La tua personalità si forma nei primi anni di vita

Origine e sviluppo nello studio delle relazioni infantili
Se negli anni ’50 e ’60 ciò che interessava erano sopratutto le capacità cognitive del bambino e il suo graduale padroneggiare la realtà che lo circonda, negli anni ’70 il quadro cambia radicalmente – riferisce Camaioni (1980) – e il bambino viene visto innanzi tutto come essere sociale in grado di stabilire precocemente complessi e significativi rapporti con le altre persone e di diventare in breve tempo un membro competente della comunità sociale alla quale appartiene.

All’origine di questo interesse si possono rintracciare due fatti: il primo è il forte impulso dato dall’etologia all’osservazione naturalistica del comportamento sociale degli animale, che ha avuto l’effetto di stimolare analoghe osservazioni sul comportamento sociale umano, in particolare su quello infantile; il secondo è che l’area dello sviluppo sociale, fino agli anni ’60 tendenzialmente vittima di un complesso di inferiorità nei confronti di aree più progredite, ad esempio quella dello sviluppo cognitivo, ha cominciato ad elaborare teorie e modelli autonomi.
L’esempio più noto in questo senso è la teoria dell’attaccamento elaborata da Bowlby (1969), il quale si rifà direttamente, pur criticandola per alcuni aspetti, all’altra grande teoria dello sviluppo sociale primario precedentemente formulata, la teoria freudiana. Successivamente, l’interesse per le relazioni affettive dei bambini piccoli si è ampliato ancor di più e non ci si concentra esclusivamente sul legame tra genitori e figli.

Sono proliferate, infatti, ricerche empiriche riguardanti le relazioni interpersonali dei bambini con i fratelli, con gli amici, con il gruppo dei coetanei, e i collegamenti tra e all’interno di queste. Tra i vari autori,

Dunn (1998), guarda oltre la tradizionale teoria dell’attaccamento, che riduce la ricchezza e la complessità degli affetti infantili al legame originario ed esaustivo con la madre.

L’autrice descrive le relazioni che il bambino intrattiene sia all’interno della vita familiare (bambino-fratello, genitore-fratello) sia all’esterno (legami amicali) e mostra come le prime influenzano le seconde. Cresciuto è anche l’interesse degli studiosi per i rapporti tra progresso cognitivo e interazione sociale, specie nella prima infanzia, sostenendo che gli scambi sociali ai quali i piccoli partecipano svolgono un ruolo significativo nella crescita della loro capacità di comprendere (Bryant, 1985). Bruner (1983) evidenzia come i bambini abbiano una predisposizione innata ad interagire con gli altri esseri umani, i quali sono gli strumenti principali di cui dispongono per raggiungere i propri scopi.

Le relazioni con i genitori

Nell’ambito della teoria dell’attaccamento, l’interesse prioritario è rivolto alla tipologia delle differenze nella dimensione della sicurezza delle relazioni dei bambini con i genitori.

L’adulto garantisce al bambino una base sicura dalla quale egli può esplorare con tranquillità l’ambiente e sviluppare la propria autonomia. Bowlby elaborò la sua teoria partendo dagli studi etologici sul legame madre-figlio nei primati non umani. Nell’ambito di tale approccio teorico, il disagio dei bambini alla separazione e i loro tentativi di ristabilire la vicinanza con le madri sono interpretati come parte di un sistema che tiene insieme e vicini la madre e il bambino nel momento del pericolo, un sistema che potrebbe aver avuto la funzione di proteggere dai predatori i giovani individui nell’ambiente in cui, all’inizio, gli esseri umani si sono evoluti.

Bowlby ha sostenuto che, a partire dalle interazioni garantite da tale sistema, si sviluppa un legame d’attaccamento madre-figlio hanno un ruolo nel successivo sviluppo della personalità del bambino e nelle sue successive relazioni interpersonali.

Le relazioni tra fratelli

Alcuni fratelli e sorelle appaiono affettuosi e interessati, altri costantemente in conflitto, altri ancora appaiono disinteressati, non coinvolti l’un l’altro. La rivalità tra fratelli è forse l’aspetto della relazione che storicamente ha ricevuto maggiore attenzione perché si supponeva che potesse rappresentare una chiave di lettura per comprendere le successive differenze di personalità (Freud, 1938).

