Giustizia procedurale: definizione in psicologia

Diversamente dalla giustizia distributiva, la giustizia procedurale si concentra sulla correttezza delle procedure che hanno determinato la scelta. Gli studi di Thibaut e Walker (1975) hanno dimostrato che anche se il risultato è negativo per la persona, ma egli ha avuto la possibilità di esprimere la propria opinione, le sue reazioni saranno meno negative, quindi maggiore è la possibilità di controllo sul processo (facoltà di esprimere le proprie ragioni, presentare prove, proporre argomenti di discussione, chiedere chiarimenti e fare emergere i propri meriti) migliore sarà il giudizio sulla giustizia
procedurale.

Conseguentemente emerge che il giudizio sulle procedure è distinto da quello sui risultati.

Tuttavia la teoria di Thibaut e Walker possiede un ristretto set di antecedenti, limitati al controllo sul processo e al controllo sui risultati (Tyler, 2011). Leventhal (1980) propone sei antecedenti: imparzialità e coerenza, assenza di interessi personali e di pregiudizi, accuratezza delle informazioni, rivedibilità delle decisioni, possibilità di espressione di tutti gli interessi, rispetto dei principi etici.

Anche se questo autore ha sviluppato il modello di Thibaut e Walker, il filone di ricerca rimane ancorato solo sul versante del decision making tralasciando tutta la parte relativa ai rapporti interpersonali e alle relazioni sociali. Per tale motivo la ricerca si è spostata verso questa tematica, perchè gli aspetti interpersonali emergono visto che le decisioni avvengono in
un contesto sociale (Tyler, 2011). Nelle interazioni sociali vi è un considerevole varietà di modi in cui le persone si relazionano a vicenda. Possono agire educatamente, in modo scontroso, ostile, ecc…(Tyler, 2011).

Questi aspetti delle relazioni interpersonali coinvolgono inevitabilmente tutti gli attori del processo decisionale.
Tyler e Lind (1992) riprendendo il modello di Leventhal hanno sviluppato il modello di relazione con l’autorità (relational model of authority) in cui sviluppano ulteriori antecedenti alla giustizia procedurale: lo status, la neutralità e la fiducia.

  • Status: le informazioni sul proprio status nei gruppi sono ricavate dal trattamento ricevuto da chi riveste una posizione di autorità (ibidem);
  • neutralità: la neutralità delle procedure – intesa come imparzialità, obiettività, assenza di pregiudizi – ha un valore in sé e non in vista dei risultati (ibidem);
  • fiducia: maggiore è la possibilità di scelte discrezionali, tanto più degne di fiducia debbono essere le autorità (ibidem).

Tale modello è stato ulteriormente sviluppato individuando quattro componenti della giustizia procedurale.
Questo modello oltre a sottolineare che gli effetti della giustizia procedurale si vedono anche in contesti informali extragiudiziari, si vede anche l’importanza attribuita all’autorità.

Le persone ritengono indispensabile la presenza di un’autorità ritenuta onesta, affidabile e al di sopra delle parti. Fondamentale è il fatto che il modello di Lind e Tyler sulla giustizia procedurale sviluppa il tema delle relazioni interpersonali, cercando di svincolarsi dall’approccio strumentale del modello di Thibau e Walker.

Lind e Tyler pur confermando la centralità del “potere di controllo” ne danno una funzione espressiva. L’individuo ha la possibilità di esprimersi ed essere ascoltato e per tale motivo valuterà positivamente le procedure indipendentemente dai risultati, rispetto al modello precedente dove il controllo si limitava alla rivendicazione dei propri interessi per raggiungere un obiettivo.

Il tema della relazioni interpersonali e sociali viene ulteriormente sviluppato e articolato nel Group Value Model (Lind e Tyler, 1988) e successivamente nel Group Engagement Model (Tyler e Blader, 2000) in contrapposizione al self-interest model e in generale ai modelli che hanno una visione strumentale della giustizia. Questi ultimi modelli in particolare ritengono che le persone agiscono correttamente all’interno del gruppo per uno scambio sociale, cioè nella speranza di ottenere dei vantaggi a lungo termine mantenendo le relazioni. Pur sottolineando l’importanza del gruppo, esso viene visto
come un luogo di scambio per ottenere favori e protezione.

