La teoria ufologica secondo il comportamentismo

 

APPROCCIO COMPORTAMENTISTA e Cognitivo

Il comportamentismo (o psicologia comportamentale) è un approccio alla psicologia, sviluppato dallo psicologo John Watson (18781958) agli inizi del Novecento, basato sull’assunto che il comportamento esplicito è l’unica unità di analisi scientificamente studiabile della psicologia, in quanto direttamente osservabile dallo studioso. …l’unica possibilità, secondo lui, per giungere ad uno studio realmente scientifico del comportamento umano consisteva appunto nell’elidere a priori il costrutto teorico di mente, per focalizzare la ricerca sperimentale solo sui comportamenti manifesti.

La mente viene quindi considerata una sorta di black box, una scatola nera il cui funzionamento interno è inconoscibile e, per certi aspetti, irrilevante: quello che importa veramente per i comportamentisti è giungere ad un’approfondita comprensione empirica e sperimentale delle relazioni tra certi tipi di stimoli (ambientali) e certi tipi di risposte (comportamentali). All’interno di questo ampio approccio, viene posta enfasi su particolari aspetti. Uno degli assunti principali è il meccanismo del condizionamento, in base al quale l’associazione ripetuta di uno stimolo, detto stimolo neutro, con una risposta che non è ad esso direttamente correlata, farà sì che, dopo un periodo di tempo, a tale stimolo segua la risposta condizionata.

Altri psicologi comportamentisti, detti “neocomportamentisti” (tra cui Edward Tolman), proposero dei correttivi (le cosiddette “variabili intervenienti del processo S-R”) all’eccessiva semplicità e rigidità del paradigma comportamentista, aprendo la strada ai successivi sviluppi della psicologia cognitiva. (Wikipedia web)

Non ho trovato, sino ad ora, osservazioni in merito al fenomeno ufologico, da parte e tra  i grandi teorici comportamentisti di prima generazione (Watson – Lashley – Hunter, etc.); come anche quelli di seconda generazione (Hull, Skinner, Tolman, etc.), sino ad arrivare all’odierno comportamentismo cognitivistico (Mahoney, Meichembaum, etc.).

Mi riprometto di continuare la ricerca.

Un accenno mi è invece d’obbligo agli autori contemporanei.

Nel frattempo, mi preme sottolineare come, nell’approccio cognitivo – comportamentale, i termini paura e ansia vengono utilizzati nel medesimo costrutto teorico.

Meazzini e Galeazzi (1978) concordano in questo con la maggioranza degli studiosi. Bamber (1979) conferma altrettanto, dopo averne esaminato i pro e i contro, conferma un medesimo continuum.

Sanavio (1984) illustra come complessa una risposta di paura (o ansia), articolandola su tre piani: 1) uno stato soggettivo di elevata tensione ed emozione – 2) uno stato di attivazione fisiologica che interessa la componente simpatica del sistema nervoso autonomo – 3) manifestazioni comportamentali specifiche, come reazioni di fuga e evitamento. (TC 2, 1984).

Dal punto di vista comportamentale l’ansia si manifesta, in genere, con un comportamento di evitamento o di fuga. Scappare di fronte alla realtà, però, fa sì che questa sembri sempre più ostile e i meccanismi di evitamento finiscono con l’interagire con l’aspetto cognitivo, contribuendo così a cronicizzare le paure.

Nell’analizzare una condizione ansiosa è spesso importante vedere come sono messi in atto i meccanismi di evitamento o di fuga.

Tali modalità vanno generalmente individuate nell’aspetto cognitivo e nell’elaborazione cognitiva dell’evento.

CONSIDERAZIONI PERSONALI CONSEGUENTI

1 – l’impatto psicologico, inteso come causa essenziale di un ipotesi di contatto che potrebbe concretizzarsi, va vissuto in funzione di propri costrutti cognitivi ed anche in funzione di abilità di coping (fronteggiamento).