Tuttavia, alcuni fratelli litigano ma giocano anche spesso insieme. Tra i fratelli di età prescolare, si è verificato che i bambini che frequentemente entrano in conflitto con i loro fratelli, sono anche gli stessi che, con più probabilità, cercano anche di sostenere, di aiutare e di cooperare (Dunn e Munn, 1986).

Possono essere prese in considerazione le stesse dimensioni usate per descrivere le relazioni dei bambini con i propri genitori: l’attaccamento reciproco è evidente dal fatto che i bambini sentono la mancanza del fratello o della sorella quando sono assenti e
ritornano felici quando questi riappare, inoltre usano il fratello maggiore come una base dalla quale partire per esplorare il mondo circostante.

In alcune coppie di fratelli il livello di coesione nel loro modo di comunicare è davvero accentuata, mentre in altre raramente conversano e giocano in modo coeso. In uno studio in Pennsylvania, ad esempio, le differenze tra le coppie di fratelli nella proporzione di turni conversazionali coesi andavano dal 18% al 100%. Ampie differenze si trovano anche nella condivisione dell’umorismo, inoltre gli scherzi
condivisi dai fratelli tendono a focalizzarsi su argomenti abbastanza diversi da quelli tra genitori e figli ed il fratello maggiore spesso assume il ruolo di guida nel proporre scherzi.

Anche la dimensione della reciproca espressione di sé e della discussione sui propri sentimenti è presente in alcune e molto rara in altre coppie di fratelli. È da notare che in uno studio recente si è visto come i bambini tra il bambino e chi si prende cura di lui e che la relativa sicurezza o insicurezza di tale legame avrà effetto sul futuro sviluppo emotivo e sulla personalità, infatti, una fiducia nell’inesauribile sostegno della figura d’attaccamento rappresenta la base sulla quale si costruisce una personalità sicura di sé (Bowlby, 1973).

Entro la cornice teorica dell’attaccamento bisogna considerare anche altri aspetti della relazione tra genitori e figli, al di là della dimensione della sicurezza.

In primo luogo, la condivisione dei sentimenti e delle esperienze con un’altra persona è un aspetto dell’intimità considerato importante nelle relazioni dell’adolescenza e dell’età adulta, ma fin dall’età prescolare alcuni bambini mostrano notevole curiosità per i sentimenti, le intenzioni, le preoccupazioni dei loro genitori. La curiosità per i sentimenti provati dalla madre è illustrata dal caso – riportato dalla
Dunn (1998) – di un bambino di soli 28 mesi che, ascoltando la madre parlare con un osservatore di come si era sentita spaventata trovando un topo morto dietro una sedia, interrompeva impazientemente la conversazione per chiedere “che cosa ti spaventa mamma?”.

Una seconda dimensione quasi del tutto ignorata negli studi sulle relazioni tra genitori e figli è l’umorismo condiviso.

Eppure non si può non rimanere colpiti dagli scherzi e dall’umorismo che molti genitori e figli condividono, dal divertimento che essi provano nel trovare insieme le cose buffe. La coesione, cioè la misura in cui due individui mantengono un filo comune di discorso quando interagiscono, è la terza dimensione da prendere in considerazione. Ci sono notevoli differenze tra le coppie madre-bambino in questa dimensione: ci sono coppie che hanno scambi molto brevi e coppie che fanno lunghe conversazioni durante le quali ogni membro è sintonizzato sui contributi dell’altro.

Queste dimensioni delle relazioni con fratelli riescono con maggior successo nei compiti di comprensione delle menti altrui a differenza dei figli unici, risultato che merita attenzione, se verrà replicato (Perner, Ruffman e Leekham, 1994). Un aspetto che caratterizza alcune relazioni fraterne è la condivisione della fantasia.

A differenza dei giochi di finzione nei quali madri e figli giocano insieme, nei giochi di fantasia tra fratelli, entrambi i bambini di solito agiscono come partner interamente presi dal mondo della fantasia che condividono. Tale capacità richiede una comprensione
abbastanza complessa del mondo del fare finta insieme, una capacità che è impressionante per bambini di due o tre anni. I fratelli che partecipano frequentemente a giochi di fantasia in comune presentano una probabilità più alta di mostrare reciproco interesse e amichevolezza anche in altri modi, ma quando si osservano da vicino altri aspetti del comportamento positivo, quali la capacità di dare aiuto, di condividere e di preoccuparsi del disagio dell’altro vediamo che non sono necessariamente gli stessi bambini che partecipano al gioco a manifestarlo.

