Comunicazione Non Verbale: Gesti, Psicologia, Bugie

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Come illustrato nel capitolo precedente, la comunicazione non verbale rappresenta il 55% del messaggio comunicativo. Ma cosa si intende per comunicazione non verbale? La sua spiegazione non è univoca, esistono differenti definizioni a seconda dei diversi autori che trattano l’argomento.

Per Argyle, professore e sociolinguista inglese (1969), la comunicazione non verbale comprende la postura, i movimenti mimici e gestuali, l’aspetto fisico, il contatto diretto, la direzione dello sguardo, il tatto e il comportamento spaziale o prossemica.

Considera inoltre il linguaggio del corpo in parte innato e in parte dipendente dai processi di socializzazione. La natura innata di tale tipologia di comunicazione è una caratteristica sostenuta e riscontrata da molti. Diversi autori, tra i quali Ekman, hanno osservato che i meccanismi alla base della comunicazione non verbale e soprattutto le espressioni facciali emozionali sono assai simili in tutte le culture, ciò che risulta differente rispetto ad alcune tipologie di messaggi è l’interpretazione e la rielaborazione che ogni cultura fa di essi.

Questo significa che forme di comunicazione non verbale perfettamente comprensibili per persone appartenenti ad una determinata cultura possono invece essere, per chi ha un altro retaggio culturale, assolutamente incomprensibili o addirittura avere un significato opposto a quello che si intendeva trasmettere. D’altro canto però esistono messaggi considerati universali, interpretati ed elaborati allo stesso modo dalle più svariate culture (Ekman, Sorenson, & Friesen, 1969).

La definizione più completa e utilizzata secondo Neuburger e Gulotta (1996) è quella suggerita da Ekman e Friesen (1969), i quali attraverso i loro studi, hanno proposto una tripartizione del comportamento non verbale e ne hanno individuato le funzioni.

Secondo i due autori il comportamento non verbale si suddividerebbe in:

  • Il comportamento non verbale informativo che comprende gesti che hanno un significato condiviso e generano interpretazioni simili tra gli osservatori;
  • Il comportamento non verbale comunicativo che raggruppa tutti quei gesti che consentono all’emittente di inviare un preciso segnale al ricevente, in maniera consapevole;
  • Il comportamento non verbale interattivo che include i gesti utilizzati per influenzare e modificare il comportamento interattivo degli altri.

Per quanto riguarda le funzioni del comportamento non verbale invece, ne sono state individuate 5 in relazione alla comunicazione verbale. Esse sono:

  1. La ripetizione: il messaggio non verbale ripete il significato del messaggio verbale; vi è quindi corrispondenza tra comunicazione verbale e non verbale.
  2. La contraddizione: il messaggio non verbale non solo non ripete, ma contraddice il messaggio verbale; non vi è quindi corrispondenza tra comunicazione verbale e non verbale.
  3. La complementarietà: il messaggio non verbale conferma ed integra il messaggio verbale.
  4. L’accentuazione: il messaggio non verbale sostiene e conferisce un peso e una forza maggiore al messaggio verbale.
  5. La regolazione: la gestualità, la direzione o la fissazione dello sguardo e la mimica facciale servono a regolare il flusso comunicativo e lo scambio sociale.

Ciò che più interessa la rilevazione della menzogna è sicuramente la contraddizione che può venirsi a creare tra i diversi piani comunicativi. Di particolare importanza inoltre per la condotta menzognera e la sua individuazione, sono i comportamenti cinesici, cioè quei movimenti del corpo che riguardano la gesticolazione, i movimenti del tronco, degli arti, delle mani, le espressioni di mimica facciale, in particolare il riso, il sorriso, i movimenti oculari e la postura (Neuburger & Gulotta, 1996).

