Psicologia della Menzogna: definizione

Prima di definire che cos’è una menzogna, appare opportuno differenziarla da fenomeni che possono sembrare simili ad essa, ma che menzogna non sono.

Innanzitutto distinguiamo tra menzogna e finzione. La menzogna, di per sé, non è una finzione. Infatti, se la prima rimanda ad un concetto di falso, la seconda rimanda ad un concetto di finto. Una maschera, ad esempio, è finta perché esibisce i segni del suo non essere vera; una parrucca, per contro, è falsa perché vuole essere creduta per qualcosa che non è. Possiamo affermare che la finzione è una negazione palese e, in parte, ostentata di ciò che appare.

Fare finta significa trasporre un certo tipo di attività con uno specifico significato ad un’attività analoga che, però, in un altro contesto assume un significato differente. Un esempio può essere una rappresentazione teatrale in cui venga messo in scena un omicidio: nessuno spettatore correrà a chiamare la polizia.

Nella stessa categoria della finzione rientrano anche altri processi, quali la parodia, la satira, l’ironia e l’umorismo, l’arte e la letteratura, l’immaginario dei miti e delle saghe popolari.

La finzione e i processi sopracitati costituiscono il risultato della capacità di inventare dell’essere umano e, come tali, sono attività improntate alla fantasia e all’immaginazione. L’esito di queste attività consiste nella produzione di “mondi possibili” e implica una distinzione fra mondo reale e mondo fantastico, nonché la consapevolezza che durante tale attività le proprie azioni non sono “vere” e non producono effetti nella vita reale. In tutte queste forme, inoltre, chi finge intende far capire palesemente agli interlocutori il contrario di ciò che sta dicendo, mentre nella menzogna chi mente mira a far intendere esattamente il contrario di quello che pensa e di quello che sa.

Un’altra differenziazione importante è quella tra menzogna ed errore. Dire il falso per ignoranza del vero e dire il falso sapendo come stanno le cose sono due situazioni ben diverse. Nel primo caso possiamo parlare di errore, nel secondo di menzogna. L’errore, chiaramente, non è una menzogna e chi dichiara il falso per ignoranza lo fa in buona fede e le sue affermazioni non sono menzognere. La differenza sostanziale tra errore e menzogna sta nel fatto che in quest’ultima si conosce la verità e, volontariamente, si afferma il falso; nell’errore, invece, si dice il falso senza consapevolezza e credendo di dire la verità, della quale si verrà a conoscenza solo successivamente. Pertanto, una persona che dice il falso per errore, nel momento in cui lo dice non lo ritiene tale.

Infine bisogna distinguere tra menzogna e segreto. In entrambe le situazioni si andranno ad occultare intenzionalmente delle informazioni, ma, nel caso del segreto, ci si ritiene in diritto di non rivelare all’altro determinate conoscenze. Tale diritto concerne soprattutto certi ambiti della propria vita personale (come la privacy e il diritto di difesa) e sociale (come il segreto professionale o il segreto di stato). In questa prospettiva, il segreto può essere visto come il risultato di un processo di negoziazione tra il diritto di tacere di una persona e il diritto di conoscere dell’interlocutore. Tuttavia, qualora tale diritto entri in conflitto con il diritto a sapere da parte dell’interlocutore, allora il segreto può diventare una menzogna o, più specificatamente, un’omissione di informazioni.

Una volta effettuata questa scrematura, possiamo procedere con la definizione di menzogna, che, secondo lo psicologo Luigi Anolli, risulta essere un “atto comunicativo consapevole e deliberato di trasmettere una conoscenza non vera ad un altro in modo che quest’ultimo assuma credenze false sulla realtà dei fatti”1. Questa definizione pone l’accetto sul fatto che mentire costituisce un’interazione sociale fra due o più persone in cui lo scambio comunicativo è strutturato nel seguente modo:

  • Tizio inganna Caio dicendo l’enunciato p se, e soltanto se, sa che p è falso (e che non-p è vero) e induce Caio a credere che p sia vero;

  • Tizio intende ingannare Caio.

Possiamo pertanto affermare che la menzogna inconsapevole non esiste, poiché nessuno può mentire senza essere consapevole di farlo, e questa operazione può avvenire in due modi: chi mente può cercare di far credere il falso oppure può cercare di non far credere il vero.

Dai contenuti sopra enunciati possiamo ricavare le tre proprietà essenziali su cui si fonda la menzogna, che sono:

  1. la falsità del contenuto di quanto l’interlocutore comunica in modo linguistico o extralinguistico;
  2. la consapevolezza di tale falsità;
  3. l’intenzione di ingannare il destinatario (che consiste nel fare in modo che il destinatario creda a ciò che il parlante sa non essere vero).

bugia

Fra tutte, l’intenzionalità di ingannare risulta essere la caratteristica centrale e va a rafforzare il concetto per cui la menzogna inconsapevole non esiste e richiede anzi un atteggiamento particolarmente complesso da parte di chi mente, in quanto nella bugia intervengono contemporaneamente diversi livelli intenzionali.

Anche lo psicologo statunitense Paul Ekman, vero pioniere nell’ambito degli studi sulla menzogna, pone l’accento sull’aspetto dell’intenzionalità. Egli, infatti, dà questa descrizione: “Nella mia definizione di menzogna, allora, una persona intende trarre in inganno un’altra deliberatamente, senza avvertire delle sue intenzioni e senza che il destinatario dell’inganno gliel’abbia esplicitamente chiesto”2.

Entrambi gli autori specificano che quando si definisce la menzogna non è sufficiente considerare solo l’autore, ma anche il destinatario. Ekman, ad esempio, sostiene che “Sarebbe curioso chiamare bugiardi gli attori: il loro pubblico è d’accordo di lasciarsi ingannare per qualche tempo e loro sono lì apposta. A differenza del truffatore, l’attore si camuffa avvertendo esplicitamente che il personaggio è una finzione temporanea”3.

Anolli, invece, nella sua definizione di menzogna aggiunge che “mentire è sempre una interazione sociale e un atto comunicativo rivolto a un destinatario che può assumere o la funzione di “vittima” (quando crede nella menzogna del mentitore) o la funzione di “smascheratore” (quando scopre la menzogna). Nel primo caso si parla di “successo” della menzogna; nel secondo caso di “insuccesso””4.

1 Luigi ANOLLI, Mentire. Tutti lo fanno, anche gli animali, Bologna, Edizioni Il Mulino, 2003, p. 12

2 Paul EKMAN, I volti della menzogna. Gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali, Prato, Giunti Editore, 2011, p. 16

3 Ibidem

4 Luigi ANOLLI, Op. cit., pp. 12-13

di Francesca Baratto

francesca baratto

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