solitudine hikikomori

Hikikomori: significato, sintomi in psicologia

“Hikikomori” è un lemma di origine giapponese utilizzato per circoscrivere una categoria di individui, in prevalenza adolescenti e giovani adulti, che sceglie di ritirarsi dalla vita sociale per periodi molto lunghi. Il termine fu coniato nel 1998 dallo psichiatra Tamaki Saitō, il quale definì questa nuova tipologia di disturbo con l’espressione “Social Withdrawal”.

Gli iniziali resoconti del disagio sono tuttavia datati 1978, anno in cui venne fornita una prima panoramica da Kasahara che descrisse un gruppo di soggetti definiti tajkyaku shinkeishou, altresì noti nel mondo scientifico anglosassone come reatreat neurosis, la cui sintomatologia non corrispondeva a criteri diagnostici assimilabili a disturbi quali psicosi o depressione.

L’età di diffusione è compresa tra i 19 ed i 30 anni, i soggetti sono primariamente di sesso maschile, primogeniti. Stime verificate illustrano che soltanto il 10% del campione è caratterizzato da una componente femminile. Alcuni dati rilevano che il fenomeno includerebbe un numero di diffusione compreso tra 500.000 ed 1 milione, corrispondente a circa l’1% della popolazione, mentre l’università di Okinawa sostiene che la cifra ammonti a 410.000 individui. Negli ultimi vent’anni si è assistito ad un incremento sostanziale del fenomeno, pertanto nel 2003 il Ministero della Salute e delle Politiche Sociali del Sol Levante ha deciso di predisporre un’indagine che ha coinvolto molteplici centri psichiatrici del Paese per effettuare 14.000 consultazioni. In seguito il governo nipponico ha stabilito i seguenti parametri diagnostici per consentire, in maniera specifica, una corretta diagnosi differenziale tra il disturbo hikikomori ed altre psicopatologie: “hikikomori non è una sindrome5, la reclusione volontaria deve essere stata protratta per almeno 6 mesi, in contemporanea deve verificarsi il rifiuto di intraprendere percorsi scolastici o professionali, durante il corso della prima manifestazione del disturbo i sintomi non possono essere giustificati dalla presenza di altri disturbi mentali” (quali, ad esempio, allucinazioni nel disturbo schizofrenico o l’accertamento di un disturbo evitante di personalità).

 

Tali criteri di valutazione, tuttavia, non sono stati ancora presi in considerazione ufficialmente dalla comunità scientifica. Sia il DSM-IV-TR che il DSM-5 non comprendono il concetto di “hikikomori” fine a se stesso malgrado vi siano state proposte per l’inserimento7; ad ogni modo nella nuova edizione del DSM sono state classificate diverse patologie vicine a questa condizione. Possono ritrovarsi nella tendenza “Hikikomori” sintomi quali l’agorafobia, costituita dal terrore di uscire fuori dalla propria abitazione; il disturbo d’ansia sociale, caratterizzato dalla paura di coinvolgimento nelle relazioni sociali; il disturbo depressivo maggiore e alcuni aspetti del disturbo ossessivo compulsivo tra cui la rupofobia (ossia la paura di essere contaminati dai germi uscendo di casa) che può favorire lo sviluppo del ritiro o la presenza di un disturbo di personalità. Tra i segni vi è inoltre una marcata antropofobia, intesa come angoscia morbosa determinata dalla presenza di una o più individui. In alcuni casi è stato osservato che il soggetto hikikomori subirebbe una regressione infantile, emettendo una voce puerile e ricercando continuamente la madre; in altri casi è stata rilevata una comorbidità con comportamenti patologici legati alla nuova forma di dipendenza citata nel DSM-5 come “Internet Addiction Disorder” ed un capovolgimento dei ritmi circadiani per cui gli individui hikikomori tendono a vivere durante la notte dormendo tutto il giorno.

Dagli hikikomori vanno distinti anche quei soggetti che continuano ad intrattenere rapporti sociali, come ad esempio tutte quelle persone rientranti nel genere Neet (not engaged in education, employment or training) acronimo che indica un gruppo di individui che non possieda un’attività lavorativa né la ricerchi e non sia impegnato nella costruzione di una propria formazione scolastica; tale condizione è sovente tradotta, in gergo giornalistico italiano, come “né-né”.

E’stata riscontrata una tendenza nell’opinione pubblica giapponese a considerare quali sinonimi “Neet” e “Hikikomori”: ciò costituisce un’imprecisione poiché con il termine “Neet” sono inclusi individui tra i 15 ed i 34 anni che, essendo disoccupati e non iscritti ad un istituto scolastico, vivono mantenuti dai genitori continuando a mantenere rapporti sociali al di là del contesto familiare, riunendosi in diversi gruppi giovanili che conducano, all’interno del proprio iter quotidiano, le medesime attività. La differenza tra le due categorie è stata studiata recentemente9. I ricercatori hanno sviluppato una nuova scala, la “Neet-Hikikomori Risk Factors” (NHR), che ha incluso sia la condizione di “Neet” che quella “Hikikomori” quali diagnosi facenti parte di uno spettro composto da sintomi psicologici correlati in entrambi i casi ad uno stato di emarginazione dalla società. Sono stati individuati principalmente tre fattori di rischio per lo sviluppo delle due inclinazioni. Il primo concerne l’attitudine allo stile di vita di “Freeter”10, il secondo implica l’assenza fondamentale di “autocompetenza”, unito ad una mancanza di ambizioni specifiche nei confronti del futuro. Dai risultati è emerso che i sintomi sottoposti ad analisi dalla scala siano stati rilevati tra lavoratori non classificabili come “Neet” o “Hikikomori”. Un vantaggio della scala risiede nell’identificazione dei rischi comportamentali che possono costituire un potenziale fattore di rischio per lo sviluppo delle due tendenze, oltre ad aver contribuito a definire le categorie di persone che potrebbero beneficiare di interventi precoci atti a scongiurare la possibilità di emarginazione dalla collettività. Un ulteriore merito è stato quello di aver individuato sintomi psichici dello spettro “Hikikomori” associati ad un disturbo depressivo, come ad esempio l’anedonia11. Il primo fattore misurato dalla scala, riguarda quindi un’incessante resistenza individuale al conformarsi ad uno standard culturale che prevede il passaggio ad una condizione di “adultità”. Stato che risulta meno presente tra i disoccupati piuttosto che tra i dipendenti che svolgono un impiego di mezza giornata. Si è inoltre riscontrato come un elevato punteggio nella scala indichi una propensione minore da parte del soggetto ad adeguarsi al gruppo dei pari. Il secondo fattore ha descritto la percezione personale delle proprie abilità sociali e nelle competenze accademico-lavorative ed ha illustrato come le due condizioni “Neet” e “Hikikomori” abbiano in comune una bassa considerazione di sé e delle proprie capacità, oltre a non aver chiaro un progetto di vita. E’ emersa, infine, un’importante correlazione tra lo status socioeconomico e lo sviluppo di una delle due tendenze e si è riscontrato come i soggetti aventi un livello di istruzione superiore fossero più inclini a svilupparle; si è inoltre riscontrato quanto uno stato di emarginazione possa costituire un fondamentale fattore di rischio.

Articolo di Valerio Bruno

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