Come fare una ricerca in psicologia

Ogni disciplina scientifica è caratterizzata, oltre che da affermazioni teoriche specifiche, da una serie di riconoscimenti più o meno espliciti riguardanti la filosofia della scienza, i fenomeni da osservare e da analizzare e i metodi sperimentali mediante i quali condurre l’attività di ricerca.

Kuhn ha utilizzato il termine paradigma per denominare l’insieme di questi elementi che fanno da ossatura all’attività di ricerca.

Cosi il termine paradigma, in un’accezione epistemologica, denomina l’insieme di assunti teorici, metateorici e metodologici che caratterizzano un orinentamento di ricerca; in un’accezione metodologica, invece, indica molto più semplicemente le varie metodologie che vengono di volta in volta utilizzate.

La scelta del paradigma è strettamente dipendente dal tipo di problema che si vuole prendere in esame. Se infatti un determinato paradigma può risultare efficace per lo studio di un fenomeno particolare, può non esserlo altrettanto se applicato all’analisi di un altro tipo di fenomeno.

Prendere in considerazione un fenomeno implica sempre una formulazione ipotetica, ovvero un postulato circa l’esistenza di determinate relazioni di dipendenza funzionale fra gli aspetti specifici del fenomeno: le variabili.

Successivamente grazie alla verifica delle ipotesi fatte, si cerca di spiegare “che cosa” accade quando quel particolare fenomeno ha luogo. La scelta del paradigma più adeguato permette quindi di evidenziare ciò che accade, “simulando” una situazione in cui tali ipotetiche relazioni possano emergere senza difficoltà.

Per contro la scelta inadeguata del paradigma “struttura” una situazione che non favorisce l’emergere di tali relazioni e può indurre all’erronea conclusione che queste non esistano (Moderato – Rovetto, 2001, 73).

Oltre alla scelta del paradigma più adeguato è indispensabile un’esecuzione rigorosa in grado di ridurre al minimo il rischio di commettere errori. Questo momento procedurale può essere direttamente ricollegato alla fase di progettazione del disegno sperimentale.

Se il paradigma rende possibile un’analisi del fenomeno genericamente definito, il disegno sperimentale consente invece la verifica e il controllo delle specifiche ipotesi che ne derivano l’andamento.

La possibilità di esercitare un controllo su tutte le variabili garantisce il rigore e la precisione del piano sperimentale. La progettazione e l’esecuzione di una ricerca implica, infatti la possibilità che intervengano fattori esterni, extrasperimentali appunto, ad alternarne l’esito.

E’ quindi possibile che i risultati ottenuti nel corso di una ricerca non siano attribuibili esclusivamente alle variabili indipendenti manipolate dallo sperimentatore, ma siano dovut a fattori interferenti, ne programma ti ne adeguatamente controllati, con conseguente perdita di validità della ricerca stessa.

Tutti i procedimenti utilizzati per eliminare le possibili minacce alla validità di una ricerca rientrano nell’insieme di operazioni che viene definito controllo.

Le operazioni di controllo possono assolvere due funzioni generali:

  • Individuare le possibili fonti di errore sperimentale. Questa funzione si svolge sul piano metodologico cioè a livello della pianificazione dell’esperimento.
  • Verificare l’effettiva influenza delle variabili indipendenti che agiscono nell’esperimento. Questa funzione si svolge nella fase di elaborazione statistica dei risultati (Moderato – Rovetto, 2001, 74).

Il controllo sul piano metodologico

Per realizzare questa prima forma di controllo è indispensabile l’analisi di due momenti fondamentali della sperimentazione:

  • Il campionamento

La funzione principale del campionamento è quella di limitare o controllare una delle possibili fonti di interferenza: il ricercatore deve delimitare una popolazione di individui sulla quale svolgere lo studio del fenomeno.

Il campione rappresentativo risulterà tanto più selezionato quanto più numerose saranno le variabili che definiscono la popolazione.

Talvolta le caratteristiche rilevanti per selezionare il campione devono riguardare più direttamente il tipo di compito previsto dall’esperimento (Moderato – Rovetto, 2001, 75).

Ultimato il campionamento si procede alla realizzazione del piano sperimentale .

Il controllo a questo livello riguarda:

  1. Le variazioni della situazione;
  2. Il numero e il tipo di variabili indipendenti introdotte dallo sperimentatore (Moderato – Rovetto, 2001, 76).

Per quanto riguarda il compito il controllo rende necessaria una completa standardizzazione e una accurata taratura.

Quando il compito ha un livello di difficoltà piuttosto basso la maggior parte dei soggetti esprime il livello massimo di performance. In questi casi non è possibile differenziare le prestazioni dei soggetti in rapporto alle variabili introdotte. Questo effetto è noto come ceiling effect ovvero “effetto tetto” in quanto tutte le prestazioni sono ai livelli massimi.

L’effetto opposto, il floor effect, si verifica invece quando il livello di difficoltà del compito è talmente elevato che nessuno dei soggetti è in grado di svolgerlo.

Altri effetti interferenti possono essere dovuti a consegne poco comprensibili o a variabili da una somministrazione all’altra.

Un altro fattore che può interferire e falsare i risultati della ricerca è rappresentato dalle aspettative dello sperimentatore, meglio conosciuto come “effetto Rosenthal”. Spesso infatti l’attesa di un determinato risultato può influenzare la condotta dello sperimentatore e di conseguenza la raccolta stessa dei dati (Moderato – Rovetto, 2001, 77).

