Come analizzare la Pericolosità Sociale del criminale

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Quando si parla di pericolosità sociale si fa riferimento all’aspetto prettamente clinico del rapporto fra malattia mentale ed aggressività agita, riassunta dallo psichiatra clinico statunitense Andrew Skodol[1].

Egli presenta innanzitutto una correlazione fra le patologie dell’Asse I del DSM IV-TR e i reati violenti:

  • La maggior parte di coloro che sono affetti da disturbo mentale maggiore non commette crimini violenti;
  • Coloro che sono affetti da disturbo mentale maggiore e commettono crimini agiscono soprattutto nei confronti di familiari e conoscenti;
  • Un corretto trattamento terapeutico aiuta coloro che sono affetti da disturbo mentale maggiore a contenere gli agiti aggressivi;
  • I problemi più gravi si riscontrano quando al disturbo mentale maggiore si associa l’abuso di sostanze.

Per quanto riguarda, invece, l’associazione fra patologie dell’Asse II e reati violenti, si riscontra una percentuale maggiore fra i criminali di disturbi di personalità, in particolare antisociale, borderline, schizoide e paranoide; in misura minore narcisistico ed istrionico e più raro quello dipendente.

Un accenno a sé merita il disturbo sadico di personalità che dal DSM IV è completamente sparito, ma che, secondo Skodol, rappresenta una condizione in stretta correlazione con i reati violenti.

Il soggetto sadico presenta le seguenti caratteristiche:

  1. Usa crudeltà o violenza fisica per stabilire dominanza sulla vittima;
  2. Umilia le persone in presenza di altri;
  3. Usa una dura disciplina sui bambini e sul coniuge;
  4. Prova piacere per la sofferenza altrui;
  5. Mente per provocare sofferenza;
  6. Intimidisce;
  7. Limita l’autonomia altrui;
  8. Si mostra affascinato dalla sofferenza, dalle armi, dalle torture, dalle arti marziali e dalle ferite.

Il sadismo permane nel contesto delle parafilie, dove viene registrato come sadismo sessuale; a partire dal DSM IV-TR viene formulata diagnosi di sadismo sessuale anche senza la necessità che il disturbo causi disagio significativo, personale, sociale e lavorativo al soggetto.

La predizione di pericolosità sociale si evince dall’art. 203 del Codice Penale, che definisce così una persona socialmente pericolosa:

… anche se non imputabile o non punibile [la quale] ha commesso taluno dei fatti indicati […] ed è probabile che commenta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell’art. 133.

In Italia il quesito della pericolosità viene posto in seguito a quello dell’imputabilità: non si può accertare la pericolosità sociale di un soggetto se prima non è stata accertata la presenza di un vizio di mente da parte di un perito.

L’accertamento di imputabilità e pericolosità sociale prevedono:

  • Con vizio totale di mente e presenza di pericolosità sociale, proscioglimento ed internamento in OPG fino alla cessazione della pericolosità sociale stessa;
  • Con vizio totale di mente e mancanza di pericolosità sociale, proscioglimento e archiviazione del caso;
  • Con vizio parziale di mente e presenza di pericolosità sociale, pena diminuita di un terzo e successivamente internamento in casa di cura o custodia fino alla cessazione della pericolosità sociale stessa;
  • Con vizio parziale di mente e mancanza di pericolosità sociale, pena diminuita di un terzo.

In Italia la valutazione della pericolosità sociale è di tipo criminologico-clinico, dunque, generalmente, vengono usati reattivi mentali proiettivi, quali, ad esempio, test di Rorschach e TAT (test di appercezione tematica).

Il primo consiste in una serie di 10 tavole che riproducono macchie d’inchiostro con due parti simmetriche. Esso è suddiviso in somministrazione, inchiesta, prove supplementari in presenza del soggetto; in seguito avviene l’elaborazione dei dati attraverso siglatura, psicogramma (computo dei dati) ed interpretazione.

Durante la somministrazione al soggetto viene chiesto cosa vede nelle figure delle varie tavole. Il test analizzala parte più profonda della personalità e, in particolare in ambito forense, consente di dirimere dubbi diagnostici, rispondere a quesiti circa la simulazione di malattia mentale, portare utili informazioni circa l’attendibilità alla testimonianza e documentare il grado di deterioramento o destrutturazione della personalità del periziando.

Il secondo è composto da 20 tavole con delle figure tramite cui il soggetto deve costruire una storia, dicendo quali sono i moventi che hanno determinato la situazione mostrata nella figura, che cosa avviene in quel momento, quello che sentono e pensano i personaggi e come si conclude la storia.

[1] Skodoll A. (2000), Psicopatologia e crimini violenti, Torino: Centro Scientifico Editore.

di Maria Esposito

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