La giustizia organizzativa: definizione in psicologia

Da quando l’umanità si è organizzata in strutture sociali complesse, si è sviluppato parallelamente il concetto di giustizia. Tuttavia questo non spiega se la giustizia è una caratteristica innata dell’uomo che ha reso possibile la convivenza sociale, oppure viceversa che la convivenza sociale ha reso necessaria la giustizia.

Per esempio David Hume sul Trattato sulla natura umana libro III scrive: “E’ solo dall’egoismo e dalla limitata generosità degli uomini, insieme con le scarse risorse che la natura ha approntato per i suoi bisogni, che la giustizia tre le sue origini…”.
Secondo Piaget invece la giustizia è una competenza psicologico-morale (Il giudizio morale nel fanciullo, 1932): “Invece di ricercare l’uguaglianza nell’identità, il bambino concepisce come uguali i diritti degli individui solo relativamente alla situazione particolare in cui ciascuno si trova […] questo significa non concepire più la legge come identica per tutti, ma tenere conto di certe situazioni personali.

Al di là delle dispute filosofiche possiamo trovare due modi di concepire la giustizia:

  • la giustizia come legalità intesa come conformità della condotta di una persona a una norma,
  • la giustizia come garanzia per i diritti umani e fondamento dell’ordine sociale.

In questo ultimo versante troviamo Freud (Psicologia delle masse e analisi dell’Io, 1921) il quale ritiene che la giustizia sociale è intesa come rinuncia e cessione del sé affinché nessuno debba emergere e non debba possedere più di quello che gli altri possiedono.
In questo caso Freud diventa il precursore degli studi di psicologia sociale che hanno come oggetto la giustizia. Tra le teorie più interssanti in psicologia sociale possiamo trovare la Teoria della deprivazione relativa (Merton, Rossi, 1968) la quale sostiene che la soddisfazione personale non dipende dalla valutazione di ciò che oggettivamente si possiede ma dal confronto tra ciò che si ha e ciò che hannno gli altri (Merton, Rossi, 1957).

In questo caso viene tenuto in considerazione il contesto di riferimento. Non a caso Haney (2002) propone un modello contestuale di giustizia: “I principi di giustizia vengono interpretati in chiave locale e identitaria: si applicano a coloro che
appartengono alla medesima comunità morale”.
Sul versante dei modelli economici del comportamneto umano, possiamo trovare la teoria dello scambio (Homans, 1961; Thibaut e Kelly, 1959) e la teoria dell’equità (Adam, 1965). La prima sostiene che un individuo sta in relazione finchè i benefici che ne trae superano i costi che questo comporta; quando non è più soddisfatto, interrompe la relazione.

La soddisfazione è influenzata dai profitti, dalla valutazione della alternative, dall’investimento di tempo. La seconda sviluppa la teoria dello scambio introducendo la percezione di proporzionalità fra ciò che si offre e ciò che si riceve e la
percezione di somiglianza tra il proprio bilancio e quello dell’altra persona. Questi modelli economici in psicologia sociale hanno una visione “pessimistica” della natura umana. Nel concreto queste teorie sono state criticate per il fatto che si fondano sull’immagine di homo oeconomicus, cioè capace in modo razionale di valutare con precisione costi e benefici. Tale visione è accettabile se si vogliono comprendere le relazione fondate sulla reciprocità degli scambi, ma è inadeguata alla comprensione di relazioni di condivisione (Clark e Reis, 1988; Clark e Mills, 1993).

Infatti si sottovalutano il ruolo delle pressioni sociali, della resistenza al cambiamento e delle abitudini; non è presente una dimensione mentalistica che sappia tener in considerazione gli scopi e le aspettative e dell’evolversi di essi nel tempo.
A questi modelli si contrapponongono gli studi sul sentimento di giustizia, cioè la percezione di essere, o che gli altri siano trattati, in maniera giusta e rispettosa. In questo caso entrano in gioco sia la valutazione delle condizioni oggettive sia i criteri soggettivi che hanno permesso la valutazione. In questi studi si possono distinguere tre tipi di giustizia: la giustizia distributiva, la giustizia procedurale e la giustizia interazionale:

di Fabio Romanato

 

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