Il rapporto investigativo come prova durante il processo

IL RAPPORTO INVESTIGATIVO COME PROVA DURANTE IL PROCESSO

Gli ambiti di attività di un’agenzia di investigazioni, così come definiti dall’art. 5 del D.M. 269/2010, prevedono, al capo a.I): l’attività di indagine in ambito privato, ovvero familiare e matrimoniale, per la tutela dei diritti e doveri reciproci dei coniugi così come previsti all’art. 143 c.c., quali l’obbligo reciproco di fedeltà, la collaborazione all’interno del nucleo famigliare, la reciproca assistenza morale e materiale, la cui violazione è inquadrata dalla legge, ex art. 160 c.c., come illecito civile e morale.

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FASE DI INDAGINE: IL REPORT INVESTIGATIVO

 

Il rapporto investigativo è un documento non arbitrario bensì essenziale ed ha la funzione di descrivere ogni dettaglio utile alla ricerca commissionata dal Cliente, riportando cronologicamente tutti gli avvenimenti verificatesi durante l’osservazione. Tutto viene descritto nei minimi particolari ed attenzione specifica viene data ai luoghi, alle abitazioni, ai mezzi utilizzati ed ai dettagli personali e caratteriali dei soggetti controllati.  La stesura del rapporto investigativo rappresenta dunque l’ultimo step di un’indagine e presenta tutti gli elementi di prova necessari per un valido processo.

 

IL RAPPORTO INVESTIGATIVO COME PROVA ATIPICA: SENTENZE

 

La giurisprudenza degli ultimi anni ha visto ribadire la liceità dell’utilizzo del rapporto investigativo, redatto da tecnico incaricato da una delle parti del giudizio, nei processi per l’ottenimento in sede giudiziaria della separazione civile a causa di infedeltà coniugale, con addebito a carico del coniuge fedifrago.

È questo il caso del marito che, per provare la relazione extraconiugale della moglie durante il periodo di convivenza matrimoniale, aveva incaricato un investigatore privato presentando poi, in giudizio, il fascicolo documentale preparato dall’Agenzia investigativa, contenente le prove fotografiche dell’effettiva condotta della moglie. Quest’ultima, criticando l’ammissibilità del rapporto investigativo quale elemento da introdurre in giudizio, aveva proposto ricorso basandosi sull’assunto per cui, in assenza di garanzia del contraddittorio, ciò che viene raccontato dal detective, come consulente tecnico di parte, sono solo considerazioni personali e non possono altresì essere considerate quali prove.

Con sentenza del 23 agosto 2012, la Corte d’appello di Bologna confermava la valenza probatoria del fascicolo documentale acquisito mediante il rapporto investigativo depositato in atto, che palesava la relazione extraconiugale della moglie e, considerate le due precondizioni essenziali qui effettivamente presenti, quali il fatto che la violazione del dovere di fedeltà fosse l’effettiva causa di rottura della relazione matrimoniale (così provando il nesso di causalità tra il tradimento della moglie e la fine della convivenza con il marito) e che tale violazione, sulla base delle date risultanti dalle fotografie presenti nel rapporto investigativo, si fosse svolta in epoca anteriore alla domanda di separazione dal marito, la Corte d’appello rigettava il ricorso della moglie e provvedeva ad addebitarle le intere spese di lite (Cass. 23 maggio 2014, n.11516).

Dunque veniva confermata la valenza e la liceità delle prove presentate dal marito, attribuendo rilievo a dati del tutto oggettivi e non a mere deduzioni dell’investigatore privato incaricato.

La legittimità di tale documentazione è stata reiteratamente affermata e la sua valenza ha acquisito sempre maggiore rilievo: con sentenza del 17 luglio 2013 il Tribunale di Milano ammetteva l’investigatore privato come testimone all’interno del processo, per consentire l’ingresso delle cose da lui stesso viste e fotografate, per il tramite della prova orale, esperita all’interno del contraddittorio processuale.

La dichiarazione del teste nella persona del collaboratore investigativo fa ritenere rispettato il principio dell’oralità della prova e quello del contraddittorio e ciò in quanto la decisione non si è formata su di un documento, quale il rapporto di indagine, che sarebbe stato nella sua mera consistenza documentale inammissibile, ma si è trasformato, per il tramite della prova-teste, in “fatti e circostanze relative ai fatti di causa, riferite nel corso della fase istruttoria” (Trib. Milano, sez. IX civ., sentenza 17 luglio 2013).

Viene ribadito nel 2015 che il rapporto investigativo può essere inserito come prova atipica nel processo ed è sufficiente a fondare il giudizio di colpevolezza nei confronti del coniuge fedifrago, se da quest’ultimo non ne viene contestato il contenuto, e ciò è vero per il principio di non contestazione, ex art. 115 c.p.c., secondo il quale, in caso di omessa contestazione specifica, il fascicolo documentale fornito dall’investigatore assume a pieno titolo valore di prova nel processo.  Al contrario, in caso di contestazione specifica di controparte, il rapporto di indagine deve essere oggetto di conferma probatoria mediante escussione testimoniale dei testi di riferimento (Trib. Milano, sez. IX civ., sentenza 1 luglio 2015).

di Martina Petrucciani – Studio Tecnico Investigativo Galileo srl

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