3 Tipi di Amore Malato: Erotomania, Narcisismo e Borderline

Articolo di Salvia Gelsomina

1. Erotomania

La sindrome di Clèrambault o erotomania è uno specifico disturbo psichiatrico comunemente associato allo stalking. Dati empirici riportano che il 10% della popolazione degli stalker sono erotomani: sono tra i meno violenti. Nel DSM-IV l’erotomania viene inserita fra i disturbi deliranti. Dal punto di vista clinico si tratta di un delirio primario. Il quadro clinico è caratterizzato dalla convinzione delirante da parte del paziente solitamente donna di origini modeste), di essere amato da una persona importante e altolocata; da tale convinzione nascono comportamenti atti a segnalare la propria seduzione e volte a far nascere la passione anche nell’altro.

L’inizio dell’erotomania è improvviso e il suo decorso è cronico, fissato su un singolo oggetto.

Il paziente è fortemente convinto che l’oggetto delle sue attenzioni sia stato il primo a dichiarare il suo amore per lui e a sostegno di ciò può ricondurre tutta una serie di prove: sguardi particolari, messaggi recapitati attraverso i giornali o per via telepatica. Il soggetto erotomane tende a negare un suo coinvolgimento, almeno all’inizio, per offrire un’immagine di sé come di colui che ha soltanto ceduto alle continue offerte d’amore dell’altro.

In realtà però paziente e vittima hanno per lo più contatti casuali o addirittura nulli in quanto nella maggior parte dei casi non si sono mai incontrati.

 

2. Narcisismo

Anche il modello psicopatologico di tipo narcisistico può sottostare in alcuni soggetti autori di stalking: il DSM-IV definisce il Disturbo Narcisistico di Personalità “un quadro pervasivo di grandiosità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti”: il narcisista è colui che è convinto della sua superiorità rispetto agli altri e che pretende continuamente ammirazione e attenzione altrimenti il suo ego ne soffrirà.

Quando il partner di un paziente narcisista decide di allontanarsi e troncare la relazione, questi attua comportamenti vendicativi come la sorveglianza, il controllo costante mediante telefonate o contatti imposti. Le molestie perpetuate da un soggetto narcisista sarebbero solo un tentativo di difesa dalla ferita narcisistica suscitata dall’abbandono.

Meloy (1998) ha proposto un’interpretazione psicologica dei comportamenti di stalking incentra tata sulla patologia del narcisismo e dell’attaccamento. Riprende la classificazione di Bartholomew (1990) sugli stili di attaccamento, e identifica lo stalker come una persona avente un modello di attaccamento definito “preoccupato”, caratterizzato dalla continua ricerca di approvazione altrui per rafforzare la sua autostima bassa.

Meloy individua come causa scatenante i comportamenti molesti dello stalker narcisista, la creazione di una fantasia narcisista di legame speciale con un oggetto idealizzato e/o superiore, basata su pensieri consci (di essere amato).

Mentre una persona normale si ritira di fronte al rifiuto ricevuto da un’altra, il narcisista patologico è particolarmente sensibile al rifiuto e ai sentimenti associati (vergogna, umiliazione): per evitare queste emozioni che sono per lui intollerabili si difende con rabbia e la svalutazione dell’oggetto.

Quando la vittima è svalutata abbastanza, l’oggetto reale (divenuto uno stimolo avversivo a causa del suo rifiuto) può essere rimosso e la fantasia di legame può ripristinare l’equilibrio narcisistico del soggetto. Svalutare, sottoporre a costante controllo l’oggetto “d’amore”, imporgli comunicazioni e contatti indesiderati, servirebbe a ristabilire (in chiave persecutoria) la fantasia di legame indissolubile con la vittima.

In quest’ottica lo stalking risulterebbe essere un tentativo di difesa dalla ferita narcisistica, una reazione al rifiuto da parte dell’altra persona (Meloy, 1996). Anche altri autori sostengono la presenza di una patologia dell’attaccamento sottostante allo stalking: Kienlein e collaboratori (1998) ipotizzarono che i maltrattamenti , l’assenza emotiva e la separazione dal caregiver primario contribuiscano allo sviluppo di un attaccamento patologico nell’età adulta e all’emergere di comportamenti di stalking.

