Come riconoscere la Confabulazione nella Demenza (Psichiatria, Psicologia)

Quando parliamo di memoria è bene considerare non solo la possibilità di dimenticare parzialmente o perdere per sempre delle informazioni di varia natura, come nel caso dell’amnesia, ma anche di produrre delle distorsioni e delle modificazioni della tracce mnestiche. Se ci imbattiamo in questo fenomeno siamo d’innanzi a quel processo patologico che chiamiamo confabulazione.

La Confabulazione: un disturbo della Memoria a Lungo Termine (MLT)

Esso è un altro disturbo caratteristico della memoria a lungo termine. Il soggetto affetto da tale disordine tende a produrre in maniera automatica delle false credenze o false memorie. E’ importante inoltre, sottolineare che tale disturbo ha una natura non innata ma acquisita a seguito di un danno cerebrale (Schnider, 2008). Autori come Gilboa e altri, ritengono che tale disturbo sia derivante da un’eziologia che considera come cause del fenomeno stesso: aneurismi dell’arteria comunicante anteriore (ACoA), sindrome di Korsakoff, demenze di vario tipo tra cui la più comune la demenza di Alzheimer. E’ possibile correlare la confabulazione con aree anatomiche come: la corteccia prefrontale, la corteccia orbito frontale e quella ventromediale (Gilboa e Moscovitch, 2002).

La confabulazione è una forma di menzogna onesta

Secondo questi autori la confabulazione si configura come un mentire onesto, in quanto il soggetto non ha consapevolezza delle sue false memorie, anzi egli crede che siano frutto di verità, dunque è un disturbo radicale che si ancora alla realtà quotidiana del paziente. La confabulazione non vede l’intaccare solo delle memorie ma anche delle azioni, rendendo il soggetto anche comportamentalmente alquanto bizzarro in quanto fortemente convinto delle sue verità. Perciò accanto a questo quadro clinico patologico a livello della memoria si delinea un quadro da sindrome frontale caratterizzato da anosognosia (Gilboa e Moscovitch, 2002). La mancata consapevolezza e l’attuazione automatica della produzione di queste mere credenze conferma la correlazione con le aree anatomiche frontali deputate al controllo volontario.

L’anosognosia non solo rende più ostica la valutazione stessa del disturbo perché non riconosciuta dal paziente ma anche la sua riabilitazione. Il paziente con confabulazione, non riconoscendo il proprio disordine collaborerà in maniera poco partecipe e attiva, non aderendo al trattamento e compiendo facilmente quello che noi chiamiamo il drop-out (abbandono o interruzione del trattamento). Studi su pazienti con la sindrome di Korsakoff hanno confermato l’esistenza in questi pazienti di anosognosia ma al tempo stesso è stata delineata un’altra sfaccettatura. Tali soggetti presentavano anche una difficoltà nel monitorare e nell’avere consapevolezza e conoscenza delle proprie capacità mnestiche, quella che noi chiamiamo metamemoria (Shimamura e Squire, 1986). Sottoponendo un gruppo di pazienti con amnesia, tra cui anche sindrome di Korsakoff, si evidenziò come a un compito di riconoscimento e discriminazione tra materiale nuovo e precedentemente visto (informazioni ed eventi di cultura generale), i pazienti con SK totalizzavano un punteggio inferiore rispetto agli altri amnesici. Questo conferma quando detto precedentemente dagli autori, ovvero nei soggetti con SK la prestazione al test di riconoscimento era inferiore in quanto dimostravano di avere meno capacità riflessive e una scarsa metamemoria. Infine altri autori (Moscovitch e Melo, 1997), suggeriscono che la confabulazione trova maggior insediamento nelle memorie autobiografiche che riguardano ricordi e frammenti della vita personale passata, rispetto ad altre come quelle semantiche. Studi condotti da Ciaramelli e Ghetti (Ciaramelli e Ghetti, 2007) confermano quanto detto precedentemente da Dalla Barba (Dalla Barba, 1993), i quali ritengono che la causa di tale meccanismo che permetterebbe la produzione di finzioni verbali sia un deficit di inibizione.

