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Tecniche di Persuasione

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LE INFLUENZE SOCIALI SUL COMPORTAMENTO

In quanto esseri sociali e pensanti siamo sensibili alle pressioni che il mondo sociale esercita su di noi, ovvero alle pretese, alle richieste, alle aspettative, ai giudizi reali o immaginari, che ci arrivano dagli altri, in un flusso continuo. Queste vengono chiamate PRESSIONI O FORZE SOCIALI.

KURT LEWIN

Comprese che il pensiero e il comportamento delle persone vengono influenzati e indirizzati verso il bene o il male dall’ambiente sociale in cui sono immerse e si proposi di individuare i principi psicologici che sottostanno a queste influenze. Convinto assertore delle modalità sperimentali di laboratorio, l’autore era solito identificare i problemi e formulare le ipotesi partendo dall’osservazione dei fenomeni nel mondo reale, quindi sottoponeva a verifica le sue ipotesi nelle condizioni controllate della sperimentazione in laboratorio. La  prospettiva teorica di L. che chiamò TEORIA DEL CAMPO, si fondava sulla premessa concettuale che ogni persona sia immersa in un campo di forze che agiscono simultaneamente trascinandola o spingendola in direzioni diverse. Alcune di queste forze sono di natura endogena, altre sono di natura esogena e interagiscono con le prime. Tuttavia per esercitare la propria influenza le forze sociali devono prima essere interpretate dalla persona. L’autore si proponeva di individuare i diversi tipi di forze e le condizioni che ne influenzano la potenza relativa, in modo da poter prevedere gli effetti che particolari cambiamenti sociali possono determinare sul comportamento di un individuo. A tal proposito L. e i suoi collaboratori scelsero di condurre esperimenti in cui variavano una sola forza sociale per volta.

BIBB LATANE

In anni più recenti il concetto di forza sociale è stato rielaborato dall’autore in quella che lui ha chiamato TEORIA DELL’IMPATTO SOCIALE. L. definisce l’impatto sociale come qualunque cambiamento che si verifica in un individuo quale conseguenza della presenza o dell’azione, reale, implicita o immaginaria di altre persone. La teoria dell’impatto sociale è interessata a identificare le variabili che rafforzano o indeboliscono l’impatto di una forza sociale. Secondo la terminologia introdotta da L. si chiama FONTE la persona che esercita la forza sociale e BERSAGLIO, chi ne sperimenta l’impatto. La teoria di L. consta di 3 postulati generali.

Una delle forme più ovvie e più potenti dell’influenza sociale è rappresentata dalla RICHIESTA DIRETTA. In base ai principi della teoria dell’impatto sociale, le probabilità che si accondiscenda a una richiesta aumentano se:

-essa viene rivolta da una persona di condizione sociale elevata

-se chi la rivolge è davanti a chi la riceve

-se la richiesta viene fatta da più persone contemporaneamente

-se chi la riceve è solo

Sia esperimenti di laboratorio che osservazioni sul campo confermano la validità di questi 4 punti. Si usa il termine OBBEDIENZA per indicare la compiacenza verso le richieste che provengono da persone percepite come leader o come autorità, per cui tale richiesta è sentita come un ordine o un comando. In generale siamo portati a ritenere l’obbedienza un tratto positivo, ma essa presenta anche lati negativi

MILGRAM

Fece diversi studi e ricerche sull’obbedienza attraverso delle scariche elettriche date da un soggetto che svolgeva il ruolo di insegnante e una vittima che svolgeva il ruolo di allievo. Qual è la spiegazione più probabile a questi risultati?

-le convinzioni preesistenti circa l’autorità e il valore della scienza

-la sicurezza di sé dello sperimentatore e la sua assunzione delle responsabilità

-la vicinanza fisica dello sperimentatore e la lontananza dell’allievo

-la natura sequenziale del compito

Tali esperimenti portarono alla conclusione che le convinzioni preesistenti circa il valore dell’obbedienza, la sicurezza manifestata da chi rappresenta un’autorità, la vicinanza fisica dell’autorità e la natura sequenziale dei compiti sono tutti fattori che possono contribuire al verificarsi di atrocità reali, esattamente come negli esperimenti di Milgram.