Il GVM tenta di spiegare come mai dai risultati delle ricerche emerge l’importanza che viene data dalle persone alla possibilità di esprimere le proprie idee anche se ciò non porterà a risultati positivi (Tyler, 1987). Il modello parte da alcuni antecedenti nonstrumentali che influenzano la percezione di giustizia procedurale, in particolare il modo in cui sono trattati nel gruppo, e se i loro diritti sono rispettati.

Il ruolo dell’identità sociale diventa cruciale in questo modello perchè gli individui, in base al valore attribuito alle loro idee, formano la loro identità e ottengono informazioni sul proprio status nel gruppo (Tyler 2011). Pertanto le procedure sono espressione dell’identità di un gruppo e quindi definiscono le caratteristiche prototipiche del gruppo. Inoltre offrono
informazioni sulla posizione che l’individuo occupa nel gruppo e l’importanza delle procedure è proporzionale alla rilevanza dell’appartenenza al gruppo (Lind e Tyler, 1988).

Un ulteriore sviluppo avviene attraverso il Group Engagement Model. Generalmente i modelli relazionali hanno sempre concentrato il focus sugli atteggiamenti negativi, basti pensare alla letteratura che si ispira alla teoria della deprivazione relativa, una letteratura che ha lo scopo di spiegare i comportamenti di rivolta e ribellione (Gurr, 1970). Studi recenti invece hanno posto l’attenzione riguardo a comportamenti prosociali, come costruire fiducia, incoraggiare la responsabilità, stimolare la cooperazione volontaria (Tyler 2011). Questo nuovo focus di ricerca è dato dal GEM, il quale sviluppa gli antecedenti di comportamenti cooperativi nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società (Tyler and Blader, 2000, 2003).

Il modello propone che le teorie sulla giustizia forniscano una base per capire le relazioni delle persone all’interno
del gruppo. Dopotutto la società vuole che i suoi membri siano attivi, creativi, produttivi e felici. Questo modello tenta il superamento dei precedenti modelli della giustizia introducendo le dinamiche individuo – gruppo e analizzano un più ampio spettro di variabili (Tyler, 2011).

Le persone hanno una considerevole discrezionalità sul grado d’investimento del proprio sè sul gruppo. Il modello distingue fra due comportamenti cooperativi: obbligatorio in riferimento alle norme stabilite dal gruppo e dall’autorità ed è fortemente influenzato da sanzioni e incentivi, e discrezionale se è una libera e cosciente decisione di attivarsi per
il gruppo ed motivato dagli atteggiamenti e dai valori (Tyler, 2011).

Il tema cruciale del GEM è che le persone coinvolgono loro stesse nel gruppo perchè usano i feedback che ricevono per definire loro stesse. Il nucleo centrale del modello è che le persone vogliono un’identità positiva che favorisca la propria autostima, e pertanto si prodigheranno affinchè il gruppo sia considerato positivo. Pertanto il tema della giustizia nel gruppo diventa fondamentale per la definizione della propria identità. Il GEM considera l’elemento fondamentale dell’identità come mediatore fra la giustizia procedurale e i comportamenti cooperativi sia obbligatori che discrezionali. Inoltre predice che la valutazione dell’identità personale sarà un fattore primario per gli atteggiamenti e valori e comportamenti cooperativi nel gruppo. Predice che il giudizio sulle risorse influenzerà con maggior intesità gli atteggiamenti e i valori e i comportamenti discrezionali attraverso la loro influenza indiretta con la valutazione dell’identità. Predice che il principale antecedente della valutazione dell’identità sarà la valutazione della giustizia procedurale del gruppo. Infine predice che la valutazione dello status riguardo l’orgoglio e il rispetto influenzerà l’identificazione con il gruppo (Tyler, 2011).

di Fabio Romanato

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