Come si fa la Valutazione dello Stress in Azienda – Psicologo Bologna

 

La valutazione dei fattori di rischio psicosociale è importante per stabilire quale sia l’intervento preventivo più appropriato in una data organizzazione. Tale valutazione deve essere inserita nel ciclo del controllo dello stress lavoro-correlato, si tratta di un processo di monitoraggio e miglioramento dell’ambiente di lavoro, che si articola in tre fasi. La prima fase consiste appunto nella valutazione dei rischi e, se necessario, viene seguita dalla progettazione e dalla messa in atto di un intervento preventivo, al quale seguirà la valutazione del risultato dell’intervento stesso. Poiché l’organizzazione cambia nel corso del tempo, queste attività devono essere ripetute con una certa cadenza temporale, per questo si parla di ciclo di controllo.

La valutazione implica il coinvolgimento di professionisti con diverse competenze. Per prima cosa è importante possedere competenze organizzative e gestionali, allo scopo di comprendere il comportamento organizzativo. Sono fondamentali anche le competenze metodologiche e
psicometriche, per stabilire quali strumenti è più opportuno utilizzare e per usarli correttamente, nonché conoscenze di psicologia del lavoro, necessarie per capire i processi emotivi, cognitivi e comportamentali che intercorrono tra l’individuo e l’organizzazione. Inoltre, poiché l’esposizione a fattori di rischio psicosociale compromette lo stato di salute dei lavoratori, è importante coinvolgere anche il medico competente. Anche i lavoratori devono essere coinvolti nella valutazione dei fattori di rischio psicosociale, sia perché il loro coinvolgimento attivo permette di conoscere meglio la situazione, sia perché gli eventuali cambiamenti da apportare otterrebbero poi maggiore consenso. E’ dunque possibile creare dei gruppi di lavoro che includano i diversi portatori di interessi (tra cui i rappresentanti dei lavoratori, i membri delle organizzazioni sindacali, alcuni dirigenti, eventuali consulenti esterni, il medico competente e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale). Il gruppo non deve essere troppo numeroso per facilitare la presa di decisione e, soprattutto, deve essere credibile e disporre di un mandato per la conduzione del progetto. Il progetto, nella fase iniziale della valutazione, dovrà essere promosso attraverso
incontri informativi o via mail. Ciò è fondamentale per suscitare fiducia nei confronti del progetto e creare aspettative realistiche. Un altro momento fondamentale è quello della restituzione dei risultati.

I dati da raccogliere riguardano l’esposizione a fattori di rischio psicosociale, ma anche le condizioni di salute dei lavoratori. Poiché la valutazione dei rischi consente di trovare delle associazioni tra variabili, i dati vanno interpretati con cautela perché la presenza di una
correlazione non evidenzia la direzione della relazione di causalità. Le interpretazioni causali potranno essere fatte solo quando si disporrà di più valutazioni effettuate in tempi diversi. Va inoltre tenuto presente che la valutazione ha una finalità applicativa: portare a un miglioramento
della situazione psicosociale sul lavoro. Pertanto il rigore metodologico e la capacità di fornire risposte concrete ai problemi emersi sono fondamentali. Come fonti d’informazione si possono utilizzare indicatori oggettivi di stress come l’assenteismo, ma è fondamentale ottenere anche informazioni direttamente dai lavoratori per capire come percepiscono l’ambiente di lavoro.

Spesso è presente un rifiuto verso il coinvolgimento dei lavoratori nel processo di valutazione che in genere è un modo per difendersi dalla possibilità di cambiamento. E’ tuttavia vero che, coinvolgere i lavoratori nel processo di valutazione, pone il problema della soggettività dei punti di vista che forniscono. In particolare emerge il problema del cosiddetto “metodo comune”: poiché il rischio di ogni fattore psicosociale è valutato in relazione all’intensità dello strain ad esso associato, chiedere allo stesso lavoratore di valutare sia lo stressor che lo strain, può portare a
distorsioni di giudizio. Ciò non accadrebbe se uno dei due elementi venisse valutato sulla base di indicatori oggettivi. Questi ultimi però, non sono molti perciò spesso si ricorre alle descrizioni dei fattori di rischio effettuate dai lavoratori o da osservatori esterni (colleghi, superiori o ricercatori).
Gli studi hanno rilevato una concordanza tra le descrizioni fornite dai lavoratori e dagli osservatori esterni, soprattutto per i fattori di rischio facilmente osservabili anche dall’esterno. Questo indica che la percezione soggettiva dei fattori di rischio psicosociale presenti nel proprio ambiente di lavoro, rispecchia piuttosto bene la realtà. Inoltre è possibile ridurre la soggettività, facendo una media delle descrizioni fornite da lavoratori diversi che occupano la stessa posizione.

