La Psicologia del Cuore influenza la tua personalità

La moderna psicologia scientifica si è da sempre occupata dei problemi riguardanti il rapporto tra salute/malattia del corpo e della mente, in particolare la Psicologia Clinica è stata quella che, rispetto ad altre correnti psicologiche, ha cercato di dare, attraverso le sue diverse applicazioni, sistematicità ai concetti psicologici collegati alla malattia organica. La psicologia clinica viene descritta come quel settore della psicologia interessato a:

  • Spiegare
  • Comprendere
  • Interpretare
  • Riorganizzare

tutti quei processi mentali disfunzionali o patologici, propri dell’individuo o interpersonali, insieme ai loro correlati comportamentali e psicobiologici.

La pluralità dei modelli e delle tecniche cliniche possono essere applicate:

  • Al singolo
  • Ai gruppi
  • Ai collettivi.

Anche negli ambiti come la psicosomatica, la psicologia della salute e l psicologia ospedaliera, la psicologia clinica ha dato e continua a dare importanti contributi (scientifici, professionali e formativi) atti alla promozione e al mantenimento della salute, alla prevenzione e al trattamento della malattia.

Ovviamente le diverse applicazioni in ambito sanitario hanno risentito dell’evoluzione storica, epistemologica ed applicativa dei diversi filoni della psicologia: comportamentale, psicodinamico, fenomenologico ecc., ma tutte
le diverse impostazioni concordano sul fatto che il soggetto debba essere considerato come “contestuale”, la cui identità cioè deve essere costruita all’interno delle relazioni. A partire da ciò, la cura non si limiterà “all’organo” colpito dalla malattia, ma anche e soprattutto a tutto ciò è collegato o ricollegabile al disturbo.

L’applicazione della psicologia clinica a particolari tipologie di pazienti ha portato alla nascita di nuovi ambiti clinici e di ricerca tra cui la Psicocardiologia.

 

Con questo termine non si intende considerare psicologia e cardiologia come un unicum, ma come un insieme di professionisti che uniscono le loro competenze al fine di ottenere un unico risultato e cioè il miglioramento della prevenzione, cura e riabilitazione di individui portatori di malattie cardiache.

L’esistenza di un legame tra fattori psicologici, sociali ed emotivi con la patologia cardiaca è già presente nella tradizione clinica. Autori come Harvey, Osler e Alexander, hanno sottolineato che:

  • un “turbamento mentale”, capace di indurre piacere o dolore, influisce significativamente sull’attività cardiaca;
  • i pazienti cardiaci sono uomini ambiziosi, pronti a spingersi oltre i propri limiti, spingendo i propri meccanismi corporei fino al limite delle loro possibilità;
  • una pressione sanguigna sconosciuta (ipertensione essenziale o primaria) è presente tra coloro fortemente orientati al conseguimento di uno status sociale alto e con tendenza all’inibizione difensiva degli aspetti emotivi e cognitivi della rabbia.

Le ricerche che hanno dato maggiore impulso allo sviluppo della Psicocardiologia sono state quelle riguardanti la stretta correlazione tra fattori di personalità e malattia cardiaca. Negli anni cinquanta due cardiologi di San Francisco, Meyer Friedman e Ray Rosenman, attraverso i loro studi scoprirono una sequenza di comportamenti e caratteristiche indicate come schema comportamentale di tipo A. Il TABP (type A behavior pattern) è un complesso insieme di emozioni-azioni osservabile in qualsiasi persona coinvolta aggressivamente, solitamente in situazioni competitive, in un compito che prevede il raggiungimento di standard alti e l’urgenza della risoluzione del compito è data da una forte insicurezza e/o scarsa autostima che l’individuo contrasterebbe attraverso il continuo conseguimento di risultati sempre più elevati.

Nonostante i risultati emersi da tali studi, ad oggi non si può dire che essi siano riusciti a confermare del tutto la relazione tra TABP e malattia cardiaca; tuttavia hanno contribuito a riconoscere che alcuni tratti della personalità possano influire in maniera negativa sulla salute e in particolare su quella cardiaca.

Molto più significativi, nell’individuare tratti di personalità riconducibili alla cardiopatia, sono stati gli studi di Denolet e colleghi che hanno definito un nuovo modello di personalità, potenzialmente associato alla malattia cardiaca, chiamato modello di personalità di tipo D (distressed personality) caratterizzato da:

  • affettività negativa (tendenza a manifestare un disagio diffuso ed un pessimismo pervadente);
  • inibizione sociale (difficoltà a manifestare le proprie emozioni ed idee, “tenersi tutto dentro” ed avere difficoltà nelle interazioni sociali).

