Quando l’Amore diventa Ossessione

Articolo di Salvia Gelsomina

Ognuno di noi cerca di ottenere le cose che ama. La voglia di raggiungere e possedere ciò che si desidera è una spinta radicata profondamente nella natura umana: tutti noi vogliamo stabilire dei legami significativi con gli altri e con qualcuno che consideriamo speciale, e quando ciò è caratterizzato da reciprocità si può parlare di una relazione condivisa; al contrario quando un individuo cerca con insistenza di creare un rapporto con qualcuno che invece non lo vuole la situazione cambia e diventa problematica.

Il buon senso comune ci dice che ci vogliono due persone per creare una relazione, ma che ne basta una sola per mettervi fine, ed è proprio così nel senso che ad eccezione di rari casi in cui la fine di una relazione è voluta da entrambi i componenti, nella maggior parte dei casi la rottura relazionale ha un inizio unilaterale.

Al partner rifiutato non resta da fare altro che accettare la decisione e concretizzare la rottura. Quando si tratta di relazioni più serie spesso sono presenti tentativi multipli e ripetuti di riconciliazione, a maggior ragione nei casi in cui la storia era già caratterizzata da rotture e riconciliazioni intermittenti. In questi casi il partner rifiutato è più propenso ad insistere per recuperare il rapporto, in quanto
è motivato dalle precedenti riconciliazioni.

A tutti noi sarà capitato almeno una volta nella vita di mettere fine ad una relazione e di assistere in seguito a continui tentativi da parte dell’ex partner di riallacciare i rapporti con noi mediante telefonate, sms, oppure ci sarà capitato di ricevere attenzioni particolari da pretendenti che cercavano di attirare la nostra attenzione e sicuramente tutto ciò ci ha lusingato e fatto sentire desiderabili, ma non ci ha preoccupato in quanto tali atteggiamenti sono tipici del corteggiamento e accettati socialmente.

Ma quand’è che un atteggiamento amoroso oltrepassa i limiti della normalità e diventa persecuzione?

 

È proprio con questo quesito che voglio iniziare la mia trattazione su un tema “nuovo” e delicato: lo stalking, fenomeno che definirei una patologia relazionale della società attuale caratterizzata dal cambiamento e dalla presenza di nuovi valori, società che non riesce più ad accettare e rispettare i limiti della libertà dell’altro. Lo stalking è proprio questo, ossia il voler controllare ripetutamente l’altro, l’imporre la propria presenza, entrare nella sua vita contro la sua volontà e renderlo debole e vulnerabile per mantenere su di lui un qualche tipo di controllo.

Quanto appena descritto è meglio espresso nella definizione dei due autori Cupach e Spitzberg (Attrazione, Ossessione e Stalking, 2011) i quali ritengono che lo stalking sia una relazione patologica in cui un individuo (lo stalker) mette in atto un comportamento assillante, intrusivo e indesiderato di approccio, intimidazione e controllo verso un’altra persona (la vittima), nella quale si genera una condizione di paura tale da compromettere la sua salute fisica, psichica e sociale. Nella psicologia dello stalker la vittima non è altro che un oggetto da possedere e gestire a proprio piacimento al fine di mantenere alta la propria debole e fragile autostima; infatti le ripetute intrusioni nella vita della vittima mediante appostamenti, pedinamenti e telefonate etc. sono finalizzate ad esercitarne su di essa potere e controllo.

Nonostante il fenomeno dello stalking abbia catturato l’attenzione solo negli ultimi vent’anni, e solo pochi anni fa abbia avuto riconoscimento giuridico come reato come reato mediante l’introduzione del Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11, possiamo trovarne traccia già nel passato, ad esempio nell’antica Grecia con le Metamorfosi di Ovidio, oppure nei sonetti di Shakespeare. Addirittura è stato
rintracciato uno schema comportamentale di sorveglianza, controllo e minacce nella Mesopotamia del 1000 a.C. .

Ciò ci fa capire come l’uomo sia sempre stato portato a mettere in atto comportamenti di violenza o persecutori, spinto dalle più svariate motivazioni ed emozioni come rabbia, gelosia, orgoglio ferito, e dall’esercitare potere e controllo su quello che considera una sua proprietà.
Da ciò appare ben chiaro come lo stalking sia una molestia da sempre esistita nella società, ma diventata reato nel momento in cui i valori sottostanti ad essa si sono evoluti: prima dell’emancipazione femminile l’uomo è sempre stato considerato come colui che comandava e che prendeva decisioni in merito alla gestione familiare. Vi era quindi una forte disparità di ruoli tra uomo e donna, la quale era considerata una proprietà dell’uomo e doveva di conseguenza sottostare ad esso.

Oggi invece la società attuale ha equiparato i ruoli e riconosciuto autonomia e capacità decisionale anche alla donna, la quale è diventata padrona della sua vita e quindi libera di scegliere un compagno e di mettere fine ad un rapporto che non la soddisfa più, cosa che prima era per lei impensabile. Ma l’uomo ancora oggi in cuor suo è rimasto ancorato ai ruoli tradizionali, e inconsciamente non accetta che sia la donna a rompere un rapporto, in quanto la considera ancora una sua debole proprietà.
Ed è proprio qui che nascono le molestie.

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