Il potere del pregiudizio: come influenza la nostra vita

IL POTERE DEL PREGIUDIZIO

Il pregiudizio è un giudizio preconcetto su un gruppo ed i suoi membri che può esprimersi in senso positivo o negativo anche se quasi tutti gli usi del pregiudizio si riferiscono ad attribuzioni negative. Gordon Allport nel suo libro La natura del pregiudizio parlava di “ un’antipatia basata su una generalizzazione sbagliata ed inflessibile”.

Dalla generalizzazione e rigidità di pensiero si riconosce, infatti, il pregiudizio. Per semplificare il mondo ci si serve della generalizzazione e quindi di quel processo cognitivo per mezzo del quale si applica ad un intero gruppo la caratteristica di un singolo e questa caratteristica resta inalterata tanto da costituire una credenza imprecisa e resistente a nuove informazioni: lo stereotipo.

Per quanto semplificare non possa essere considerata un’azione commendevole, è vero anche che nella complessità della nostra vita spesso diventa necessario per poterci comportare in quanto siamo limitati dal non poter prendere in considerazione e conoscere subito tutte le qualità del mondo circostante. L’usare uno stereotipo come: ”gli inglesi sono più puntuali rispetto ai colombiani”, potrebbe aiutare a capire cosa aspettarci in certe culture ma ciò non vuol dire che non esistano colombiani puntuali o inglesi ritardatari.

L’uso dello stereotipo come ausilio per  l’orientamento del comportamento verso popoli poco conosciuti, quando viene adottato con accezione negativa verso gli stessi, diventa un modo per dare delle risposte urgenti all’irrazionalità della paura che coglie la persona di fronte a ciò che non conosce e conduce ad atteggiamenti discriminatori.

Le fonti del pregiudizio sono sociali, motivazionali e cognitive.

Fonti sociali del pregiudizio

Le differenze di status sociale ed il desiderio di giustificare e mantenere tali differenze possono costituire le fondamenta del pregiudizio. Le persone che notano le differenze di status le legittimano in quanto condotti da un orientamento al dominio sociale alto. La spinta a far sì che il proprio gruppo domini gli altri gruppi sociali fa vedere le persone in termini di gerarchia. Il desiderio di essere all’apice della gerarchia porta chi è ai vertici ad accettare il pregiudizio ed a sopportare le posizioni politiche che lo giustificano.

Il pregiudizio, dunque, nasce da uno status iniquo ma anche da valori ed atteggiamenti acquisiti in famiglia: una volta instaurato,  sopravvive per inerzia. Quando è socialmente accettato, molte persone seguono il percorso della minima resistenza e della conformità alle mode.

Fonti motivazionali del pregiudizio

Per quanto la società tenda a creare e mantenere i pregiudizi la motivazione personale è ciò che ne costituisce il terreno fertile. Quando le condizioni della comunità in cui si vive sono complesse e problematiche è facile che aumenti il livello di frustrazione individuale che alimenta la rabbia da dover sfogare. In assenza di un preciso obiettivo l’aggressività acquisisce un orientamento eterodiretto che spesso si esprime contro altre etnie o sottoculture. La povertà, le risorse insufficienti e le guerre sono fattori di rischio del pregiudizio che incrementano anche l’intensità dell’identità sociale, del sentirsi appartenenti ad un preciso gruppo. Questi confini idealmente tracciati nella nostra coscienza etnica danno vita ad un noi ed un  loro perennemente confrontati con una propensione verso l’ingroup rispetto all’ougroup.

Fonti cognitive del pregiudizio

pregiudizi sono anche frutto del nostro modo di ragionare, dei nostri bias di pensiero che inducono a semplificare, categorizzare e generalizzare. Uno dei modi che si utilizzano per semplificare l’ambiente è quello di categorizzare: organizzare il mondo racchiudendo gli oggetti in gruppi. Un uomo classifica le persone e dopo averlo fatto pensa a loro con più facilità e ciò risulta molto efficace quando si è pressati dal tempo, preoccupati, emotivamente eccitati o troppo giovani per apprezzare le diversità. La categorizzazione è necessaria al pregiudizio. Chi percepisce intensamente la propria identità sociale si preoccupa di categorizzare precisamente le persone come noi e loro generando un bias di tipo egocentrico a favore del proprio gruppo di appartenenza.

Ogni volta che il membro di un gruppo si comporta secondo le nostre aspettative noi spesso notiamo il fatto per cui la nostra credenza è confermata; quando il membro del gruppo non si comporta come ci aspettiamo spieghiamo il comportamento legandolo a circostanze particolari. Il potere del pregiudizio e degli stereotipi è proprio questo: porsi come un filtro attraverso cui noi vediamo ed interpretiamo il mondo circostante costruendo profondi limiti culturali e comunicativi.

di Maria Gloria Luciani

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