Si può concludere che nelle relazioni di coppia è importante il temperamento di entrambi e la somiglianza o meno di carattere è una spiegazione del loro modo di andare d’accordo.

Le relazioni con i coetanei: gli amici sono importanti

Ignorare quello che accade tra i bambini e i loro amici significa non cogliere una parte significativa di ciò che li entusiasma, li rende felice o tristi e che è fondamentale nella loro vita fin dagli anni che precedono la scuola. Eppure, fino a un’epoca relativamente recente, nella maggior parte delle ricerche sullo sviluppo sociale del bambino l’attenzione si è concentrata sulle relazioni con i genitori o con il gruppo di compagni di scuola, prendendo in esame, soprattutto, la popolarità o l’isolamento del bambino, poiché si riteneva che fossero questi i
rapporti fondamentali per il suo sviluppo.

Oggi sappiamo che ciò che accade fra amici è diverso ed è anch’esso importante ai fini dello sviluppo e dell’adattamento e l’importanza della distinzione tra amicizia e popolarità tra coetanei è diventata oggetto di ricerca, sottolineando l’urgenza di studiare i coetanei assumendo una prospettiva relazionale.

Le osservazioni dei bambini a casa, al nido e alla scuola materna dimostrano che, se hanno l’opportunità di stabilire relazioni con altri bambini, alcuni di essi svilupperebbero delle relazioni caratterizzate da reciproco affetto e calore, relazioni che possono rimanere stabili nel corso degli anni.

Per questo, sostiene Dunn (2006), i bambini possono essere amici fin dai primi passi. Anche se molto piccoli, mostrano un comportamento di sollecitudine e sostegno agli altri; giocano insieme condividendo un mondo immaginario nel gioco di fantasia, comportando un interconnessione tra menti che costituisce un primo passo fondamentale nella comprensione dei sentimenti e dei pensieri dell’altro, oltre a riflettere una sorta di intimità e fiducia. La ricerca osservativa dimostra che le interazioni dei bambini con i loro amici sono per molti aspetti diverse da quelle con bambini che non lo sono. Ad esempio, i bambini trascorrono più tempo interagendo con i loro amici ed è diverso il loro comportamento nei conflitti: infatti, con gli amici cercano più spesso la riconciliazione; cambia anche
la concezione di trasgressione morale, nettamente in contrasto con la posizione morale nei confronti dei fratelli.

Nonostante vi siano ampie differenze individuali tra le coppie di amici, non c’è dubbio che già nei primi anni di vita i bambini
possono mostrare considerevole preoccupazione e cercare concretamente di confortare i loro amici. Blum (1987) riporta un esempio che riguarda una bambina di tre anni: Sarah, tre anni, dà a Clare, tre anni, il suo cappello di Paperino da tenere per sempre, dicendo che lo ha fatto perché Clara ha perso recentemente, ma non in quel momento, il suo cappello dei Celtics. È stato, inoltre, dimostrato come gli amici abbiano il ruolo di sostegno per bambini di tre anni che affrontano la nascita di un fratellino, un evento di sconvolgimento familiare (Kramer, 1990).

Forse gli aspetti più sorprendenti nelle relazioni tra i piccoli amici sono l’importanza del gioco comune e di farsi compagnia nonché le
differenze nel modo in cui essi giocano e comunicano in modo coeso e coordinato. Dalle osservazioni effettuate nel Pennsylvania Sibling Study risulta che la dimensione dell’affetto positivo espresso tra gli amici era relativamente indipendente dal grado con cui essi sostenevano una comunicazione coesa e dal gioco; risultava indipendente anche dalla dimensione della fantasia condivisa, nella quale i bambini erano coinvolti (Slomkowski e Dunn, 1993).

