Come entrare nel mondo interiore di una persona

Articolo di Laura Koelliker

Attraverso le narrazioni ognuno di noi elabora le esperienze e da un significato agli eventi che vive. Nella narrazione non è centrale il rapporto tra il personaggio e l’ambiente, ma lo scavo interiore che “rivela” tutte le sfumature e del sentimento e le pulsioni dell’inconscio. Narrare è l’unico modo che ha l’essere umano per comunicare all’altro la propria storia. È impossibile presentarsi all’altro se non narrandosi.
La centralità della narrazione nella vita dell’uomo è data dal fatto che ognuno di noi fa delle narrazioni individuali; queste narrazioni generano un’organizzazione mentale di una biografia personale che, intrecciata in maniera adeguata ad altre storie di vita, concorre a dare un senso alle proprie esperienze e alla propria esistenza. Le nostre vite sono infatti incessantemente intrecciate alle narrazioni, alle storie che raccontiamo o che ci vengono raccontate (in forme sempre diverse), a quelle che sogniamo o immaginiamo o vorremmo poter narrare. Tutte vengono rielaborate nella storia della nostra vita, che raccontiamo a noi stessi in un lungo monologo, episodico, spesso inconsapevole, ma virtualmente ininterrotto. (Brooks, 1995)
La narrazione intesa come il raccontare storie, quindi, è fondamentale per poter dare un’organizzazione al proprio mondo interiore e di conseguenza per dare significati all’esperienza umana. (Pontecorvo, 1991).
Che cos’è un comportamento? Fra i tanti, possibili significati attribuibili alla parola comportamento possiamo ritenere importante (operativamente parlando) questa definizione: “azione minimale dotata di senso, ma insufficiente per essere considerata da una sola storia”.

