Stalking: definizione in psicologia

Articolo di Salvia Gelsomina

Stalking è un termine inglese derivante dal verbo to stalk che significa appostarsi, fare la posta, assillare, inseguire, molestare, braccare. Termine che ormai è entrato a far parte del gergo comune: ne abbiamo spesso sentito parlare e lo abbiamo anche usato in modo superficiale magari scherzando tra amici per descrivere un corteggiatore/corteggiatrice insistente.

Ma cos’è davvero lo stalking? Come lo si riconosce?

Oggi col termine stalking si fa riferimento ad una serie di condotte di intrusione e minacce perpetuate da un individuo nei confronti di un altro che risulta infastidito e preoccupato da tali atteggiamenti non graditi. Non è facile racchiuderne le caratteristiche in una definizione specifica e concisa in quanto trattasi di un fenomeno ampio, dalle tante sfaccettature e di difficile circoscrizione.

 

Pur non esistendo in letteratura una univoca definizione di stalking, negli anni 90 se sono succedute diverse, tra cui quella di Evans che lo definiva “un inseguimento invadente e minaccioso, persistente ed eventualmente mortale”. Meloy e Gothard “forma di pedinamento e di tormento ostinato, astuto e ripetuto, da parte di una persona che minaccia la sicurezza della vittima”.

Pathé e Mullen definiscono lo stalking come una “serie di comportamenti che implicano ripetuti e persistenti tentativi di imporre a un’altra persona forme di contatto o di comunicazione non desiderati”. Sempre nello stesso periodo in America, entrava in vigore la “Model Antistalking Law” che indicava come stalking

“una serie di comportamenti che comprendevano un avvicinamento fisico ripetuto e/o minacce continue, che si erano verificate per almeno due volte, minacce implicite o esplicite nei confronti della vittima, o dei membri della sua famiglia, tali da causare intensi sentimenti di angoscia, paura e ansia”.

Nel nostro ordinamento va agli autori Galeazzi e Curci il merito di avere introdotto il concetto di “Sindrome delle molestie assillanti” , considerandola un’insieme di:

“ripetute, indesiderate comunicazioni e/o intrusioni che vengono – espressive, orientate a manifestare desideri ed emozioni; inflitte da un individuo ad un altro e che provocano paura”.

  • strumentali, orientate al desiderio di controllare ed esercitare potere sugli altri;
  • personologiche, le quali riflettono difetti caratteriali (incapacità, dipendenza affettiva);
  • contestuali, legate alla situazione e alle circostanze situazionali. come abbiamo avuto modo di capire, le cause che possono spingere un individuo a comportarsi in modo molesto sono svariate.

Ma come fa una telefonata, una sorpresa sul posto di lavoro a passare dall’essere un comportamento socialmente accettato e convenzionale, ad un comportamento molesto?

Per poter definire un atto persecutorio come stalking è necessario soddisfare alcuni criteri o parametri; ne sono stati individuati sette:

  1. L’AMBIENTE: lo stalking è una persecuzione che invade la vita privata e pubblica della vittima;
  2. LA FREQUENZA: lo stalking è una pressione psicologica unica e costante nel tempo: pochi giorni al mese, settimanalmente o quotidianamente;
  3. LA DURATA: il limite temporale minimo oltre il quale una relazione diventa oggettivamente patologica è di almeno tre mesi;
  4. TIPO DI AZIONI: violenza fisica, violenza sessuale, violenza psicologica, violenza economica e/o sociale (categorizzazione proposta da K. Wieners e H. Hellbernd);
  5. DISLIVELLO TRA GLI ANTAGONISTI: lo stalker può colpire ovunque e in qualunque momento, mentre la vittima, dal canto suo non è in grado di prevedere gli attacchi;
  6. ANDAMENTO SECONDO FASI SUCCESSIVE: lo stalking può essere diviso in una serie di fasi:
    • Fase della relazione conflittuale, caratterizzata dalla fine di un legame voluta dalla vittima;
    • Fase delle azioni persecutorie e continuative, in cui il molestatore passa dall’intenzione all’azione;

Lo stalking è solitamente intriso di passioni illogiche e contraddittorie come amore e odio, attrazione e repulsione, inoltre è spinto dal desiderio di controllare, di possedere, di avere potere su qualcuno o qualcosa.