Gli studi individuano anche una concordanza dei risultati ottenuti rifacendosi a misure “oggettive” con quelli derivanti da metodi soggettivi (come i self-report). Emerge quindi che, coinvolgere i lavoratori nella valutazione dei fattori di rischio psicociale è fondamentale e che per ridurre le possibili distorsioni legate al metodo comune, è possibile ricorrere al metodo della triangolazione.

Esso consiste nel raccogliere le informazioni da diverse fonti e con metodi differenti per verificarne la congruenza.

Le diverse tecniche utilizzate per raccogliere i dati devono essere considerate come tra loro complementari. I dati devono essere raccolti garantendo il rispetto della privacy dei partecipanti alla ricerca, la quale deve essere garantita per legge. Se non viene fornita la garanzia della privacy c’è il rischio che i lavoratori siano restii a fornire con sincerità le informazioni delicate che gli vengono richieste, per timore di eventuali ritorsioni da parte del datore di lavoro. Le tecniche utilizzate per raccogliere i dati comprendono:

Discussioni e interviste: le discussioni informali sono utili soprattutto nelle organizzazioni di piccole dimensioni per far capire ai lavoratori quanto lo stress sia un fattore di rischio per la salute e la sicurezza. Le interviste sono più formali e dovrebbero essere semi-strutturate.
Esse devono consentire di raccogliere informazioni sulla descrizione del lavoro, sugli aspetti negativi dell’esperienza lavorativa che sono fonte di stress e sul modo in cui essi possono influire negativamente sulla salute secondo i lavoratori, sugli aspetti positivi che sono fonte di soddisfazione e sulle risorse che potrebbero ridurre l’impatto dei fattori di rischio. Il numero di interviste effettuate sarà sufficiente quando sarà soddisfatto il principio della saturazione dei risultati. In alternativa è possibile prefissare il numero di interviste da effettuare, ma in questo caso è importante includere lavoratori con una certa anzianità nella professione e che rappresentino in maniera omogenea le variabili di interesse
(genere, inquadramento contrattuale …). E’ anche possibile utilizzare la metodologia del focus group, anziché dell’intervista individuale, allo scopo di ottenere consenso sui fattori di rischio più rilevanti.

L’intervista ha il vantaggio di poter andare in profondità nelle opinioni dei partecipanti, ma richiede una certa sensibilità e competenza nel somministrarla.

Questionari: comprendono una serie di item, per ciascuno dei quali il lavoratore deve selezionare la risposta che ritiene più appropriata. Le informazioni raccolte riguardano i dati socioanagrafici e occupazionali, l’esposizione ai principali fattori di rischio e le condizioni di salute psicofisica. Queste ultime due tipologie di informazioni in genere vengono raccolte attraverso scale (insiemi di almeno due item che indagano aspetti diversi di uno stesso fenomeno). Una volta che i dati sono stati analizzati statisticamente ed è stato calcolato un punteggio medio per ciascuna scala di misura, tale punteggio può essere valutato in termini assoluti (come basso, medio, alto) o può essere confrontato con i
punteggi ottenuti da altre organizzazioni dello stesso settore. E’ anche molto importante confrontare i punteggi medi di ciascun sottogruppo occupazionale o socioanagrafico, per individuare quelli maggiormente a rischio.

Tecniche osservazionali e archivi: comprendono le osservazioni mediche relative ai parametri fisiologici che possono essere indice di stress (come la pressione sanguigna, il battito cardiaco, i livelli di cortisolo) o alla presenza di malattie stress lavoro-correlate. Tale
rilevazione viene effettuata dal medico competente, il limite è che può non essere facile capire se i parametri misurati siano effettivamente riconducibili a una risposta di stress. Queste informazioni possono essere ricavate anche inserendo specifiche domande nei questionari. Gli archivi aziendali possono fornire dati numerici relativi ai possibili indicatori di stress (come assenze per malattia, tasso di turnover, infortuni).

