Gestalt: sintesi della teoria in psicologia

L’albero Genealogico della Gestalt

Nasce da numerose radici più o meno evidenti e più o meno profonde: fenomenologia, esistenzialismo, psicoanalisi, filosofie orientali, corrente umanistica. Non è metodo tipicamente americano dal momento che i punti essenziali della propria filosofia sono fondati sul pensiero europeo.

Della fenomenologia la Gestalt conserva soprattutto:

  • è più importante descrivere che spiegare: il come precede il perché; l’elemento essenziale è il vissuto immediato (qui e ora)
  • la nostra percezione del mondo è dominata da fattori soggettivi irrazionali, che conferiscono loro un significato differente da individuo a individuo.
  • Ciò implica una presa di coscienza del proprio corpo e del tempo vissuto come esperienza unica di ogni essere umano, estranea a qualsiasi teorizzazione prestabilita.

Dell’esistenzialismo la Gestalt conserva:

  • Precedenza al vissuto concreto rispetto ai principi astratti. La comprensione di sé per vivere senza porsi domande di filosofia teorica, si riflette ma soltanto per agire.
  • La singolarità di ogni esistenza umana, l’originalità irriducibile dell’esperienza individuale, oggettiva e soggettiva;
  • La nozione di responsabilità personale di ciascun individuo, che partecipa attivamente alla costruzione del proprio progetto esistenziale e conferisce un significato originale a ciò che gli accade e al mondo che lo circonda, creando instancabilmente giorno dopo giorno la sua libertà relativa.

La terapia della Gestalt è un approccio fenomenologico clinico, vale a dire centrato sulla descrizione del sentito del cliente (la sua consapevolezza) in ogni singolo caso e sulla presa di coscienza “intersoggettiva” di ciò che sta verificandosi tra lui e il terapeuta (il processo di contatto e i suoi rischi). Salathe considera la Gestalt “un’antenna terapeutica sull’esistenzialismo” che affronta 5 costrizioni esistenziali esistenziali fondamentali: la finitudine, la responsabilità, la solitudine, l’imperfezione e l’assurdo.

Nel 1951, al momento del battesimo ufficiale di questa nuova terapia, in occasione dell’uscita del libro intitolato “terapia della Gestalt” essa avrebbe dovuto chiamarsi “psicoanalisi esistenziale”, ma non fu adottato per ragioni di opportunità commerciali (Sartre era considerato in America troppo pessimista).

In un primo tempo Perls aveva battezzato il suo metodo “terapia della concentrazione”, da contrapporre al metodo delle libere associazioni usato dalla psicoanalisi. Infatti, suggeriva ai suoi clienti di concentrarsi sull’esperienza sentita “qui ed ora”, di focalizzare tutta l’attenzione: “concentrati sulla tensione nella nuca”, “sulla sensazione di soffocamento nella gola” ecc. ma tutto questo nel 1951 sembrava un aspetto tecnico di minor rilievo e per questo suggerì “terapia della Gestalt” generando non poche polemiche tra i suoi colleghi soprattutto per la scarsa attinenza con la psicologia della Gestalt. Ma per Perls questo era un motivo di provocazione e marketing che avrebbe aiutato questa terapia.

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