I risultati di uno studio da loro condotto rivela che l’80% degli stalker ha subito stressor importanti nei sette mesi precedenti i comportamenti assillanti: una relazione significativa interrotta, lutto, licenziamento, problemi di salute. Questi eventi hanno minato l’autostima del soggetto che non è capace di fronteggiare la perdita in modo efficace, e quindi di conseguenza perseguita la vittima per ridurre l’angoscia e per riempire un vuoto.

È proprio l’incapacità di affrontare e fronteggiare la perdita (reale o immaginario) a condurre allo stalking: il molestatore si considera la sola vittima della situazione per essere stato deriso e umiliato. Per lui non è importante il modo in cui viene respinto o rifiutato dall’altro perché ciò che conta più di ogni altra cosa è il rifiuto in sé, che è per lui intollerabile e fonte di rabbia e angoscia.

All’incapacità di accettare il rifiuto si aggiungono tratti persona logici ossessivo – compulsivi: lo stalker concentra tutta la sua vita e la sua attenzione persistente sulla vittima: manifesta pensieri intrusivi e inarrestabili che hanno come unico soggetto la vittima designata.

I tratti compulsivi si manifestano nella ripetitività comportamentale, e nella tendenza incoercibile alla morbosità.

Infine dati empirici dimostrano come altri disturbi psichiatrici/psicologici associati alle molestie assillanti risultano essere i disturbi dell’Asse I del DSM all’interno del quale troviamo i disturbi dell’umore nel 56% dei casi di stalking (Gentile, 2011), disturbo schizofrenico o psicotico dal 24% al 40%dei casi (Harmon, 1998; Rosenfeld e Harmon, 2002) o di sottotipo erotomane nel 3% dei casi (Gentile, 2001).
Altri studi, effettuati sempre su campioni clinici e forensi hanno rilevato che una vasta percentuale di stalker riporta disturbi dell’Asse II: quello più frequente risulta essere il disturbo borderline di personalità, con una frequenza del 63% dei casi (Gentile, 2001).

3. Disturbo Borderline di Personalità

Il DSM-IV definisce il Disturbo Borderline di Personalità “una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’affettività con impulsività notevole, che compare entro la prima età adulta ed è presente in vari contesti”. Il problema centrale è rappresentato dalla separazione e dell’abbandono.

Le persone borderline provano difficoltà a stabilire relazioni interpersonali stabili, e rispetto alle persone loro vicine passano dalla più completa idealizzazione alla svalutazione assoluta.

Sul piano emotivo queste persone mancando di equilibrio, e alternano atteggiamenti rabbiosi ad altri remissivi e accomodanti. Presentano anche dei disturbi dell’identità: provano un profondo senso di vuoto interiore e per sentire di esistere hanno bisogno di avere accanto a loro sempre qualcuno che le supporti e le sorregga. La persona in questione diventa per il soggetto borderline essenziale, vitale.

Per questo motivo di fronte alla possibilità dell’abbandono l’individuo sperimenta un forte sentimento di annientamento, di un disastro emotivo interiore, e di conseguenza attua una serie di comportamenti lesivi volti ad evitare l’abbandono: violenza all’altro, tentativo di suicidio, comportamenti auto-lesivi, tentativi di suicidio. Ciò con il solo scopo di preoccupare l’altro e intimargli di non abbandonarlo.

Non bisogna però sempre cercare e individuare una patologia mentale di riferimento quando si parla di stalking. Gli stalker non sempre soffrono di un disturbo psichiatrico: anche se alcune forma di molestie persecutorie sono inserite all’interno di un quadro psicopatologico, questa non è una condizione sempre presente. Solo una piccola popolazione di molestatori (10%) presenta un quadro psicopatologico (Galeazzi e Curci, 2001).

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