L’analisi dei dati si verifica in 4 fasi:

1. Determinazione del tasso di partecipazione alla valutazione e delle caratteristiche occupazionali e socio-demografiche dei partecipanti.

L’indagine sarà tanto più affidabile quanto maggiore è il numero di lavoratori che vi partecipano e quanto più il campione che ha preso parte alla valutazione è rappresentativo dell’intera popolazione, in termini di variabili occupazionali e socio-demografiche.

2. Analisi dei fattori di rischio volta a redigere il profilo dell’organizzazione.

Questa fase mira a valutare il grado di esposizione dei lavoratori ai diversi fattori di rischio considerati. E’ possibile fare ciò confrontando i valori medi ottenuti nelle scale che indagano i diversi fattori di rischio con quelli delle altre organizzazioni. Ogni valore medio deve anche essere ripartito nei vari sottogruppi occupazionali e socio-demografici perché ciascun valore medio può nascondere situazioni anche molto diverse tra loro per i vari sottogruppi. In alternativa si può calcolare la percentuale di lavoratori che riportano un punteggio elevato per i fattori di rischio considerati. Tale percentuale si può calcolare stabilendo un punteggio soglia per ciascuna scala che valuta i fattori di rischio, un punteggio sopra alla soglia è considerato elevato, mentre un punteggio sotto la soglia è considerato basso. Per capire se i risultati ottenuti riflettono caratteristiche personali dei lavoratori, è possibile confrontare le percezioni dei lavoratori con caratteristiche individuali che potrebbero portare a percepire l’ambiente di lavoro come più stressante di quanto sia in realtà (come ipercoinvolgimento nel lavoro), con quelle di lavoratori che non hanno tali caratteristiche. Se in entrambi i casi i dati sono congruenti a quelli complessivi, questi ultimi non sono stati influenzati in maniera significativa dalle caratteristiche personali.

3. Analisi delle condizioni di salute allo scopo di redigere il profilo dell’organizzazione.

L’analisi delle condizioni di salute dei lavoratori possono basarsi sul valore medio degli indicatori di strain o sulla percentuale di lavoratori che riportano un determinato strain. Dapprima si considera l’intensità dei sintomi di disagio psicologico, a tal proposito è possibile utilizzare il General Health Questionnaire (Ghq-12). Va tenuto presente che solitamente questo strumento di misura rileva che il 15-20% dei lavoratori
dell’organizzazione presentano una sintomatologia elevata, questa percentuale è considerata normale. Vanno poi considerati anche gli indicatori di strain fisico e comportamentale.

4. Analisi dell’associazione tra fattori di rischio e condizioni di salute.

Tale associazione può essere valutata utilizzando diverse tecniche statistiche (come il chi-quadrato o il coefficiente di correlazione lineare). La scelta della tecnica statistica più opportuna dipenderà dalla natura delle variabili considerate e dalla numerosità del campione. Una volta che i dati sono stati analizzati, bisognerà produrre una rappresentazione sintetica dei risultati. In questa rappresentazione dovrà essere riportata la forza delle associazioni riscontrate e la presenza di sottogruppi di lavoratori che risultano particolarmente a rischio.

Una volta che il processo di valutazione è concluso, va steso un rapporto finale, che può essere suddiviso nelle seguenti sezioni:

  • Introduzione: deve contenere delle brevi definizioni dei concetti teorici alla base dell’indagine, come quello di rischio psicosociale e di stress lavoro-correlato e la presentazione del progetto di valutazione.
  • Metodologia utilizzata: deve contenere la descrizione degli strumenti e delle tecniche statistiche utilizzate, oltre che delle fasi del progetto.
  • Risultati: deve contenere ciò che è emerso dall’indagine in forma di grafici e tabelle,
    accompagnati dalle relative interpretazioni.
  • Conclusioni e ipotesi di intervento: deve contenere le possibilità di intervento in relazione a quanto emerso. E’ una fase particolarmente delicata in cui la proposta di cambiamento può suscitare delle resistenze. Per questo motivo è possibile presentare un rapporto preliminare ai membri del gruppo di lavoro per valutarne le reazioni e fornire le spiegazioni necessarie o accoglierne i suggerimenti.

Il rapporto può concludersi con un sommario che spieghi brevemente i principi e i risultati del lavoro svolto.

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