Definizione di Mediazione Penale Minorile

La mediazione penale: i principi di fondo e gli ambiti di applicazione.

La tematica della mediazione tende ad apparire come un prodotto alla cui realizzazione ha contribuito un percorso complesso di natura culturale, prima ancora che giudiziaria, molto complesso e caratterizzato da contributi provenienti da ambiti disciplinari differenti. La mediazione ha svariati campi di applicazione; esiste una mediazione familiare, culturale, sociale e, non per ultima penale. Questo campo, proprio per le sue peculiarità, ha insite in sé notevoli difficoltà che rendono l’applicazione non lineare. La mediazione ha origini antiche quanto l’uomo perché affonda le sue radici nella natura duale dell’uomo: l’aggressività che lo spinge ad essere homo homini lupus, e la socialità che lo induce a pacificarsi, in caso di controversie, con i suoi simili per il bisogno primario che ha di vivere insieme a loro. Nonostante le origini remote non si è ancora giunti a darne una definizione univoca. L’ordinamento canonico, nel canone 1446 par.2 del Codex Iuris Canonici del 1983, descrive il fenomeno in questi termini: “il giudice sul nascere della lite ed anche in qualunque altro momento, ogni volta che scorga qualche speranza di buon esito, non lasci di esortare le parti e di aiutarle a cercare di comune accordo un’equa soluzione della controversia, e indichi loro le vie idonee a tal proposito, servendosi eventualmente di persone autorevoli per la mediazione”.

Partendo da questa definizione si può affermare che la mediazione è un’attività svolta da un terzo qualificato per mettere in relazione due parti in conflitto, attuale o potenziale, nel rispetto dei principi di confidenzialità, riservatezza, terzietà, imparzialità, neutralità, trasparenza ed oggettività. La mediazione è un percorso relazionale tra due o più persone per la risoluzione di conflitti che si caratterizzano per la natura sociale, culturale, penale. Quando si parla di mediazione penale il conflitto si configura come reato ed il riferimento è ad un “processo informale in cui l’autore e la vittima di un reato, sotto la guida di un mediatore, discutono del fatto criminoso e dei suoi effetti sulla vita e sulle relazioni sociali della vittima”1. È un percorso d’incontro, dialogo e confronto tra reo e vittima del reato per permettere il passaggio dalla violenza al riconoscimento della sofferenza che da essa discende, dal disordine alla costruzione di un nuovo ordine fondato su un’importantissima riparazione psicologica. Molti autori non condividono la specificazione di “mediazione minorile” preferendo parlare di mediazione sic et simpliciter, ovvero di mediazione “senza aggettivi”, in quanto ogni attività mediativa è espressione della medesima cultura di solidarietà e dell’esigenza di sicurezza sociale. Tuttavia, in generale mediazione in materia civile e penale si qualifica come “minorile” quando opera a tutela dei diritti e nell’interesse dei minori. Nell’ambito della mediazione penale minorile, l’asimmetria che caratterizza il rapporto tra le parti, costituisce un fattore specifico che richiede particolari tutele a protezione dei soggetti ed una diversificazione degli obiettivi della mediazione che dovranno essere opportunamente chiariti dal mediatore per permettere la realizzazione di un efficace incontro tra le parti.

Le finalità della Mediazione Penale

La finalità principe della mediazione penale è il valore educativo e sociale che è in grado di trasmettere attraverso una ricomposizione del conflitto verificatosi tra autore del reato e vittima; il beneficio che se ne può trarre sarà non solo per l’individuo singolo, o meglio, per gli individui coinvolti, ma per l’intero sistema comunitario che potrà contare su una maggiore consapevolezza dell’importanza delle norme, di ciò che significa infrangerle, della possibilità di utilizzare forme di mediazione anche in altri contesti della vita degli individui che avranno imparato a conoscere i benefici che se ne potranno trarre. L’ottica con la quale si affronta il campo della mediazione nell’ambito penale è volta alla riduzione del conflitto esistente principalmente tra due soggetti coinvolti: l’imputato e la parte offesa. Saranno proprio loro, attraverso la facilitazione messa in atto dal mediatore, a rendere un incontro non solo auspicato ma anche possibile. È opportuno sottolineare come tale intervento debba essere inquadrato come forma specifica di giustizia riparativa e conciliativa che si propone la principale finalità di rendere attuabili progetti di riparazione attiva dei danni provocati dal reo a singoli soggetti come alla società nel suo insieme in un’ottica globale, per pervenire ad una reale riconciliazione tra l’autore del reato e la vittima dello stesso. Importante innovazione che viene introdotta è l’ottica con la quale si analizza il fatto in questione, infatti il processo che si viene a realizzare deve caratterizzarsi non in senso unidirezionale dal reo alla vittima, ma bidirezionale in quanto anche la vittima dovrà svolgere una parte attiva del processo mediativo. Il reo sarà chiamato a partecipare attivamente al processo di cambiamento anche attraverso una rielaborazione personale del proprio comportamento deviante, delle conseguenze che esso ha determinato non solo sull’altro ma anche sulla propria persona. Il conflitto tra reo e vittima dovrà essere ridefinito in termini di riorganizzazione relazionale che soddisfi anche le richieste del proprio sistema sociale, attraverso programmi di riparazione e riconciliazione. Tante sono le finalità che possono essere perseguite attraverso il suo utilizzo, fra le principali ricordiamo:

  • la riconciliazione tra vittima ed autore del reato;
  • la posta in essere di condotte con efficacia estintiva del reato;
  • la realizzazione di un percorso riconciliativo valutabile nel procedimento in corso;
  • il tentativo di non cristallizzare alcuna definizione valutativa delle parti in conflitto per non esasperare le disuguaglianze;
  • la mancanza di soluzioni aprioristiche a senso unico ovvero il non ricorrere alla “inflazione della pena” come espressione di potere;
  • l’offrire un contribuito alla realizzazione dei fini preventivi tradizionali della pena attraverso:
  • il lavoro sul conflitto che promuove nel reo il riconoscimento della propria responsabilità, condizione indispensabile per avviare un processo di pacificazione, di rieducazione e di successiva reintegrazione del soggetto deviante nella società; il suo effetto pedagogico di conferma nella validità dell’ordinamento e di pacificazione;
  • il superamento della logica sanzionatoria del modelli retributivo/preventivo a favore della giustizia riparativa che restituisce il conflitto alle parti con l’intento di evitare la stigmatizzazione del reo, opportunamente sostituita dalla promozione della responsabilizzazione attraverso la mediazione e la riparazione del danno cagionato dal reato.

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