Analisi Psicologica del caso di Noemi Durini

Articolo di Laura Marzo

Relatore di Tesi: Igor Vitale

Noemi ha sedici anni, frequenta l’istituto superiore di Tricase; è una ragazzina “esuberante, ribelle”, come la definisce la sorella. “Fa sempre quello che vuole, è inarrestabile, vulcanica, ma anche generosa e affettuosa, è una pazzerella”, come dirà la madre. Nel 2016 Noemi conosce Lucio, un ragazzo di un anno più grande di lei. Noemi è la sua prima ragazza, il suo primo amore. Tra i due ragazzi si stabilisce un rapporto morboso, di dipendenza reciproca, uno di quei rapporti che fanno male.

Quando Noemi minaccia di lasciarlo, Lucio “sbatte la testa a terra” dice Biagio Marzo, inizialmente accusato di occultamento di cadavere. Nel corso dei 12 mesi che precedono il delitto di Specchia, Lucio subisce trattamenti sanitari obbligatori.

Un TSO, per chiarezza, è una ospedalizzazione forzata nel corso della quale il soggetto viene prelevato, immobilizzato e riceve la somministrazione di farmaci in grado di sedare lo stato di agitazione. Si ricorre a questa forma di trattamento quando il paziente si rifiuta di curarsi e quando è in uno stato di agitazione tale da essere pericoloso per sé e per gli altri. In questo stato Lucio ci è finito tre volte. Nonostante tutto ai due ragazzi nessuno vieta concretamente di vedersi e frequentarsi, neanche le denunce sporte dalla famiglia Durini e dalla famiglia Marzo. L’11 agosto scorso, quasi un mese prima che il corpo della sedicenne fosse rinvenuto in una campagna nelle vicinanze, sotto un cumulo di pietre, la ragazza scriveva su Facebook: “Fidanzamento ufficiale”, i due erano tutt’altro che lontani. Inquietante alla luce dei fatti successivi il commento del padre dell’assassino, che scrive: “Un cancro”.

Per i genitori di Lucio, Noemi era un male senza rimedio, era lei la responsabile di quei momenti terribili in cui il loro figlio perdeva il controllo. La notte di sabato 3 settembre, i due ragazzi progettano di vedersi. Alle cinque del mattino di domenica, Noemi esce di casa e raggiunge il suo Lucio. Il ragazzo ha a disposizione l’auto della madre, anche se minorenne, le immagini delle videocamere di sicurezza li riprendono. Sul motivo dell’incontro si sa solo quello che oggi dice chi avrebbe colpito Noemi a morte, lei non può più parlare: “voleva che uccidessi i miei genitori”. Dopo poche ore i genitori della studentessa ne denunciano la scomparsa, sperando che si tratti di una “ragazzata”, ma il presentimento che il suo fidanzato sia coinvolto cresce sempre di più, fino a che il padre della ragazza lo affronta in malo modo, sferrandogli un pugno. Per tutta risposta il ragazzo esce dal bar in cui si trovava con l’uomo e comincia a colpire un’auto con una sedia, fino a sfasciarne una fiancata. Passano i giorni e nonostante la sedicenne sia ancora ufficialmente scomparsa viene formulata contro Lucio l’accusa di omicidio. Lui nega, poi crolla.

I genitori vengono informati della confessione dall’intervistatrice di “Chi l’ha visto?” che manda in onda lo spezzone di intervista con la reazione dei genitori alla notizia. I due, che ammetteranno di essere stati a conoscenza dell’omicidio da prima, fingono sorpresa nell’apprendere che Noemi è morta e per di più uccisa da loro figlio. Intanto Lucio esce dalla caserma dopo l’interrogatorio, sbeffeggiando le telecamere con smorfie e sorrisi.

È qui che il caso diventa la prima notizia dei Tg, il primo argomento dei Talk show. In collegamento con un programma televisivo, la madre di Lucio legge il biglietto che il figlio ha indirizzato a lei e suo marito dopo la confessione: “Quello che ho fatto è stato per l’amore che provo per voi.

Noemi voleva che io vi uccidessi per potere avermi con sé. Sono un fallito e mi faccio schifo. Vi voglio bene papà e mamma”. Ai giudici racconta che Noemi voleva sterminare la sua famiglia, che l’ha colpita con il coltello che lei stessa aveva portato, affermazione che Roberto Vaglio, il patologo che ha esaminato il corpo della ragazza , ha confermato.

Nessuna parola di pietà per Noemi o segni di rimorso, anzi, nonostante le presunte patologie psichiatriche in corso di verifica, secondo la procuratrice del Tribunale dei minori Maria Cristina Rizzo, “non ha evidenziato disagio di tipo psichico: era lucido e chiaro nella ricostruzione dei fatti, non ha avuto crisi di pianto o momenti di sconforto”.

“Lei aveva il coltello in mano, e come se mi minacciava anche a me”.

Dopo aver avuto un rapporto ed essere scesi dall’auto nelle campagne di Castrignano, Lucio sostiene d’averla uccisa al culmine di una lite. “Le sono andato di dietro e le ho infilzato il coltello in testa, e poi con delle pietre le ho frantumato la testa. L’ho lasciata stesa e ho messo delle pietre sopra di lei. So di averla colpita alla nuca, ma non so in quale punto. Poi si è spezzata la lama dentro, io mi sono trovato il manico in mano e me lo sono messo in tasca”.

Biagio Marzo, il padre, nega di aver mai partecipato all’omicidio, sua moglie commenta: “no, sono sicurissima, possono girare quanto vogliono, per lui sono sicura”. Di suo figlio non lo era, e da tempo, probabilmente.

Lucio, reo confesso dell’omicidio di Specchia, ci ripensa mentre giunge l’esito della perizia psichiatrica. Lo psichiatra Alessandro Zaffarano e la psicologa Maria Grazia Felline, nominati dal gip della Procura dei Minori Ada Colluto, riconoscono al ragazzo la capacità di intendere e di volere.

La versione cambia completamente quando il 3 gennaio il giovane, detenuto nel carcere di Quartucciu in Sardegna, ha rimesso in moto la macchina giudiziaria con la consegna ad un’agente penitenziario di una lettera in cui indica in Fausto Nicolì, un meccanico di 49 anni originario di Patù (un altro paese in provincia di Lecce), l’assassino di Noemi.

Che senso dare a questa lettera spuntata dal carcere di Quartucciu, in Sardegna, dove L. si trova con l’accusa di omicidio? Può, quindi, un’altra persona aver avuto un ruolo nella vicenda? L’ultima volta che Lucio aveva scritto un biglietto, aveva sottolineato come si fosse macchiato dell’omicidio per i suoi genitori.

Il ragazzo nella seconda versione racconta che quella sera era con Noemi, seguivano Fausto Nicolì (come da accordi presi la sera prima) a Castrignano del Capo. L’uomo, con una Seat Ibiza, avrebbe consegnato alla sedicenne una pistola, con la quale Noemi avrebbe voluto uccidere i genitori di Lucio, secondo le dichiarazioni dello stesso giovane. A quel punto gli animi si sarebbero scaldati, sarebbe nata una discussione culminata poi nella coltellata inferta da Nicolì al capo della vittima.

Nicolì avrebbe poi minacciato il ragazzo di addossarsi le colpe, di nascondere la verità minacciando lui e la sua famiglia, soprattutto la sorellina undicenne.

Sarà ora compito degli investigatori chiarire le responsabilità di tutti i protagonisti.

 

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