I tre tipi di confabulazione

I soggetti confabulatori sarebbero più esposti e preda di stimoli e informazioni irrilevanti che metterebbero in ombra i veri ricordi. Vista la complessa natura di tale disordine, che investe tutto ciò che riguarda fatti ed eventi della nostra vita, è bene fare una precisazione e distinguere varie forme di confabulazione che sono state indicate da Schnider (Schnider, 2008). Egli individua tre forme di confabulazione:

  • Confabulazione momentanea: il soggetto che confabula produce una falsa memoria circoscritta alla conversazione sul momento, ed essa può essere suddivisa nuovamente in spontanea; se è prodotta naturalmente senza alcuna motivazione apparente, oppure provocata da una domanda. Questa rispetto ad altre ha comunque una struttura interna coerente e logica;
  • Confabulazione fantastica: in questo caso il soggetto affetto da forte disorientamento, che può essere prodotto sia da eventi traumatici, come anche la presenza di malattie degenerative produce false credenze simili ad allucinazioni e illusioni verbali senza alcuna struttura logica. Rientrano in questa categoria anche soggetti affetti da disturbi psichiatrici come la psicosi che allontana il soggetto da un esame di realtà coerente;
  • Confabulazione comportamentale spontanea: quest’ultima forma di confabulazione porta il soggetto ad adottare oltre l’aspetto verbale anche un comportamento bizzarro e non coerente alla realtà. Il comportamento e le azioni sono una conseguenza delle false memorie.

Questi diversi tipi di confabulazione sono distinti anche anatomicamente. Se la confabulazione momentanea, sia provocata che spontanea, trova un’alta correlazione con le basi neurali prefrontali, ventro-mediali e orbito-frontale; la confabulazione comportamentale spontanea trova insediamento soprattutto nella corteccia orbitofrontale mediale. I modelli interpretativi che si sono interessati di spiegare quali fossero i meccanismi e i motivi alla base di questo disordine sono diversi. Già a fine degli anni’90 Schnider (Schnider et al., 1996) avanzarono delle prime ipotesi a seguito di osservazioni svolte su pazienti confabulanti. Ritennero che il meccanismo patologico alla base, scatenante la confabulazione, fosse un fallimento nell’organizzare a livello temporale episodi e fatti passati. Questa mancata operazione quindi, permetterebbe di essere più soggetti a interferenze che distorcerebbero i ricordi veri per dar spazio a false memorie. Negli anni successi questo senso di tempo disturbato trova nuovamente conferma su altri studi (Schnider, 2008). In un esperimento dove erano mostrati a pazienti confabulanti stimoli studiati contro stimoli non studiati, questi erano in grado poi successivamente di distinguerli, dunque discriminavano stimoli nuovi rispetto quelli vecchi. Ciò non si verificò quando, cambiando la natura dello stimolo, si chiedeva di distinguere stimoli inerenti alla realtà riguardante la fase di apprendimento contro stimoli non inerenti alla realtà ma di episodi differenti.

La capacità di riconoscere i differenti stimoli questa volta non avveniva e i pazienti fallivano nell’inibire stimoli non inerenti alla realtà attuale. Un’altra interessante interpretazione rivolta alla confabulazione, ci viene data da Gilboa e Moscovitch (Gilboa e Moscovitch, 2002). Secondo questi autori, la confabulazione deriverebbe da un deficit riguardante meccanismi di controllo e di monitoraggio delle memorie durante il processo di recupero. A seguito di questo mancato o alterato monitoraggio delle informazioni immagazzinate non solo il soggetto non recupererebbe in maniera coerente il ricordo, ma mancherebbe di un esame di realtà concreto e logico non permettendogli così di valutare la veridicità della traccia.

Cosa accade nel cervello durante la confabulazione

Questo mancato esame obiettivo dei ricordi porterebbe, nelle forme più gravi, l’attuazione anche di comportamenti non attinenti alla realtà. Non a caso le regioni anatomiche depurate al controllo di questi meccanismi, quali il monitoraggio e ricerca, sono la corteccia orbito frontale e ventromediale, una lesione a queste aree produrrebbe la mancata attivazione di questi meccanismi. In ultimo, alcuni autori hanno cercato di dare una chiave interpretativa più psicologica, sottolineando come questo disturbo possa essere una forma di difesa adottata dal paziente, poiché il produrre memorie e dettagli non veri può essere una strategia difensiva per rimuovere ed eliminare eventi negativi che producono sofferenza alla vita psichica e mentale del soggetto (Fotopoulou, 2010). Molti pazienti, come abbiamo detto precedentemente, sviluppano la confabulazione in conseguenza a non solo traumi cranici o aneurismi ma abbiamo una ricca comorbilità anche con disturbi psichiatrici, questi ultimi possono produrre stati di sofferenza e di depressione e la confabulazione può esser vista come meccanismo di evasione da una nuova realtà non accettata.

di Chiara Spinaci

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