, cosa che non avviene in un attaccamento evitante dove il soggetto cerca di mantenere un legame con l’animale deceduto. Visto da un’altra prospettiva un legame continuo potrebbe costituire un’importante risorsa fornendo una base sicura interiorizzata aiutando a compensare il dolore per la perdita riconoscendo la permanenza della separazione e con la conseguenza, che gli individui con un attaccamento sicuro siano più provvisti, rispetto ad altri tipi di attaccamento, di un legame permanente per aiutarli a far fronte alla perdita.

Dopo la morte di un animale è perciò importante considerare lo stile di attaccamento individuale come fattore significativo e predittivo della gravità del dolore.

I mediatori attraverso il quale lo stile di attaccamento potrebbe avere un impatto sul lutto avviene attraverso la sua influenza sul sostegno sociale, l’efficacia di un attaccamento passato per l’animale e il continuo legame con il decesso dell’animale.

In uno studio svolto da Marilyn J. Kwong e Kim Bartholomew (2011)  si indagò cosa comportava la perdita di un cane d’assistenza in soggetti che avevano usufruito della loro compagnia ma soprattutto del loro aiuto. Risultò che quasi tutti i partecipanti sperimentarono un dolore intenso nel momento della morte dell’animale poiché il loro cane forniva una fonte di conforto nei momenti di turbamento emotivo e di angoscia “Lui era la mia tavola acustica” e sembravano essere così in sintonia con le emozioni del proprio padrone che quest’ultimo non aveva bisogno di cercare supporto altrove. Questo senso di sicurezza proveniva dalla consapevolezza che il cane era sempre lì ed era una figura costante, non giudicante e che era una dispensa di amore incondizionato.

Per alcuni partecipanti allo studio, essendo disabili, la perdita del proprio cane era un fattore precipitante che riportava alla mente anche la consapevolezza della perdita delle proprie capacità fisiche.

 di Gessica Mattiacci

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