Da questi studi è emerso che in presenza di personalità di tipo D ci sarà una forte incidenza sul funzionamento cardiovascolare. Sia nei soggetti TABP che in quelli D, il comune denominatore è quello della “desiderabilità sociale” che li porterebbe ad assumere atteggiamenti ed emozioni tipici delle loro personalità.
Oltre a questi due aspetti, studi di tipo comportamentale, legati alla dipendenza, come ad esempio tabagismo ed alcolismo, o alla salute, come il fumo, o di tipo psicopatologico come: ansia, depressione, intenso sforzo lavorativo, stress ed isolamento sociale sono tutti da tenere in considerazione. Le attività dello psicologo in ambito cardiologico non sono solo quelle di:

  • Prevenzione
  • Diagnosi
  • Cura
  • Riabilitazione

di pazienti che presentano una cardiopatia, oppure che rischiano di sviluppare una patologia cardiaca, ma anche di supporto a famiglie, medici e operatori sanitari.
È importante che lo psicologo impari il linguaggio cardiologico, imparando la struttura dell’apparato cardiovascolare, lo sviluppo e la sintomatologia della patologia cardiaca e dei fattori di rischio comportamentali, così da poter comunicare in maniera eccellente non solo con i cardiologi, ma anche con i pazienti e sviluppando così la capacità di lavorare all’interno di un’équipe e in un’ottica di continuità dell’intervento.

Questo migliorerà la comunicazione tra medico e paziente e condurrà ad un’analisi differenziale, come ad esempio nel caso di un attacco di panico (caratterizzato da costrizione al torace e difficoltà respiratoria) imparando a
distinguere quando tale sintomatologia sia ricollegabile alla presenza di un disturbo cardiaco o ad un attacco di panico vero e proprio.

Secondo l’American Heart Association l’intervento psicologico costituisce una parte integrante della riabilitazione cardiaca, utile a migliorare il benessere psicologico e la qualità di vita nei pazienti con cardiopatia.

Nello scenario italiano, il GIRC (Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva), insieme all’ANMCO (Associazione Nazionale dei Medici Cardiologi) ed al SIC (Società Italiana Cardiologia) ha prodotto nel 1999 le linee guida attraverso cui l’utente (paziente, familiare, cardiologo, medico curante) entra in contatto con l’attività dello psicologo. Sono state così identificate cinque diverse fasi:

  1. Selezione: è la fase iniziale del processo di cura e riguarda la scelta del tipo di servizio da parte dell’utente;
  2. Ingresso: è il momento in cui l’utente entra in contatto per la prima volta con lo psicologo;
  3. Valutazione: consiste nell’individuazione dei bisogni di cura dell’utente;
  4. Intervento: è la messa in atto di una serie di azioni volte alla soddisfazione dei bisogni identificati nella precedente fase;
  5. Follow-up: è la fase finale del processo, in cui lo psicologo verifica se i bisogni di cura dell’utente sono stati soddisfatti e, secondo il caso, se ci sono le condizioni per cui l’utente necessiti di un programma di continuazione della cura.

Il GIRC, per ognuna di queste fasi, ha individuato adeguati strumenti valutativi e terapeutici tra cui la somministrazione di questionari standardizzati ed il colloquio clinico. Quest’ultimo è lo strumento privilegiato per lo psicologo. Il colloquio ha lo scopo di indagare le problematiche psicologiche attuali e la loro possibile interferenza con il recupero riabilitativo.
Secondo le linee guida italiane gli aspetti che vanno analizzati, per una corretta attività psicologica in ambito cardiopatico, sono:

  • Sintomatologia
  • Funzionalità fisica
  • Funzionalità psicologica
  • Storia della malattia
  • Percezione/elaborazione della malattia
  • Risorse, coping, autoefficacia
  • Supporto familiare e/o sociale
  • Motivazione alla terapia e propensione all’aderenza
  • Aspettative

Inoltre l’intervento psicologico mira ad aiutare pazienti e familiari a:

  • riconoscere ed esprimere le proprie emozioni riguardanti la malattia;
  • individuare ed attuare strategie per il controllo dei fattori di rischio e
  • per la modificazione dello stile di vita;
  • implementare la corretta autogestione dei trattamenti riabilitativi sulla base delle caratteristiche individuali;
  • riacquistare una soddisfacente qualità della vita.

Accedi al corso gratuito come usare la mente per cambiare

Scrivi a Igor Vitale