Sesso di Gruppo e Aggressività secondo la Psicologia

sesso gruppo
Quando l’oggetto di studio o di riflessione è la sessualità umana, molte delle discipline nelle scienze sociali non possono più prescindere oramai dal dilagante e massiccio contributo che la psicoanalisi, specialmente quella di stampo freudiano, ha fornito nell’esplicitare un’argomentazione tanto sensibile ed al contempo importante. D’altro lato, sebbene altri validi tentativi siano stati attuati tanto da psicologi quanto da sociologi, enfatizzando gli uni la prospettiva maggiormente individuale e di complessi interni, gli altri le influenze dell’ambiente o di dati contesti culturali, l’osservazione dell’oggetto sessualità umana focalizza ancora un’attenzione pressoché totale sulla relazione di coppia, ivi compresi gli aspetti “istintivo-carnali”.

E’ in realtà noto, specie storicamente, come la sessualità umana abbia fin da tempi remoti mostrato lati diversi e variegati, non limitati ad una partecipazione “nucleare” dell’atto e non limitati alle prassi oggi più diffuse e conosciute. Chiaramente, all’interno di una prospettiva che è anch’essa sociologica o propria delle scienze sociali, è implicito il riconoscimento alternato dell’una o di altre forme della sessualità da parte dei sistemi sociali, in piena dipendenza del “framework” e dello specifico tessuto culturale di una data epoca. Attualmente, dove la “liquida” condizione del postmoderno accelera un mutamento in pieno atto, dove i vincoli tradizionali vedono un declino progressivo, proprio della condizione dei residui culturali, la letteratura e la riflessione su questo specifico fenomeno che è la sessualità di gruppo sembrerebbe paradossalmente scarseggiare o comunque non avere la stessa attenzione che invece la sessualità di coppia d’altro lato detiene. Forse si è ancora in presenza di un parziale “tabù”; o forse, il fenomeno è ben complesso ed ancora sotto accesa discussione accademica. O forse, è quello stesso framework di un sistema sì in mutamento, ma che tramite operato sotto-sistemico, non riesce ancora completamente a decodificare. L’obiettivo di tale scritto è dunque quello di una breve riflessione che, nonostante la sua ristretta natura, non provi soltanto ad ampliare le prospettive psicoanalitiche con quelle sociologiche ed antropologiche, ma a fornire alcuni input su un fenomeno che, ancor più di un rapporto nucleare, è relazione sociale amplificata.

Sesso e Aggressività secondo Kernberg

Il primo passo di questo breve excursus prende le mosse dalla prospettiva psicoanalitica, non già freudiana, ma quella delle interessanti rivisitazioni operate da Kernberg (1995). Sebbene anch’egli descriva la relazione d’amore nei termini della coppia, il modello psicoanalitico della relazione fornisce un contributo fondamentale a quello che è il desiderio erotico di base: in termini teorici, un sottile equilibrio della libido, tra impulsi istintivi-distruttivi e controlli inibitori. Kernberg traduce esplicitamente l’eros nel desiderio di penetrare attivamente o essere penetrati passivamente ed il conflitto di cui sopra come scissione tra la morale convenzionale dell’amore affettivo e l’erotismo fisico ed aggressivo.

Il Desiderio Erotico secondo la Psicoanalisi

Il desiderio erotico è dunque frutto del senso di sfida a tale proibizione, della trasgressione implicita di tale morale; e nella trasgressione, nella fisicità semi-istintiva dell’atto, è resa palese quell’aggressività che la morale convenzionale tende ad offuscare in virtù del sentimento e dell’affettività. Elementi quest’ultimi che agiscono quali contenitori di quell’aggressività, che la limitano per contestualizzarla ad una relazione amorosa; stando alle teorizzazioni di Kernberg difatti, tale aggressività nell’individuo rimarrebbe su un livello prevalentemente inconscio che la rifletterebbe sullo stesso partner, la cui violazione dei suoi confini, la sua deflorazione e le sue sofferenze diventerebbero fonte di piacere e gratificazione.

Finchè tale aggressività rimane circoscritta o legata ad un framework che è quello amoroso, i clinici vedono il fenomeno come “sano” ed accettabile. Nei casi in cui tale meccanismo è portato all’estremo (es. masochismo, ecc.) tale sottosistema comincerebbe ad osservare alcuni di questi fenomeni in termini “patologici”. Giacché, l’ambivalente intensità degli aspetti affettivi e sadomasochistici è definita come il cemento della relazione sessuale: una combinazione generalmente equilibrata tra lato tenero e lato “perverso” nella quale l’eccitamento e l’appagamento sono vissuti nei termini di fusione con l’altro. Tali concettualizzazioni forniscono una valida idea su quella che è la relazione sessuale nei suoi aspetti basilari: pertanto, molti degli elementi citati possono rimanere validi. Tuttavia, nel caso delle pratiche di gruppo, è il framework a cambiare.

