Tecniche di Comunicazione Efficace nella Mediazione Civile

LA COMUNICAZIONE EFFICACE

(Autori Simone Scartabelli e Claudia Caravati – articolo in parte pubblicato dagli stessi autori ne “IL METODO DEL NEGOZIATO DI HARVARD NEL MODELLO DI MEDIAZIONE GEO-C.A.M. OVVERO: ABBIAMO VISTO GIUSTO?”)

La procedura di mediazione segue uno schema di massima, il cui primo step é rappresentato dalla presentazione del mediatore e della procedura nella sessione congiunta iniziale. Sovente capita di accogliere le persone in lite, notandone l’atteggiamento aggressivo o in altri casi di estremo disinteresse verso il tentativo di conciliazione. Spesso questo tipo di atteggiamento non é cosí profondamente radicato nella persona ma rappresenta una inconscia (qualche volta anche conscia….) tattica per far percepire alla controparte quanto si é fermi e convinti delle proprie posizioni. Per certi versi assomiglia ai rituali che gli animali hanno  prima (ed a volte anche dopo…) il conflitto. Per esempio le gazzelle prima di lottare si avvicinano, scuotono le corna e si mostrano la gola reciprocamente. Se nessuno si ritira, si agganciano entrambi per le corna e iniziano a lottare.

Prima di dare inizio alle schermaglie ed al vero e proprio confronto il mediatore deve presentare se stesso e la procedura alle parti; nella mediazione obbligatoria e marginalmente  anche in quella volontaria, sarà frequente incontrare le parti e loro consulenti che non sanno cos’è davvero la mediazione, come si svolge, quali caratteristiche e quali vantaggi può offrire. Il passaggio è fondamentale perché i pregiudizi dei consulenti o l’ignorare l’argomento da parte degli attori del conflitto potrebbe bloccare sul nascere la possibilità di esperire il tentativo di conciliazione. E per essere chiari e convincenti non é sufficiente conoscere dettagliatamente la norma o le nozioni basilari della mediazione, si dovrà ricorrere ad una buona comunicazione per risultare autorevoli e convincenti. Potremmo usare la mediazione strategica che ha tra i propri effetti quelli di diminuire  la conflittualità, perché orientata a comprendere la logica e gli schemi mentali degli intervenuti nel conflitto, per entrare in empatia con essi. Possibilmente dovremmo usare un linguaggio semplice, che possa essere facilmente compreso, flessibile in base al soggetto con cui ci si relaziona. Porre particolare attenzione al cosiddetto feedback, ovvero il messaggio di ritorno, da parte di chi ci ascolta, che permetterá al mediatore  di assumere delle informazioni in grado di aiutarlo a tarare meglio il suo modello comunicativo, adattandolo alle caratteristiche della parte.

Dopo essersi presentati ed illustrato accuratamente la procedura, daremo spazio alle parti, in modo che ognuna di esse esprima il proprio sentire, il proprio punto di vista, le proprie emozioni intorno al problema che le ha portate in mediazione. Questa fase é importante per il mediatore per conoscere la questione nella sua parte visibile, esteriore, palesemente percepibile: probabilmente le parti faranno la cronistoria delle vicissitudini passate, attribuendo torti e responsabilità alla controparte, elencando i rancori suscitati da determinati comportamenti. Il mediatore sará chiamato a far esporre i singoli punti di vista delle parti, evitando esasperazioni e scontri troppo violenti ma non bloccando lo scorrere delle emozioni, anzi sollecitando la loro espressione con domande mirate, che partendo da concetti ampi arrivino a risposte specifiche che possano cambiare la percezione delle asserzioni. Basilare in questa fase l’utilizzo della parafrasi: nei corsi per la formazione del mediatore viene spesso citata ed altro non é che la rielaborazione di quanto affermato da una parte sfrondata dalle cariche negative dai commenti polemici, in modo da far focalizzare meglio su quale sia il problema, comprendendolo correttamente e non dando alcuna valutazione od interpretazione.

Un esempio pratico: se una parte afferma “Il mio vicino ha costruito, con l’inganno, una immonda baracca in tavolacce di legno sul mio  confine senza rispettare l’altezza stabilita!!!”, il mediatore potrebbe dire: “Mi permetta di vedere se ho compreso quello che ha esposto: diceva che il suo vicino ha edificato una costruzione in legno sul confine tra le due proprietà e mi ha precisato che la costruzione non rispetta i limiti di altezza”.

Il semplice eliminare le accezioni negative dall’esposizione della parte e restituire una versione “pulita” dalle negativitá é il primo passo per poter far percepire alle parti l’obiettivo problema e per iniziare ad instillare in esse che puó non essere vera la presunzione per cui, dietro a posizioni opposte, si trovino solo interessi inconciliabili.

Questa fase di sessione congiunta potrà essere utile anche per iniziare a capire gli atteggiamenti delle parti verso il negoziato. Sostanzialmente ci si puó trovare davanti a quattro tipi di comportamento, il Collaborativo, l’Oppositivo, Chi vorrebbe ma non puó, Chi non puó far niente (fonte: Nardone, Cavalcare la propria tigre, Ponte alle Grazie).

                La persona collaborativa sembra possedere tutte le risorse emotive e razionali per partecipare attivamente, in modo sempre positivo, alla negoziazione. Spesso la voglia di essere corretto e fare bene porta il collaborativo ad invadere il campo degli altri. Il mediatore, per disinnescare questo possibile atteggiamento che potrebbe infastidire la controparte, dovrá fare ricorso ad una comunicazione razionale-dimostrativa, accettando la collaborazione verificandola puntualmente durante la procedura.

                L’individuo oppositivo, invece, si oppone strenuamente all’interlocutore, con critiche o prese di posizione anche forti ed estreme. In tal caso la comunicazione deve essere paradossale, cioé davanti ad una resistenza ostile od a continue interruzioni delle parti il mediatore afferma che il tentativo di mediazione sta procedendo nel miglior modo possibile grazie al loro contributo. Questo tipo di comunicazione spesso spiazza le parti, rimettendo (apparentemente) a loro il controllo della procedura e facendogli  percepire la mancata correttezza di tale atteggiamento.

                Persone che vorrebbe partecipare attivamente al negoziato ma che a causa di blocchi emotivi non riescono a collaborare. Nel caso occorre fare ricorso ad una comunicazione di tipo suggestivo, guidando la parte a fare attenzione ad aspetti irrilevanti delle nostre argomentazioni – presentati però come fondamentali – o a indicazioni che lo costringano a concentrarsi su certi dettagli , mentre lo convinciamo a comprendere ciò che è importante  (Informazioni – Obiettivi – Dialogo – Accordo ) proponendolo come marginale.

                Per ultimo c’è l’atteggiamento di chi non puó fare niente, non puó opporsi ne’ partecipare attivamente al raggiungimento dell’accordo, spesso a causa di una rigidità mentale  che ingessa ogni possibile movimento: il mediatore dovrá cercare di muoversi nella logica rigida, evitando di squalificare tale atteggiamento, orientando la parte verso cambiamenti di prospettive della realtà.

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