Issei Sagawa: analisi psicologica del cannibale giapponese

Issei Sagawa nasce in Giappone , il 26 aprile del 1949 in una ricca famiglia. Uomo minuto (35 kg di peso su un’altezza di m 1,51) dalla voce flebile, è ossessionato dalle carni bianche delle donne occidentali. La sua fissazione travalica l’atto omicidiario, che è un semplice mezzo, ma si dirige maniacalmente verso l’unico fine di poter assaggiare, gustare, nutrirsi di quelle carni, godendone (Pagliara, 2010).

Lo stesso scriverà nella sua biografia romanzata “In the fog” : “Desideravo sempre, ogni sera, ogni notte, riuscire a realizzare la mia fantasia…pensavo sempre alla stessa cosa. Era dura, molto dura. Durante il giorno studiavo, scrivevo, ma la notte uscivo di casa in cerca di prostitute. Poi, quando erano in casa mia, nella mia stanza, quando usavano il bidet, cercavo di sparare, ma non potevo. Non era una questione di moralità: avevo paura” (Sagawa, 1987).

Studente di Letteratura Inglese all’Università di Tokio si introdusse nella camera da letto della sua insegnante tedesca per tramortirla ed assaggiarla ma la donna si svegliò prima che potesse agire, mettendolo in fuga. Questa prima esperienza lo convinse che la strategia andava pianificata (Camerani,2010).

Anni dopo, presso l’Università della Sorbona a Parigi, conosce nel corso di Letteratura Inglese una bella ragazza olandese, Renèe Arthevelt, e ne rimane colpito. E’ alta e bianca, sembra incarnare il suo ideale. Le braccia soprattutto lo attraggono. Comincia a frequentarla, Renèe lo trova simpatico, ma niente più. Issei ben presto si rende conto che non potrà più fare a meno di lei. Quando la ragazza esce dalla sua stanza, è tale il desiderio che annusa e lecca la sedia sulla quale era seduta. Acquista una pistola ed un coltello elettrico e la invita presso di lui (Pagliare, 2010).

E’ l’11 giugno 1981. Issei chiede alla ragazza di leggere la sua poesia preferita perché possa registrarla e, mentre lei recita, le spara un colpo alla nuca (Pagliara, 2010).

La scelta dell’arma da fuoco per uccidere è significativa. Non implica contatto diretto ed anche il colpo alla nuca suggerisce un distacco, una strumentalità dell’azione, un passaggio obbligato per raggiungere l’oggetto del desiderio (Camerani,2010).

Un colpo, un corpo che cade in terra. I vicini, interrogati dalla polizia parigina, dichiararono che sentirono distintamente le urla di felicità dell’uomo per l’intera serata. Issei dichiarò che tutto, all’improvviso, gli apparve semplice e liberatorio, finalmente aveva quel corpo tanto desiderato. Come un amante premuroso la spogliò, scattò foto e rimase ad ammirarla (Camerani, 2010).

“Toccai i suoi fianchi e mi chiesi dove avrei dovuto iniziare a mordere…” (Sagawa,1987).

Decise per il seno sinistro che mangiò crudo come parte del naso. Raccontò poi che mentre mangiava, assaporando il gusto della carne e del grasso, in parte cotti, fritti con la mostarda, usando la sua biancheria intima come tovagliolo, si eccitò ascoltando la sua voce registrata (Pagliara,2010).

“Volevo la sua lingua, ma non riuscivo ad aprire la mascella inferiore…riuscii ad arrivarci attraverso i denti e finalmente venne fuori..” (Sagawa,1987).

Ne fece un sol boccone guardandosi allo specchio mentre la masticava. Continuò per gran parte della notte, staccando parti del corpo di Renèe (fotografando ogni passaggio), mormorando quanto la amasse e facendo sesso con esse. Particolare cura dedicò a quelle braccia che tanto lo avevano fatto fantasticare: dichiarò che la parte più deliziosa era quella che andava dall’ascella al gomito. Coricatosi con i poveri resti di Renèe, la mattina successiva depezzò quello che restava degli arti e ciò gli procurò una tale eccitazione che dovette masturbarsi con la mano della ragazza (Camerani,2010).

Nel goffo tentativo di sbarazzarsi dei resti del cadavere, mettendoli in una valigia che trasportò sul greto di un vicino laghetto, fu notato e segnalato alla Polizia che si trovò di fronte una persona collaborativa, che non opponeva alcuna resistenza fisica o psicologica. Confessò tutto con dovizia di particolari mostrando inoltre il materiale fotografico e la registrazione. Fu invocata l’infermità di mente e Issei fu tradotto in un ospedale psichiatrico, fino a quando il ricco padre non chiese ed ottenne il trasferimento in una struttura sanitaria a Tokio (Pagliara,2010).

In Giappone fu poi però riconosciuto sano di mente e trasferito in un penitenziario nel quale, incredibilmente, restò solo quindici mesi (Pagliara,2010).

Nell’agosto del 1985, gli fu concessa la libertà (Pagliara,2010).

La bizzarria del caso è accresciuta dal fatto che da allora Issei Sagawa è salito alla ribalta come personaggio pubblico.