La Variabile indipendente e/o dipendente risulterà e va verificata in funzione di quale categoria di persone (vedi sopra) farà parte e riferimento l’individuo.

2 – LA PAURA istintiva oggi viene sostituita, per chi possiede convinzione di esistenza extra, con l’affanno e l’apprensione che si tramuta in agitazione e stress nel pretendere di ottenere una risposta positiva, da parte dei capi di governo, ad esempio, ritenuti depositari della verità.

E’ di questi giorni l’ennesima iniziativa di raccolta firme affinché il presidente Obama ponga una parola fine alle tante illazioni…iniziativa encomiabile.

3 – L’AFFANNO (sintesi esplicativa delle componenti dell’ansia e della paura) si manifesta nel rincorrere la notizia, lavorare cognitivamente sulle certezze…si resta con un livello di aspirazione che porta a forme a dir poco di disillusione e rammarico e a volte di abbattimento dell’umore…a incrementare quell’affanno, nell’attesa di nuove e definitive certezze …da cui il circolo vizioso in cui si rischia di entrare, soprattutto quando nascono teorie e metodi di ricerca e di proposta, nonché metodi comunicativi  non consensuali e a volte addirittura conflittuali.

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Non solo per formazione teorica, ma anche per una visione concreta e obiettiva, come sopra accennato, andrò a privilegiare la TEORIA COMPORTAMENTISTA (o per meglio dire cognitivo – comportamentale) (demandandone l’utilizzo anche nel campo ufologico) che considera, ad esempio, l’aggressività (in quanto risposta di difesa), come un istinto interno, stimolato però da eventi esterni…comunque gli autori comportamentisti non si mostrano uniti nelle varie interpretazioni sulle teoria dell’aggressività.

Questo modello interpretativo ci dice con i comportamentisti Dollard e Miller (1930) che l’aggressività si esplica come reazione emotiva, quindi ipotesi di frustrazione/aggressività e i suoi sviluppi (Berkowitz, 1989 – 1990 – 1993).

Vengono posti all’attenzione del ricercatore i fattori interni che mediano il comportamento aggressivo (di attacco)…ma soprattutto l’apprensione emotiva, lo shock eventuale nella constatazione di fenomeni immanenti.

Ad esempio: in merito a certi comportamenti aggressivi mi riferisco agli episodi (per la verità, sempre  da verificare) in cui aerei militari di combattimento (in Usa e anche in Russia) attaccano oggetti volanti non convenzionali e sconosciuti; a comportamenti di attacco verificatesi in occasioni (sempre da verificare!) da parte di umani (sudamerica, ma anche in Italia) alla vista di entità sconosciute. Etc.. in entrambi i casi sembra di capire che non ci sia stata, da parte degli sconosciuti parvenza di attacco e di intenti distruttivi!

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In definitiva nella presente e futura impostazione progettuale sull’impatto psicologico, pare opportuno risalire dalla teoria psicoanalitica e discendere con quella comportamentista e cognitivista, per interpretare il fenomeno umano di risposta alla fenomenologia ufologica e alle risposte emotive e consequenziali dell’uomo…

Ma a questo antico metodo di indagine psicologica e neuropsicologica vanno innestati gli intervenienti legati alla nuova tecnologia, che sta demandando appunto agli strumenti elettronici, l’osservazione, l’avvistamento e la conseguente comunicazione (immediata e precisa).

Considerato che l’uomo è portato più facilmente a distrarsi, a non persistere nella focalizzazione, a non mantenere costanti i livelli di attenzione., a essere vittima di percezioni distorte.

E su quest’ultime dinamiche bisognerebbe fare molta attenzione (modalità, fake, strumentalizzazioni, tentativi di depistaggi).

Comunque, la tecnologia, in definitiva, potrebbe fugare le apprensioni, sedare l’ansia e stabilire certezze!

di Cosimo Nicola Capobianco

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