Questi atteggiamenti non segnalano in particolare la menzogna, ma indicano che vi sono delle emozioni sottostanti ad essa, che potrebbero essere la paura di essere scoperti, la paura di non essere creduti, la paura di essere fraintesi, etc (O’Sullivan, Ekman, & Friesen, 1988). Quando l’osservatore non tiene conto però della possibilità che il sospettato possa mostrare tali segni per ragioni che non riguardano il caso in questione e la sua falsificazione, commette il cosiddetto “errore di Otello”. Questo è così chiamato in riferimento all’omonimo romanzo di Shakespeare: quando Desdemona è obbligata da Otello ad ammettere di essere l’amante di Cassio, chiede un confronto con quest’ultimo; Otello prontamente le confessa di averlo ucciso. La donna a questo punto si dispera per l’impossibilità di provare la propria innocenza, disperazione che viene però letta da Otello come conferma del sospetto di tradimento.

I principali segni del comportamento non verbale correlati alla menzogna secondo Friesen e Ekman (1989) sono principalmente due:

a) il leakage, considerato come trapelamento, è la manifestazione di quei comportamenti che non si riescono a “contenere” e perciò “fuoriescono”. Questo fenomeno, che può tradire il soggetto che mente, si presuppone che derivi da una reazione psicologica causata dai sentimenti di colpa, vergogna e umiliazione che nascono dal contrasto con le norme sociali.

b) La contraddizione tra l’emozione mostrata e l’emozione espressa, vi è cioè una discordanza tra ciò che il soggetto dice e ciò che dovrebbe provare.

Per individuare quale fosse, tra i diversi canali presi in considerazione (viso, gesti, postura, etc) quello più efficace nel tradire la menzogna, Ekman (1989) condusse un esperimento servendosi di un gruppo di allieve infermiere «perché per loro era importante riuscire a dissimulare proprio questo tipo di emozioni e l’esperimento offriva l’occasione di esercitare una competenza

professionalmente utile. Un’altra ragione era evitare il problema etico di esporre persone qualunque a scene così sgradevoli. Le istruzioni che venivano fornite erano le seguenti: se lavorate in un pronto soccorso e arriva trafelata una madre con un bambino ridotto in condizioni disperate, non potete manifestare la vostra pena, anche se sapete che il bambino soffre moltissimo e ha scarse probabilità di sopravvivere. Dovete tenervi dentro i vostri sentimenti e calmare la madre finché non arriva il medico. Oppure, immaginate come farete quando dovrete ripulire dalle feci un paziente che non controlla più i movimenti intestinali. Il paziente proverà imbarazzo o vergogna di essere ridotto in uno stato infantile. Voi probabilmente sentirete disgusto, ma dovrete nascondere questa sensazione. L’esperimento vi offre un’occasione di mettere alla prova e di esercitare la vostra capacità di controllare l’espressione delle emozioni. Prima vedrete un filmato che mostra piacevoli scene marine; mentre lo guardate dovrete descrivere sinceramente le vostre impressioni a un intervistatore che non vede il film. Poi vi presenteremo le più orribili scene che può capitarvi di vedere in anni di lavoro ospedaliero. Mentre guarderete questo secondo filmato, dovrete nascondere le vostre reali sensazioni e far credere all’intervistatore che state vedendo un gradevole documentario; potete dire che vedete scene di fiori nel Golden Gate Park. Sforzatevi più che potete.» (p.44)
Entrambe le prestazioni furono videoregistrate e successivamente mostrate ad un gruppo di soggetti ai quali venne chiesto di valutarne la sincerità. Ad alcuni di questi soggetti venne mostrato solo il corpo delle infermiere, ad altri solo il viso, ad altri ancora furono fatte ascoltare solo le parole .
I risultati peggiori furono conseguiti da coloro che dovettero basare la loro valutazione solo sull’espressioni del volto: essi infatti considerarono più oneste proprio le interviste dove le allieve mentivano; si lasciarono persuadere dalla mimica facciale finta, ignorando le espressioni che potevano rivelare le sensazioni autentiche. I risultati migliori invece furono ottenuti dai quei soggetti che ebbero la possibilità di visionare l’intero corpo.
Tali canali rilevanti saranno analizzati nel dettaglio nei prossimi paragrafi.

di Denise Isabella

Corso Comunicazione Non Verbale

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