Al pari di una star,rilascia compiaciute interviste dalle quali emerge la sua ottica di cannibalismo visto come forma di intimità, tra l’altro molto erotica. Il desiderio si esprime nella fantasia di mangiare,nella pianificazione dell’atto. I preliminari si assaporano nella preparazione della carne, nel deprezzamento,nella manipolazione del cadavere. L’orgasmo esplode nel possedere fisicamente il corpo, nel prenderlo parte di sé, mangiandolo. Il desiderio, quindi, non fa differenza tra un cibo affettivo o materiale (Camerani, 2010).

Dopo aver “recitato” in un film pornografico che riproponeva la sua impresa, aver pubblicato su rotocalchi foto in cui mangiava carne e cosce di pollo con aria ammiccante, aver concesso interviste, aver girato filmati a tema (in uno recita la parte del lupo nella favola di Cappuccetto Rosso), è tutt’ora un “opinionista” chiamato ad esprimere pareri nei talk show, si improvvisa chef suggerendo ricette culinarie e, addirittura, un artista quotato (Pagliara,2010).

Il Ventunesimo secolo è iniziato con l’accentuazione di alcune caratteristiche già ampiamente presenti nel secolo passato, una fra tutta l’esasperazione del ruolo dei mass media nella nostra vita, il che significa che ciò che appare al cinema o in televisione, spesso, è considerato di valore superiore rispetto agli avvenimenti della vita reale e addirittura più autentico (Camerani, 2010).

 

Oltre al romanzo scritto in carcere, “The fog”, ha prodotto altre opere aventi ad oggetto le imprese di altri cannibali (nel 1997, ha scritto un libro di commento “Shonen A” su un serial killer di bambini ) (Pagliara, 2010).

 

Non solo, la sua storia ha ispirato musicisti: dai Rolling Stones con il loro brano “Too Much Blood”, al rapper italiano I.O.R.I.A. con il suo “Death Wrote”, alla band tedesca Ost Front che, parafrasando il nome della vittima alla quale si ispira, incide la canzone “Harte Welt” (Pagliara, 2010).

Come questa persona abbia vissuto, anche elaborandolo successivamente il suo gesto, è chiaramente espresso in una lettera che si riporta in stralcio:

“Sono una creatura romantica in un’epoca in cui il sentimento è inaridito. Hanno detto che amavo la mia vittima e dato che quando le confessai ciò che provavo, lei rise di me, avrei perso il controllo e l’avrei uccisa. E’ completamente falso. Renèe era una ragazza molto bella, ma eravamo solo amici….ammiravo le ragazze belle ed alte e volevo assaggiarle. Volevo tanto mangiare la loro carne. Sentivo che non sarei mai stato contento finchè non lo avessi fatto. Renèe era così gentile. Era una buona amica, ma la vedevo solo come un appetitoso pezzo di carne. Poichè non pensavo che una così bella ragazza bianca sarebbe mai diventata la mia amante, decisi di mangiarla. Ma quando realizzai la mia fantasia fui spaventato dalla forza della realtà. Ero nauseato da ciò che avevo fatto. Non volevo uccidere Renèe, volevo solo assaggiare la sua carne. Mi dispiace terribilmente di averla uccisa. E’ per questo che non ho mai ripetuto il mio crimine cannibalesco. La mia fantasia di cannibale è un feticismo sessuale, non filosofico o spirituale. Per me il sesso implica il mangiare e qualsiasi atteggiamento sensuale mi ricorda il cannibalismo. Però oggi amo bere l’urina o il latte della mia amante invece che mangiarne la carne. Non potrei mai uccidere di nuovo, ma se qualcuno potesse cucinare un pezzo di bella ragazza bianca senza ucciderla, sarei sempre felice di mangiarlo, perchè la carne di ragazza è squisita…” (Sagawa,1987).

Quello di Sagawa è l’esempio lampante di come, attraverso la sua caratterizzazione, riesce quasi nell’ardua impresa di farci “accettare” un comportamento così alieno nel nostro quotidiano.

Il caso più famoso di cannibale nella società contemporanea è Hannibal Lecter e magistralmente interpretato da Anthony Hopkins ne “Il Silenzio degli Innocenti” e nei film successivi facenti parte della saga. Si potrebbe definirlo il cannibale per antonomasia, un personaggio molto colto e intelligente, dotato di carisma, fascino e capacità affabulatorie pressoché inesauribili, elementi che si scontrano inevitabilmente con la figura del cannibale come soggetto che, mettendo in atto un comportamento tanto brutale e primitivo, si immaginerebbe rozzo e simile a una specie di reincarnazione dell’uomo delle caverne. Il dottor Lecter è laureato, è un brillante medico psichiatra, ed anche un sopraffino gourmet, per cui i suoi atti cannibaleschi, il più delle volte, non sono istintivi ma meditati e mediati dalla preparazione di una gustosa ricetta culinaria (Camerani,2010).

Hannibal Lecter è l’emblema del personaggio che ha tanti e tali lati positivi da riuscire a diventare, per molti, “quasi simpatico”.

Dunque, anche in questo caso, dove si pone il confine tra normalità e devianza?

Articolo di F.V. Cassano

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