Per poter parlare di stalking è necessaria la presenza di tre caratteristiche:

  • un attore (lo stalker) che sulla base di proprie motivazioni individua una persona nei confronti della quale sviluppa un’intensa polarizzazione ideoaffettiva e verso la quale passa all’atto; i molestatori sono spesso individui emotivi e possono essere spinti da motivazioni di amore e infatuazione che nella maggior parte dei casi non è corrisposto. Ciò causa un turbinio di emozioni forti come rabbia e dolore, e per tale motivo cercano qualcuno da incolpare e il bersaglio prescelto è spesso il soggetto percepito come responsabile in maniera più ovvia;
  • una serie ripetuta di gesti intrusivi come sms, telefonate, lettere, appostamenti, minacce etc. volti alla ricerca di contatto e/o
    comunicazione;
  • una vittima che percepisce come disturbanti, lesivi e inquietanti i comportamenti dell’attore, ai quali fa corrispondere strategie difensive (cambiamenti del numero telefonico, del lavoro e delle abitudini quotidiane).

Alla base dell’atteggiamento di stalking vi è il meccanismo mentale secondo cui la persecuzione è comunque una sorta di rapporto, di relazione, che rappresenta sempre un qualcosa in più rispetto al rifiuto, alla perdita: lo stalker nega il distacco avvenuto perché nega la realtà stessa.

Meloy (1997) ritiene che lo stalking sia un comportamento cattivo (antisociale) messo in atto da persone pazze (arrabbiate, psicotiche o entrambi).

Finch (2001) suggerisce che le motivazioni del molestatore possono essere classificate come cattive (ad es. vendicative), folli (ad es. deliranti) o tristi. Da alcuni studi sono emerse quattro categorie motivazionali:

  • Fase delle conseguenze psicofisiche sulla vittima, nella quale questa vede il manifestarsi di sintomi di varia natura all’apparenza
    occasionali, ma che possono trasformarsi in vere e proprie  patologie se le molestie continuano nel tempo: ansia, insonnia, irritabilità, perdita dell’appetito ecc.;
  • Fase dello scontro finale, che si può concludere con la morte della vittima e/o dello stalker o con una denuncia penale e/o con uno
    scontro legale.
    7. INTENTO PERSECUTORIO: può essere di natura affettiva, quando il molestatore vuole continuare la relazione interrotta dalla vittima non accettando il suo rifiuto, o distruttiva, quando invece intende punire la vittima a seguito di un torto o un’ingiustizia che ritiene aver subito da questa.

Il Modena group on Stalking nel “Manuale per le vittime e gli operatori: percorsi di aiuto per le donne vittime di stalking” , riporta le differenze tra una molestia assillante e un comportamento socialmente accettato. Le analizziamo qui di seguito.

Per prima cosa quando una persona riceve risposte negative in seguito a diversi tentativi di interazione verso un’altra, questa è in grado di comprendere che l’interesse non è reciproco, e quindi smette. Ciò non accade durante una condotta di molestie nella quale è presente l’insistenza e la persistenza dell’approccio.

Ancora, quando una relazione finisce è normale, specie nelle storie dove vi è stato un intenso investimento emotivo, cercare di riconciliare il rapporto e contattare l’ex partner per cercare di superare la crisi. Quando ciò per supera un certo numero di tentativi e un certo periodo di tempo (che generalmente viene stimato intorno alle due settimane) si può parlare di condotta di stalking.

Infine un’altra fondamentale differenza tra una molestia e una relazione normale consiste nel fatto che la molestia viene attuata con il principale scopo di indurre ansia e paura nella vittima, cosa che ovviamente non è caratteristico di una normale interazione sociale.
Va inoltre sottolineato che ciò che caratterizza una condotta di stalking è il carattere ripetitivo, insistente e persistente di tali comportamenti, che vengono attuati dal molestatore continuamente anche quando la vittima esplicita chiaramente il suo fastidio e il suo rifiuto.

Mastronardi definisce lo stalking come uno schema comportamentale:

  • Volontario, cosciente e mirato, in quanto l’aggressore lo attua volontariamente, è a conoscenza dell’identità della vittima e prevede e/o pretende di ottenere effetti precisi su di essa mediante i suoi comportamenti;
  • Malevolo, in quanto il suo fine non è legittimo, anche se nella maggior parte dei casi lo stalker ritiene di agire in giusta difesa delle sue
    motivazioni;
  • Ripetuto e/o prolungato nel tempo;
  • Con minaccia di violenza, fisica o psichica, reale, la quale può manifestarsi anche mediante la privazione o la riduzione della libertà della vittima.
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