Un espediente per eliminare o ridurre i fattori interferenti dovuti all’effetto Rosenthal consiste nell’utilizzare osservatori naïf che non siano a conoscenza ne delle ipotesi sperimentali ne della distribuzione dei soggetti nei differenti gruppi, quali cioè appartengono al gruppo sperimentale, dove si manopola la variabile, e quali al gruppo di controllo. Questo metodo noto come “doppio cieco”, viene abitualmente e facilmente utilizzato nella ricerca farmacologica per testare la reale efficacia di nuovo farmaci (Moderato – Rovetto, 2001, 78).

  • La progettazione

Oltre all’analisi della situazione, il controllo metodologico riguarda anche gli effetti dovuti al numero e al tipo di variabili previste dalla ricerca. A seconda del numero di variabili indipendenti introdotte dallo sperimentatore si possono avere:

  1. Disegni unifattoriali;
  2. Disegni multifattoriali.

Cosi in relazione al tipo di variabili considerate, il controllo può riguardare variabili intersoggetti, se le variabili agiscono in modo diverso in gruppi di soggetti diversi, o variabili intra soggetti se invece le variabili agiscono in diversa maniera su un unico gruppo di soggetti.

Nella forma semplice della ricerca sono previsti due gruppi di soggetti, uno sperimentale e un altro di controllo.

La presenza di una sola variabile in qualsiasi tipo di trattamento caratterizza questo tipo di schema come un disegno unifattoriale, mentre la presenza di due diversi gruppi come quello sperimentale e quello di controllo lo configura come disegno between-subjects (Moderato – Rovetto, 2001, 78).

Nei piano sperimentali a misure ripetute vi sono aggiori rischi di effetti interferenti dovuti a fattori quali la pratica, la sensibilizzazione e il carry over.

Quando la ripetizione di una certa prova costituisce di per sé una forma di esercizio, che modifica pertanto il livello di prestazione, si verifica un effetto di pratica.

L’effetto di sensibilizzazione si verifica quando il sottoporre più volte gli stessi soggetti a una prova fa si che questi si abituino alle condizioni previste dall’esperimento: in questo caso l’assuefazione altera la prestazione (Moderato – Rovetto, 2001, 82).

Un terzo fattore interferente è noto come carry-over e si verifica nel passaggio quando dal “prima” al “dopo”, persistono gli effetti relativi alla condizione precedente, cioè quando si nota un “trascinamento” degli effetti (Moderato – Rovetto, 2001, 83).

Generalmente l’analisi dei risultati di un esperimento si realizza a due livelli differenti.

A un primo livello, un esame descrittivo dell’andamento dei risultati rende possibile una valutazione della presenza o meno delle condizioni necessarie per procedere poi al secondo livello di analisi, l’inferenza statistica, mediante l’applicazione dei test più idonei (Moderato – Rovetto, 2001, 84).

A livello statistico il controllo si realizza esclusivamente nei termini della statistica inferenziale: solo attraverso tale tipo di verficanè possibile, infatti, stabilire se accettare o respingere come probabile un’ipotesi sperimentale  e avvalora in tal modo un intero progetto di ricerca.

La statistica descrittiva svolge la funzione principale di presentare le informazioni secondo modalità talmente chiare da favorire la produzione di inferenze, verificabili in un momento successivo attraverso i metodi della statistica inferenziale.

I metodi principali utilizzati dalla statistica descrittiva comprendono:

1. Distribuzioni di frequenza. Le osservazioni vengono disposte in classi ordinate in senso crescente o decrescente, all’interno delle quali si calcola la frequenza di osservazioni presenti; successivamente le frequenza rilevate vengono riportate graficamente in un poligono di frequenza;

2. Misure della tendenza centrale: media, mediana, moda.

La media è l’epresione della tendeza centrale usata più di frequente e viene calcolata rapportando la somma delle singole osservazioni al numero complessivo delle osservazioni.

La mediana rappresenta il valore centrale della distribuzione, cioè il valore che is presenta a metà di una serie di misurazioni ordinate in base alla grandezza.

La moda indica il valore che si presenta con maggiore frequenza nella distribuzione.

3. Misure di dispersione e di validità.

Le principali sono la varianza e la deviazione standard.

La varianza rappresenta lo scostamento medio delle rappresentazioni rispetto la media. Si calcola rapportando la somma dei quadrati dei singoli scostamenti dalla media al numero di osservazioni: MS=Σ(xi-μ)2/N.

La deviazione standar rappresenta lo scostamento quadratico medio e si calcola estraendo la radice quadrata dalla varianza.

4. Forma della distribuzione

La più nota è la distribuzione normale o di Gauss. (Moderato – Rovetto, 2001, 85).

5. Correlazione e regressione

Mediante la correlazione si può rilevare il grado di dipendenza funzionale fra i fenomeni esaminati, mentre attraverso la regressione si può stabilire il tipo di relazione funzionale esistente e quindi esprimere previsioni su un fenomeno specifico a partire dai valori già noti di un fenomeno a esso correlato.

Nella verifica delle ipotesi si possono usare test parametrici. Quando le osservazioni sono espresse su scale parametriche, si riferiscono a popolazioni distribuite normalmente.

Si devono invece utilizzare test non parametrici, quando le osservazioni relative al campionesono state misurate mediante una scala non parametrica, o quando le popolazioni di riferimento non sono normali (Moderato – Rovetto, 2001, 88).

Si viene a stabilire tra il sistema empirico e quello numerico una funzione di relazione denominata più specificatamente scala di misura (Moderato – Rovetto, 2001, 89).

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