Come controllare le tue emozioni

Fin dal XVIII secolo, gli psicologi hanno riconosciuto una potente divisione della mente umana in tre parti: A cognizione (o pensiero); B affettività (comprese le emozioni); C motivazione.

L’area cognitiva comprende funzioni come la memoria, il ragionamento, il giudizio e il pensiero astratto e, tradizionalmente, il termine intelligenza è stato usato dagli psicologi per qualificare il buon funzionamento di quest’area. Quindi il concetto di intelligenza è legato ad abilità come ragionare, elaborare pensieri astratti, giudicare ed al potere di separare e combinare concetti (Tommaso d’Aquino 1225-1274).

Le emozioni, invece, appartengono alla seconda area, cosiddetta affettiva, che inoltre comprende anche: la valutazione, l’umore e altri stati d’animo, come la stanchezza e l’energia. La motivazione è la terza area e si riferisce a bisogni biologici ed ai comportamenti orientati al raggiungimento dei propri obiettivi. Le persone usano svariate tecniche per regolare il proprio umore: Thayer, Neumann, e McClain (1994) sostengono che l’esercizio fisico sia l’unica strategia efficace, tra quelle sotto il proprio controllo, per migliorare il cattivo umore. Le altre strategie di regolazione dell’umore comunemente descritte sono: ascolto di musica, interazione sociale, regolazione cognitiva (come l’auto-incitamento); altre strategie efficaci sono le distrazioni piacevoli come: gli hobby, le attività divertenti, lo shopping, la lettura e la scrittura. Ci sono quelle strategie che comprendono una gestione passiva dell’umore come: guardare la televisione, bere caffè, mangiare e dormire (Salovey e Mayer, 2000). Ma, è inefficace anche passare il tempo da soli evitando la persona o la cosa che ha provocato il cattivo umore, come sono inefficaci, nonché controproducenti, le strategie dirette alla riduzione della tensione come: droghe, alcol e sesso. In generale i metodi di regolazione più riusciti comportano spesa di energia; le strategie più efficaci per migliorare il cattivo umore possono essere le tecniche di gestione di attività che combinano il rilassamento, la gestione dello stress cognitivo e l’esercizio.

Hilda Bruck, un pioniere degli studi sul disturbo del comportamento alimentare, pubblicò il suo articolo fondamentale su questi disturbi nel 1969. La Bruck, che si interrogava sui casi di donne che rifiutano il cibo fino a morire, ipotizzò che una delle molteplici cause consistesse nella incapacità di identificare e di rispondere appropriatamente agli stimoli corporei, in particolare, come ovvio, quello della fame. Da allora la letteratura medica sui disturbi alimentari ha conosciuto una fioritura impressionante ed è stata avanzata una molteplicità di ipotesi sulle loro cause, che vanno da una sensazione di inadeguatezza delle ragazze e delle bambine di fronte a modelli inarrivabili di bellezza femminile con i quali si sentono costrette a competere, alla presenza di madri importune che invischiano le proprie figlie in una trama di sensi di colpa e di rimproveri per sottoporle al proprio controllo.
Attendibili, da un punto di vista scientifico, sono gli studi condotti su gruppi di persone piuttosto ampi, per verificare quali di esse, in un arco di tempo di diversi anni, finiranno per essere afflitte da una di queste patologie. Studi simili consentono un paragone chiaro che può indicare, per esempio, se la presenza di genitori dominanti predispone una ragazza a disturbi del comportamento alimentare. Oltre ciò, è possibile identificare l’insieme delle condizioni che suscitano il problema, distinguendole da altre che potrebbero sembrare cause, ma che in effetti si riscontrano altrettanto spesso in persone non affette dal problema e in quelle che si sottopongono alla terapia.
Quando uno studio di questo tipo venne svolto su più di novecento adolescenti dalla settima alla decima classe, si riscontrò che le carenze emozionali – in particolare l’incapacità di individuare i sentimenti dolorosi e di controllarli – erano un fattore chiave che conduceva a disturbi del comportamento alimentare.

Articolo di Emilio Davì

Corso Comunicazione Non Verbale

 

 

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