Psicologia Criminale applicata al Delitto di Pordenone

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Il caso si riferisce all’omicidio di due giovani fidanzati, Trifone Ragone e Teresa Costanza, la sera del 17 marzo 2015 davanti alla palestra in cui i due si allenavano a Pordenone.

Dalla modalità usata dall’assassino è da subito sembrato un omicidio premeditato di cui ancora, ad ora, si cercano un colpevole ed un movente. Unico indagato come esecutore materiale è un commilitone di Trifone Ragone, Giosuè Ruotolo, e la sua fidanzata, Maria Rosaria Patrone, per favoreggiamento.

Come si è arrivati a Giosuè Ruotolo?

  1. LUOGO DEL DELITTO. L’agguato avviene tra le 19,40 e le 19,50 del 17 marzo 2015 nel parcheggio della palestra. Ruotolo sosta in quel parcheggio per 8 minuti, allontanandosi subito dopo il delitto;
  2. LE PALESTRE. A metà gennaio Ruotolo si iscrive nella stessa palestra in cui si allenano Teresa e Trifone. Paga due abbonamenti e dopo il delitto cambia palestra;
  3. L’AUTO. Un testimone afferma di aver visto un’Audi A3 allontanarsi dal parcheggio subito dopo gli spari e, in effetti, le telecamere riprendono quest’auto con un fanalino rotto e altri tratti distintivi che la riconducono a quella di Ruotolo;
  4. IL PERCORSO. Quest’auto sfugge alle telecamere per 7 minuti e, in base al posizionamento delle stesse, la macchina ha potuto sostare solo nel parcheggio della palestra;
  5. IL LAGHETTO. I sommozzatori ritrovano l’arma del delitto nel laghetto poco distante dalla palestra; zona in cui Ruotolo dice di essere andato a correre dopo non aver trovato parcheggio per andare in palestra.

Al centro di questo caso vi è l’analisi di tutti i dispositivi tecnologici usati dai due fidanzati, pc e telefoni cellulari. Negli ultimi tempi, inoltre, è stato trovato dagli inquirenti un profilo Facebook, denominato “Anonimo Anonimo”, che sembra essere stato aperto da Maria Rosaria ed usato poi da Giosuè per inviare continui messaggi a Teresa, spacciandosi per un’amante di Trifone.

Ecco alcuni dei contenuti di questi messaggi: “Trifone ti tradisce”, “Sei una stupida, una poveretta”, “Io sono più bella di te”.

Gli esperti informatici hanno appurato che i messaggi di questo finto profilo partivano da un computer presente all’interno della caserma.

Gli inquirenti credono che Maria Rosaria abbia avuto il ruolo di istigatrice dell’omicidio poiché, se è vero che al momento dell’omicidio si trovava a Napoli, è pur vero che ha contribuito a fornire alibi o coperture al fidanzato omettendo alcuni dettagli di cui poteva essere a conoscenza o modificando e cancellando la cronologia di taluni messaggi e chat in Internet.

Si è pensato che il movente dell’omicidio potesse essere la gelosia di Giosuè Ruotolo nei confronti della sua fidanzata che in passato l’aveva tradito e per cui ancora adesso il ragazzo di solito di notte piangeva, mostrandosi sempre triste a livello sentimentale. Se la persona con cui Maria Rosaria tradì il fidanzato fosse stata proprio Trifone, allora il movente della gelosia sarebbe più che valido.

Ovviamente ancora le indagini sono in corso, ma una parte centrale per arrivare all’assassino, al movente, ad eventuali complici e per tracciare un profilo di personalità di quei due ragazzi e del loro tormentato rapporto di coppia, è rivestito proprio dall’analisi dei dispositivi informatici e telematici a loro disposizione.

Adesso tutto ruota proprio intorno al finto profilo Facebook, alle chat, alle telefonate, agli SMS.

 

Questi sono solo tre dei casi, discussi nell’ultimo decennio, in cui sono state impiegate le tecniche del Digital Profiling, sia per aiutare le indagini, sia per ricostruire un profilo di personalità dell’autore del reato, nonché anche quello della vittima.

Sia nel caso di Avetrana che in quello di Garlasco, in particolare (dato che il caso di Pordenone è ancora in fase di indagine), è stato centrale l’utilizzo da parte dei protagonisti delle vicende di strumenti tecnologici, dalla cui analisi gli inquirenti non solo hanno potuto assicurare alla giustizia i colpevoli, ma anche cercare di comprenderne le motivazioni e la capacità di commettere il reato a partire dalla ricostruzione del loro profilo psicologico e criminologico, determinato proprio dal modo in cui gli stessi hanno fatto uso della tecnologia e dei contenuti che attraverso di essa hanno veicolato.

di Maria Esposito

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