11 Tecniche per gestire qualsiasi conflitto

Quando la sfida relazionale si presenta e non si è riuscita a prevenirla, il clinico non deve
evitarla, ma affrontarla, mostrando le proprie competenze al paziente, senza essere intimoriti
(Olievenstein, 1982).

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Quando ci si trova in una situazione di minaccia, abbiamo diverse possibilità:

1. Spostarsi dal contenuto alla relazione

Evitando di continuare a dibattere sull’argomento, si può sottolineare il fatto che “Adesso stiamo litigando, ma tra noi non è sempre stato così”.

2. Dichiarare la propria paura

Può essere utile dichiarare alla persona di provare paura o disagio, con frasi come “Quando alzi la voce in questo modo mi sento a disagio”, ma non sempre questo può funzionare, alcuni soggetti hanno scarsa empatia e potrebbero non comprendere il nostro stato d’animo.

3. Aiuto di un terzo

L’aiuto di un altro operatore che, sentendo che l’atmosfera si sta scaldando in modo eccessivo, fa ingresso nella stanza può essere utile, invitando il paziente a prendere un caffè alla macchinetta, ad esempio.

4. Fare marcia indietro

Bisogna anche essere umili e riconoscere che lo sbaglio potremmo averlo fatto noi, con una domanda mal posta, un giudizio azzardato su alcuni fatti o considerazioni, che hanno causato una reazione nel paziente che non avevamo previsto (Anchisi, Gambotto Dessy, 2009). A questo punto non conviene continuare con un braccio di ferro con il paziente, che spesso aumenta l’ansia nello psicologo, portandolo a nascondersi dietro un atteggiamento iperprofessionale (ibidem). In questi casi si può utilizzare una frase del tipo “Guardi signor … ,
mi sembra che non stiamo andando da nessuna parte con questa discussione, mi piacerebbe a questo punto fare marcia indietro, un bel respiro e riprendere a parlare di…”.

5. Comprendere la rabbia

A volte il paziente ha ragione a essere arrabbiato, mi riferisco ad esempio ai casi in cui il soggetto è “costretto” a presentarsi al Ser.D. A volte la persona può essere invitata a presentarsi con un atto formale al servizio, su ordine di un tribunale, che magari gli sta attualmente vietando di vedere il figlio. In questi casi ha senso che il paziente provi rabbia verso di noi, visti in quel momento come persecutori. Bisogna avere un tono fermo, deciso, ma comprensivo e con uno sguardo al futuro: “Capisco che questa è una brutta situazione per lei, e che nessuno vorrebbe trovarsi in questa situazione. Mi sembra di capire che per lei è importante continuare a vedere suo figlio. Se ci impegniamo possiamo dimostrare al tribunale che lei effettivamente sta lavorando per smettere di bere, e possiamo sperare di continuare a vedere suo figlio. Che ne dice?”.

6. Disarmare la collera (vedi più avanti).

Anchisi e Gambotto Dessy (2013) consigliano in alcuni casi l’utilizzo delle “tecniche protettive”, che possono essere usate nel caso in cui ci si trovi sotto attacco od oggetto di frasi inopportune. Sono tuttavia tecniche che possono mettere a rischio la relazione e l’alleanza, e vanno dunque usate con cautela e solo in caso di reale necessità. Vediamo le varie tecniche individuate dagli autori.

7. Disco rotto

Consiste nel ripetere, essendo empatici, in maniera calma e sistematica il proprio punto di vista (ad esempio: “Questo non è possibile” -il paziente insiste- “Capisco la sua necessità, ma questo non è possibile”, e così via).

8. Annebbiamento

Consiste nel rispondere con “forse” e “può darsi”, evitando così lo scontro con il paziente. Se ad esempio ci viene detto “Si vede che non sa cosa vuol dire drogarsi”, si può rispondere “Può darsi, ma perché dice così?”.

9. Ignorare selettivamente

Ovviamente non siamo obbligati a rispondere a tutto quello che il paziente ci dice, possiamo ignorare alcune parti del suo discorso. Esempio: “Vengo ancora al prossimo appuntamento, ma non so se poi continuerò a venire”  “Possiamo vederci mercoledì pomeriggio?”.

10. Separare gli spunti

Talvolta le persone spostano l’attenzione dall’oggetto della richiesta ai sentimenti o al rapporto con la persona. Un esempio può essere: “Se lei fosse un bravo psicologo, troverebbe il modo di…”. È importante in questi casi separare gli spunti, ossia le due parti della frase. Una possibile risposta alla frase precedente può essere: “Vuole che parliamo delle mie abilità di psicologo oppure di cosa possiamo fare per…?”.

11. Inchiesta negativa

Consiste nel non sottrarsi alla critica, anzi provocandola, con domande che indagano che altro c’è che non piace. Esempio. “Questo posto non mi piace”  “Si salvano almeno gli operatori?”. Questa tecnica permette di acquisire ulteriori informazioni e dopo poche battute dovrebbe portare la critica a esaurirsi.

Disarmare la collera

Disarmare la collera è utile per evitare che dalle parole si passi alla violenza fisica. Si lascia da parte inizialmente l’oggetto del contendere, cercando di risolvere prima la rabbia, capendo cosa l’ha causata. Nei casi più estremi si fa una sorta di contratto, dicendo all’altro che si è disposti a discutere di cosa lo fa arrabbiare. Secondo gli autori, anche se si ha torto, non si può accettare una comunicazione basata su insulti e minacce. Una frase utile può essere “Parlerò di tutto quello che vuoi, ma dopo che ti sarai calmato”. Le tecniche si possono combinare tra loro, ad esempio il disarmare la collera si può unire con il disco rotto

di Davide Di Giovanni

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