Vediamo più approfonditamente in che modo il comportamento di una persona può essere influenzato dalla presenza di altri e dal loro esempio. La tendenza a eseguire meglio un compito in presenza di altri fu ben presto riconosciuta come una regola generale del comportamento, indicata con il termine di FACILITAZIONE SOCIALE. Se molti esperimenti confermano tale fenomeno, altri dimostrano l’esistenza di un effetto opposto, L’INTERFERENZA SOCIALE, ovvero il declino del rendimento quando un compito viene eseguito in presenza di altri. Perché in alcuni esperimenti si manifesta il fenomeno della facilitazione sociale e in altri quello dell’interferenza?

ROBERT ZAJONC

Nel passare in rassegna gli esperimenti condotti fino ad allora, l’autore notò che la facilitazione sociale tendeva a manifestarsi nei compiti relativamente semplici o nei compiti nei quali il soggetto aveva acquistato notevole padronanza, mentre il fenomeno dell’interferenza sociale si manifestava di solito nei compiti più complessi o che richiedevano al soggetto qualche nuovo apprendimento. A partire da tali osservazioni Zajonc propose il seguente principio a carattere generale: la presenza di altri individui facilita la prestazione nelle risposte dominanti (abituali, semplici o istintivi) e interferisce con la prestazione nelle risposte non dominanti (non abituali, complesse o innaturali). L’autore ha spiegato entrambi gli effetti mettendoli in connessione con un fenomeno più generale: gli effetti sulla prestazione prodotti  da un’elevata attivazione fisiologica o da una pulsione. Secondo l’autore la presenza di altri individui produrrebbe, quale effetto primario, un aumento d’intensità dell’attivazione o della pulsione, in conseguenza del quale le risposte già facili diventano ancora più facili e quelle difficili ancora più difficili. Prove a sostegno di questa teoria sono venute da varie ricerche.

Molti psicologi sociali hanno indagato pure su quello che viene chiamato FENOMENO DELLO SPETTATORE CHE NON REAGISCE. Come evidenziato da molti risultati sperimentali, è più probabile che una persona accorra in aiuto della vittima di un incidente se è l’unica testimone, anziché quando sono presenti anche altri. Gli studiosi hanno suggerito 3 possibili spiegazioni tra loro correlati, per questa tendenza.

INFLUENZA NORMATIVA

INFLUENZA INFORMATIVA

DIFFUSIONE DELLA RESPONSABILITà

Ancora possiamo dire che le persone quando si trovano in una folla o in un gruppo numeroso, possono arrivare a compiere azioni che da sole non farebbero, talvolta anche azioni orribili. Oggi gli psicologi definiscono DEINDIVIDUAZIONE. Questo fenomeno che pare originato dalla combinazione di un ridotto senso della responsabilità personale, dovuto all’anonimato conferito al singolo dalla folla e di uno spostamento dell’attenzione da sé verso gli stimoli esterni, altamente eccitanti, collegate alle azioni che quella folla sta compiendo. Tramite l’indebolimento dell’autoconsapevolezza e delle inibizioni, la deindividualizzazione rende molto più frequente il manifestarsi non soltanto di comportamenti violenti, ma anche di ogni sorta di comportamento fuori dalla norma sociale.

CONFORMISMO

Il proposito iniziale di Asch era quello di dimostrare l’assenza di conformismo ovvero la coerenza dei soggetti nel sostenere opinioni fondate sulla propria diretta esperienza percettiva. Sin dai primi esperimenti però, i risultati furono così sorprendenti da indurre l’autore a volgere le sue ricerche in un’altra direzione. La procedura utilizzata dall’autore era quella di far scegliere al soggetto, fra 3 linee di confronto, quella di lunghezza uguale alla linea campione. I complici degli sperimentatori erano stati istruiti a fornire unanimemente una risposta sbagliata , nel corso di prove definite critiche. Nell’esperimento di Asch  i soggetti si adeguarono all’opinione della maggioranza a causa dell’influenza informativa o normativa? Ovvero i soggetti ipotizzavano che la risposta della maggioranza  era indice della realtà oggettiva, per ciò che riguardava la lunghezza delle linee in esame, oppure si conformavano alla maggioranza per paura di apparire diversi o non normativi rispetto agli altri partecipanti? Esperimenti più recenti indicano che l’influenza che spinge al conformismo è soprattutto di natura normativa quando il compito è facile, mentre è principalmente informativa quando il compito da eseguire è difficile. Questi esperimenti descritti sul conformismo sono stati condotti in condizioni artificiose, ora esaminiamo alcuni studi condotti in condizioni più naturali. Un ottimo punto di partenza per esaminare le dinamiche della discussione in gruppo è rappresentato dal classico esperimento condotto da Kurt Lewin durante la seconda guerra mondiale. Fra i tanti problemi causati dalla guerra, gli stati uniti avevano anche quello della scarsità di carne. Per farvi fronte, le autorità governative cercarono di persuadere la popolazione a mangiare frattaglie che erano disprezzate. L’autore mosse dall’ipotesi che il rifiuto di consumare interiora fosse motivato dalla sensazione diffusa tra i cittadini americani che ciò sarebbe stato giudicato  dagli altri un’azione deviante della norma comportamentale. Questa supposizione suggerì all’autore che gli americani potevano essere indotti a mangiare interiora, a patto di convincerli che gli altri non li avrebbero giudicati male per questo; di qui l’ipotesi che la discussione in gruppo sarebbe stata uno strumento efficace per raggiungere lo scopo. Per affermare il principio in termini generali, quando le persone sono favorevoli personalmente a una data forma di comportamento , ma non la mettono in pratica per paura di ciò che gli altri possano pensare, una discussione che mette in chiaro le opinioni degli altri può portare a modificare quel comportamento.