Un’ipotesi generale sostiene che le basi delle relazioni infantili con gli amici e coetanei vadano ricercate nella sicurezza emotiva e nelle capacità sociali che i bambini sviluppano nelle relazioni familiari, soprattutto con la madre. Tuttavia, gli studi si sono concentrati sui possibili collegamenti tra la relazione genitore-figlio e lo status dei pari anziché considerare l’amicizia. I risultati di uno studio condotto su
diadi di bambini di 4 anni e i loro migliori amici indicava che la sicurezza dell’attaccamento madre-bambino, valutata nello stesso momento, era collegata ad un insieme specifico di correlati dell’amicizia, ovvero le coppie di amici di cui entrambi i bambini avevano un attaccamento sicuro con la madre erano più armoniose, più responsive e meno dominanti delle diadi bambino sicuro-bambino insicuro.

Questi amici non avevano meno conflitti, ma affrontavano le dispute in maniera pacifica ed era più probabile che distribuissero i giocattoli con maggior equità. Tuttavia, la ricerca che si è occupata delle amicizie tra bambini di 5 anni e delle relazioni precoci di attaccamento sia con la madre che con il padre, ha sollevato alcune domande importanti sui collegamenti tra le relazioni. Sono state osservate, invece, chiare diversità tra le relazioni fraterne e quelle amicali, sebbene si tratti in entrambi casi di relazioni intime, contrariamente all’idea della
teoria dell’attaccamento e della teoria dell’apprendimento sociale.

Le amicizie comportano un impegno reciproco di affetto, sostegno e fiducia, mentre non tutti anni che affrontano la nascita di un fratellino, un evento di sconvolgimento familiare (Kramer, 1990). Forse gli aspetti più sorprendenti nelle relazioni tra i piccoli amici sono l’importanza del gioco comune e di farsi compagnia nonché le differenze nel modo in cui essi giocano e comunicano in modo coeso e coordinato.

Dalle osservazioni effettuate nel Pennsylvania Sibling Study risulta che la dimensione dell’affetto positivo espresso tra gli amici era relativamente indipendente dal grado con cui essi sostenevano una comunicazione coesa e dal gioco; risultava indipendente anche dalla dimensione della fantasia condivisa, nella quale i bambini erano coinvolti (Slomkowski e Dunn, 1993). Un’ipotesi generale sostiene che le basi delle relazioni infantili con gli amici e coetanei vadano ricercate nella sicurezza emotiva e nelle capacità sociali che i bambini
sviluppano nelle relazioni familiari, soprattutto con la madre.

Tuttavia, gli studi si sono concentrati sui possibili collegamenti tra la relazione genitore-figlio e lo status dei pari anziché considerare l’amicizia. I risultati di uno studio condotto su diadi di bambini di 4 anni e i loro migliori amici indicava che la sicurezza dell’attaccamento madre-bambino, valutata nello stesso momento, era collegata ad un insieme specifico di correlati dell’amicizia, ovvero le coppie di amici di cui entrambi i bambini avevano un attaccamento sicuro con la madre erano più armoniose, più responsive e meno dominanti delle diadi bambino sicuro-bambino insicuro.

Questi amici non avevano meno conflitti, ma affrontavano le dispute in maniera pacifica ed era più probabile che distribuissero i giocattoli con maggior equità.

Tuttavia, la ricerca che si è occupata delle amicizie tra bambini di 5 anni e delle relazioni precoci di attaccamento sia con la madre che con il padre, sollevato alcune domande importanti sui collegamenti tra le relazioni. Sono state osservate, invece, chiare diversità tra le relazioni fraterne e quelle amicali, sebbene si tratti in entrambi casi di relazioni intime, contrariamente all’idea della teoria dell’attaccamento e della teoria dell’apprendimento sociale.

Le amicizie comportano un impegno reciproco di affetto, sostegno e fiducia, mentre non tutti i fratelli provano gli stessi sentimenti l’uno per l’altro. I bambini, inoltre, tendono a prendere in maggior considerazione le idee dei loro amici anziché dei fratelli; a ragionare e a negoziare più con gli amici che non con i fratelli, giudicando diversamente le trasgressioni morali.

In aggiunta, con gli amici non esistono rivalità per l’amore e per l’attenzione dei genitori e non vi è una sorta di conflitto competitivo come avviene, invece, spesso nel caso dei fratelli. Le capacità e le opportunità di trovare un amico del cuore aumentano con l’ età e, quindi, con il passaggio all’ambiente scolastico, e con esse anche un’eventuale protezione dalle prepotenze del gruppo dei pari, un fenomeno ormai noto con il nome di bullismo.

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