travel-mondo-interioreUn comportamento ha una durata? Possiamo asserire che ogni comportamento duri al massimo una giornata, che c’è un limite, quindi, alla sua durata. Cercando di utilizzare una metafora, possiamo dire che il comportamento sta alla storia come la parola sta al discorso.
Una discorso è composto da una serie di parole che si susseguono, la storia è formata da tanti comportamenti contigui. Se guardiamo all’insieme del discorso le parole sfumano, così come guardando alle storie, non noteremo i singoli comportamenti, bensì cogliendo un continuum di comportamenti che sono con – fusi l’uno con l’altro. Quando non riusciamo a riconoscere le singole parole è difficile cambiarle, allo stesso modo nelle storie non si riescono a cambiare singoli comportamenti se non si riesce a differenziarli tra loro.
L’essere umano è dotato di istinti, istanze obbligate che sono atte a gestire la sopravvivenza; gli scopi degli istinti sono realizzati, raggiunti, conseguiti attraverso i comportamenti. Gli istinti sono fortemente coesi tra loro. Per esempio il comportamento nutritivo è strettamente collegato e, in un certo qual modo, inestricabile da quello territoriale, sociale e così via. Quindi, possiamo notare come un comportamento sia a sua volta costituito da una serie di apprendimenti separati e che, ovviamente, non sono ereditati in blocco, in un “pacchetto” precostituito. A questo proposito è bene differenziare il comportamento definito puntuale (cioè che può durare anche solo pochi attimi), dal comportarsi nello svolgimento di una storia (cioè considerando i comportamenti come ordinati in una direzione costante).
“Questa differenza risulta estremamente utile per operare cambiamenti, e uno psicoterapeuta è fondamentalmente qualcuno che aiuta a trasformare storie disgraziate in narrazioni più soddisfacenti”. (Quattrini, 2007).
Riflettendo sulle parole ci accorgiamo che le parole che vengono utilizzate in una lingua sono poche migliaia e che con poco più di tremila parole possiamo scrivere innumerevoli libri; partendo da questo presupposto possiamo capire che allo stesso modo, un numero finito di comportamenti può andare a costruire innumerevoli narrazioni, siano esse belle o brutte.
“Se si mettono dieci palline in una scatola le possibilità di interazione tra di loro sono limitate; ma se invece si tratta di dieci persone, le possibilità diventano infinite, visto che la creatività è la capacità di far esistere interazioni non prevedibili meccanicamente”. (Ibidem, pp. 102)
Partendo da questo modo di vedere, di guardare alle cose si può affermare che in qualsiasi situazione un persona si trovi, per quanto possa essere in difficoltà ci sono strade per raggiungere un’esistenza di qualità migliore, c’è la possibilità di trovare un opportunità di vivere in maniera apprezzabile attraverso la creazione di una trama che possa collegare in maniera sensata gli eventi.
Le storie sono composte di parti, possiamo immaginarle come dei palazzi e ogni singolo mattone rappresenta i singoli comportamenti. Ovviamente, le parti possono essere combinate in modi diversi. Quindi come possono essere articolati i comportamenti? Se un modo non dà il risultato atteso, come possiamo interpretare lo stesso bisogno in maniera diversa? Quale altra narrazione si potrebbe far esistere? Tutto è legato e dipende dalla trama che vogliamo dare alla nostra storia.
Un comportamento non è inoffensivo, non riguarda solo la persona che lo mette in atto ma, anche le persone alle quali è diretto; per questo motivo l’educazione si basa sulla differenziazione dei comportamenti giusti da quelli sbagliati. “L’essere umano vive in una foresta di uomini, e i suoi comportamenti devono essere adeguati a vivere in tale habitat.” (Ibidem p. 103)
Possiamo quindi capire il rigore della richiesta comportamentale, è indispensabile che i genitori insegnino ai figli a non fare ciò che non è socialmente accettato, è indispensabile per la sopravvivenza degli stessi. La richiesta comportamentale e l’insegnamento da parte dei genitori a tenere dei comportamenti socialmente accettabili opera in maniera tale da rendere possibile una relazione con gli altri, i bisogni di altra natura vengono dopo la necessità di sopravvivere.
In quest’ottica i comportamenti degli adulti riguardano il bisogno di sopravvivenza tra gli altri esseri umani e hanno ben poco a che a che fare con altri desideri, così quando si è più spontanei, e prescindono da una trama che dia coerenza alla propria storia, diventano spesso problematici.
Come abbiamo accennato prima, i comportamenti hanno un tempo di durata relativamente breve e li abbiamo, metaforicamente parlando, paragonati alle parole di una storia; chi è in grado di vederli e di trattarli è anche in grado di riscrivere la propria storia in un modo diverso. Arrivati a questo punto la domanda è: “Come vedere i comportamenti? Come cambiarli? Come riscrivere storie?”. Potrà sembrare banale, ma basta chiedere. Lasciare che la storia venga narrata; R. W. Emerson dice: “Quel che abbiamo alle spalle e quel che abbiamo davanti sono piccole cose se paragonate a ciò che abbiamo dentro.” Narrando, raccontandoci portiamo alla luce, quello che abbiamo dentro e abbiamo la possibilità di “guardare in faccia” la nostra storia, renderla tangibile e così vengono messi in luce anche tutta una serie di comportamenti, che altrimenti sarebbero taciuti. “Senza comportamenti non ci sono avvenimenti, così come senza forme non c’è pittura: una storia è fatta dai dettagli comportamentali. Non dai massimi sistemi, ma dai dettagli: sono i dettagli che, connessi in una trama piuttosto che in un’altra, aprono infinite altre narrazioni.” (Quattrini, 2007 pp.104)
Wittgenstein ha osservato come Freud ha descritto i desideri; come oggetti che stanno su un qualche scaffale e nell’analisi dei sogni vengono poi cercati come se esistessero in maniera concreta. (Assoun, Freud, Wittgenstein, Puf, 1988). Wittgenstein reputa che gli esseri umani abbiano delle attitudini senza forme specifiche, delle inclinazioni che si fanno concrete nelle possibilità offerte loro dal mondo. Le trame, quindi sono strettamente legate al tema dei desideri; il desiderio è il risultato dell’incontro tra un’inclinazione e una disponibilità: “se aggrappandovisi, l’essere umano lo rende pesante come un sasso, allora ci rimane imprigionato.” (Quattrini, 2007)
Rendersi conto che il desiderio è in parte scelta e in parte inclinazione, ci mette nelle condizioni di capire che se combiniamo la stessa inclinazione con scelte diverse, così come cambiando desideri la direzione può essere cambiata, senza però avere la sensazione di aver perduto qualcosa. La vita richiede di essere dinamici, in grado di desiderare più cose, come dice Quattrini: “di non chiudersi nella prigione di un unico desiderio pensando che o lo si ottiene o è la morte”. Come dicevo in precedenza, veniamo educati a comportarci secondo il criterio di giusto-sbagliato, quindi, cerchiamo di comportarci “semplicemente” in modo giusto; si dovrebbe cercare, invece, di diventare protagonisti delle proprie storie, a volte purtroppo ne restiamo succubi. Abbiamo, invece, la possibilità, una volta che i singoli comportamenti sono stati riconosciuti e differenziati, di articolarli in una moltitudine di modi diversi.
“Le storie sono fatte di comportamenti: la scelta di gesti, di parole e di toni di voce compone vere e proprie architetture. La costruzione fa tutta la differenza: comportamenti sostanzialmente analoghi ma diversi nel modo di manifestarsi possono avere un risultato molto differente […] quando si comprende che le storie, come i discorsi, si costruiscono come architetture, si può accettare che, se una non va bene, se ne può provare un’altra: l’importante è liberarsi dall’idea di destino.” (Ibidem, pp. 107)

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