Sesso di gruppo e aggressività in Psicologia

 

Se nella relazione duplice, l’affettività ed il sentimento si pongono esse stesse come “cornici” nelle quali si consuma il contatto sessuale, nella relazione multipla tale framework generalmente non sussiste. La cornice è pressoché diversa, dal momento che come si vedrà in seguito, la sessualità di gruppo è concettualmente e storicamente collegata al rito. In quanto rapporto occasionale, l’attività sessuale di gruppo spesso non prevede una conoscenza personale dei partner, per quanto d’altro canto sia possibile parlare di partner; difatti quest’ultima, a differenza della relazione sessuale di coppia, non prevede una necessaria cooperazione e può alternare momenti di pura individualità a quelli di coinvolgimento del gruppo intero, dipendentemente dalle pratiche.

Ciò che teoricamente ne consegue è che, mutando il framework l’informalità contrapposta alla maggiore formalità della relazione di coppia, il senso di trasgressione amplificato da un’esperienza “alternativa” e l’ebbrezza del capovolgimento dell’ordine, lascerebbero più spazio ad una maggiore e meno sottesa aggressività. Storicamente, nell’antichità, in culture quali quella greca e romana i “baccanali” erano momenti religiosi nei quali la pratica orgiastica era parte dei rituali.

Antropologicamente, il “rituale” è osservato quale azione meccanicizzata volta al controllo del futuro e delle azioni: in questo senso, le analogie storicoconcettuali col tema del rituale sacrificale risultano di grande aiuto. Il sacrificio consentiva in origine di organizzare la violenza e creare unanimità, in quanto faceva agire i membri del gruppo contro quell’unico soggetto ritenuto responsabile di un danno o di una crisi; un’aggregazione nel quale le forze collettive sono unite contro le forze spicciole dell’individuo (Girard, 2003).

E’ possibile trovare in ciò un residuo di quelle che sono oggi le moderne prassi della sessualità orgiastica liberate dal fattore religioso: specie nelle situazioni in cui l’unico elemento passivo, ovviamente consenziente, carica sul proprio corpo le pulsioni e le scariche aggressive dell’intero gruppo. La violenza, in tali frangenti aggressività sessuale potenziata, è scaricata sulla sofferenza/godimento della “vittima sacrificale” per il piacere e la gratificazione condivisa dagli individui del gruppo. Il meccanismo dell’azione gruppale è ancor più potente nelle prassi estreme, dove l’elemento passivo è schernito ed il ruolo di vittima o “capro espiatorio” è palesemente valorizzato come deterrente dell’attività di gruppo. A queste parentesi, dove il gruppo agisce unanimemente sulla vittima passiva, si affiancano altri scenari nei quali l’azione individuale è elemento predominante: in un incastro massiccio di corpi e nudità, l’individuo può liberamente soddisfare il suo appetito sessuale passando da un elemento all’altro, da un corpo all’altro.

 

Il tema della ritualità e della trasgressione nel sesso di gruppo

L’informalità, la trasgressione amplificata della cornice, l’assenza di sentimenti, fanno sì che anche in tali azioni l’aggressività non sia un elemento limitato come nella relazione di coppia, ma elemento rafforzato che aumenta l’eccitamento. L’affettività ritaglierebbe generalmente uno spazio molto marginale, in misura sufficiente affinché un’aggressività spinta non sfoci in violenza pura. In questi contesti, siano essi ad orientamento omo o etero sessuale, sodomizzazioni ed altre pratiche più rudi troverebbero una maggiore libertà di applicazione rispetto al contesto di coppia, giacché l’individuo non sarebbe interessato al benessere dell’alter, essendo al contrario eccitato dagli effetti fisici (godimento, sofferenza o orgasmo) che le sue azioni meno delicate provocano sui corpi.

Fondamentalmente, un tale contesto si presenta per certi versi come anomico e non a caso spesso affiancato all’immaginario comune del disordine e del caos. Forse, riallacciando la questione alle teorizzazioni di Kenberg, è quel caos che alcuni individui potrebbero percepire come bisogno, per fuggire da un rapporto d’amore esageratamente chiuso e dai confini troppo rigidi, il cui unico modo per sopravvivergli sia quello di romperlo rintanandosi nel gruppo e nel disordine per assaporare di nuovo la libertà, etica e sessuale. O al contrario, cogliendo la prospettiva di Adorno (1951), è l’esacerbare una “volontà di possesso” implicita nel rapporto amoroso: l’attaccamento diviene tale da non consentire più di guardare ad una semplice persona amata, ma da trasformare tutti gli individui in semplici oggetti dell’amore. Un diritto di proprietà che si estenderebbe non soltanto su un corpo, ma su molti corpi. Sulle motivazioni il dibattito è attualmente aperto: su tale fenomeno, le considerazioni (discutibili) di alcuni studiosi appaiono esporre toni addirittura riprovevoli, non mancando di etichettare “patologici” simili comportamenti. Ma l’aggressività è un fatto connaturato nella relazione amorosa animale e dunque anche umana: la sessualità di coppia ed ancor più quella di gruppo enfatizzano un’aggressività che tuttavia fatica ad essere notata obiettivamente, poiché ancora intrappolata nei meandri di una morale come prodotto culturale nonché di una visione falsata ed armoniosa dell’amore. In conclusione, una visione che la prospettiva sociologica di Adorno descrive anzi come “paralizzata”, perché l’amare in più compromette un rapporto di scambio limitato, all’interno di un contesto dove la gravità sociale tende a predeterminare la formazione degli impulsi e a creare modelli convenzionali di sessualità.

di Raffaele Cellini

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