Dopo Lewin sono stati condotti innumerevoli esperimenti psicosociali per studiare gli effetti che la discussione in gruppo può produrre sugli atteggiamenti delle persone in dipendenza di fattori quali la composizione del gruppo che prende parte alla discussione, il particolare argomento trattato e la modalità con cui si svolge la discussione. Uno dei risultati più certi e ripetibili di tali esperimenti è il fenomeno definito POLARIZZAZIONE DEL GRUPPO, la cui regola generale si può esprimere nel modo seguente: se persone che su un certo argomento propendono per la stessa opinione si riuniscono a discutere assieme, al termine della discussione adotteranno in maggioranza un atteggiamento ancor più estremo, nella stessa direzione del loro orientamento iniziale. La polarizzazione del gruppo può avere conseguenze importanti sul piano sociale. Le decisioni prese collettivamente da un gruppo sono a volte migliori a volta peggiori di quelle che i suoi membri prenderebbero individualmente. Janis ha coniato il termine PENSIERO DI GRUPPO definito come il modo di pensare che le persone sviluppano quando sono profondamente coinvolte in un gruppo molto coeso al suo interno, e nel quale la tensione verso l’unanimità supera la personale motivazione dei membri a valutare in modo realistico gli esiti alternativi di una possibile strategia d’azione. Ciò che la singola persona fa influisce sul benessere delle altre, e ciò che gli altri fanno influisce sul benessere del singolo. Questa interdipendenza può avere segno positivo o negativo. Per INTERDIPENDENZA POSITIVA si intende la condizione in cui il successo percettivo o reale di una persona dipende dal successo di altri; per INTERDIPENDENZA NEGATIVA si intende la condizione in cui il successo, percepito o reale di una persona dipende dall’insuccesso di altri. Entro una coppia o entro un gruppo di persone possono valere contemporaneamente relazioni d’interdipendenza sia positiva che negativa. Una relazione d’interdipendenza può, in molti casi, essere interpretata sia in termini positivi che negativi; sorge allora un dilemma. Gli psicologi sociali definiscono un DILEMMA SOCIALE una situazione in cui interpretare una determinata strategia d’azione porterà

-un beneficio a colui che la mette in atto

-un danno a coloro che non la intraprendono

-più danni che benefici a ognuno, se tutti la mettono in atto. Tutti noi ci troviamo di fronte a dilemmi sociali, alcuni di minor rilevanza, altri con conseguenze di vasta portata. Per determinare quali condizioni influenzano le scelte delle persone che devono risolvere un dilemma sociale, gli psicologi hanno inventato giochi incentrati sui dilemmi di questo tipo, giochi che vengono poi proposti ai soggetti nel corso di sedute in laboratorio.

Le persone tendono a classificare gli altri in categorie precise, ovvero a distinguerli in membri del gruppo interno e membri del gruppo esterno, e a favorire i primi. Identificarsi con il gruppo rende le persone più disponibili ad aiutare i membri del gruppo interno, ma diminuisce la loro propensione ad aiutare quelli del gruppo esterno. Purtroppo nella vita reale i gruppo tendono anche a vedere in modo negativo la reciproca interdipendenza, molto più spesso di quanto non facciano le singole persone , e spesso questa interpretazione li porta a superare il limite della sana competitività per arrivare a un’ostilità conclamata, sostenuta da reciproco disprezzo. L’intera storia del genere umano può essere vista come la manifestazione di una continua conflittualità fra gruppi.

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