Controtransfert: una definizione in psicologia

Empatia e controtransfert

L’empatia è i modo attraverso il quale ci comunichiamo l’un l’altro le emozioni, sentiamo le vibrazioni dell’altro dentro di noi. Abbiamo appena visto che l’empatia è un qualcosa di diverso dell’entrare in identificazione con l’altro. Nel corso della terapia l’esperienza della contro identificazione nel suo insieme, come essa di presenta spontaneamente nel terapeuta, è nota come controtransfert. Empatia e controtransfert corrispondono a modalità diverse di porsi in relazione con l’altro, e possono diventare un groviglio pericoloso quando vengono confusi l’una con l’altro.

Il controtransfert è un po’ quello che accade quando vediamo un film, e ci lasciamo trasportare dalle emozioni, attraverso identificazioni e contro identificazioni, come dalla corrente di un fiume.

Nelle relazioni curative, prevale invece la reazione empatica. Empatia  non significa una identificazione pura e semplice con le emozioni dell’altro. Significa in primo luogo esserci per l’altro. Significa contenere le sue emozioni, lasciando da parte le proprie o rendendole funzionali al contenimento. Significa dare a ciò che si sta vivendo un senso, essere presenti e intanto accantonare per un tempo ciò che si muove spontaneamente dentro per seguire un’altra spontaneità. Significa sentire ciò che sente un altro e intanto seguitare a essere se stessi, per essere presenti e attivi.

È necessario nella vita personale qualcuno che condivida con noi ciò che proviamo, lasciano almeno per un po’ da parte critiche, richieste e pressioni. La spontanea identificazione ha di per sè poco a che fare con l’empatia. anzi, per alcuni versi ne è l’opposto. Il controtransfert – il coinvolgimento emotivo immediato, cioè identificatorio  –  è un fallimento dell’empatia. ma si tratta di un fallimento necessario nella terapia con i pazienti gravi, perché l’identificazione diretta – il sentire risuonare dentro di sé le loro emozioni oppure l’aspetto emotivo loro complementare – è l’unico modo possibile di entrare nel nucleo più patologico della loro psiche. Per il terapeuta di tratta dunque di lasciarsi coinvolgere, trascinare, non di raso di lasciarsi possedere o sedurre attraverso quel carico emotivo, viverlo dentro di sé per poterlo ascoltare, comprendere, per dargli un senso, o comunque per dargli vita assieme al paziente. Nel momento in cui il terapeuta ascolta ciò che prova, in cui tenta di dargli un senso cercando le parole per dirlo, in ogni caso sapendo l’importanza di farlo vivere, in quel momento egli sperimenta l’empatia.

L’empatia avviene mentre il terapeuta sente di sentire, pensa di sentire, capisce di sentire; egli trasforma in un racconto, in primo luogo narrato a se stesso, ciò che avviene nel paziente e che egli ha permesso che avvenisse abbastanza liberamente in se stesso. In fondo, il gioco di empatia e controtransfert è una forma interiorizzata di congiunzione degli opposti. Le due modalità, di empatia e controtransfert, siano fra loro in rapporto di opposizione complementare,  dunque complessa: l’una rende possibile e cospicua l’altra, mentre ne è insieme condizione e limite. Senza spontanea identificazione non possiamo sentire l’altro dentro di noi, provare quello che egli prova, sentire con lui dal suo punto di vista e di sofferenza. Senza restare in parte noi stessi rischiamo però di diventare una parte di lui, o peggio di fare al suo dolore o alla sua paura una sorta di cassa di risonanza amplificatoria.

Storia e struttura – oggetto-Sé e oggetto transazionale

Gli effetti dell’empatia si possono avere anche là dove la struttura narcisistica di fondo è distorta. Talvolta è proprio là che il bisogno di empatia è restato più acuto. In questi casi, però, il bisogno di empatia si ripresenta ogni volta con la stessa urgenza ed intensità. Come se, quando la rabbia riemerge, non restasse memoria dell’empatia ricevuta in altre occasioni.

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