Che cos’è l’arteterapia

Sempre più spesso l’approccio farmaceutico convenzionale con cui vengono trattate alcune tipologie di pazienti risulta essere sterile, poiché scinde l’unità corpo-mente dell’individuo senza considerarlo dal punto di vista psicologico.
È importante, invece, che il paziente affetto da disagio psichico venga affiancato non solo dal medico, ma anche da una figura capace di creare un collegamento tra l’ambiente esterno e il soggetto, le sue sensazioni e i suoi stati d’animo: l’arteterapeuta. Recentemente l’“arteterapia” è un argomento che trova spesso spazio sul web o sugli articoli di giornale e, per questo, sembra essere una metodologia nata negli ultimi anni. In realtà essa affonda le sue radici in tempi lontanissimi.
L’essere umano, fin dagli albori della sua storia, come testimoniano statuine e pitture rupestri preistoriche, ha reso manifesto il suo mondo interiore e rappresentato quello esteriore attraverso l’espressione artistica. Popoli e culture di ogni tempo hanno sempre attribuito diverse caratteristiche e funzioni all’arte: estetica, spirituale, sociale, pedagogica, espressiva e comunicativa. Oltre a queste, all’interno di una visione dell’essere umano più olistica di quella odierna, vi è anche quella terapeutica. Alcuni esempi di ciò sono l’uso di maschere, musica e danze nei rituali di guarigione sciamanica [Bosco, 2015, p.2].

Gli antichi Greci, invece, utilizzavano forme d’arte come il teatro per favorire la “catarsi”5 e liberarsi dalle emozioni represse per ritornare a uno stato di equilibrio. Nel corso del Medioevo l’arte, intesa come cura dei disturbi emotivi, fu sostituita dalla magia e dalla superstizione e bisognerà attendere il Rinascimento per rivalutare l’arte e gli artisti6 che erano considerati figure sensibili. L’opera d’arte è intesa, invece, come una sorta di strumento terapeutico che permette l’espressione di una realtà fantastica. Durante la Rivoluzione Industriale, in Inghilterra, l’arte diventa uno strumento utilizzato per la cosiddetta “terapia morale” grazie alla quale i pazienti affetti da disturbi mentali venivano accolti in rifugi in campagna dove ricevevano cure, assistenza e svolgevano attività artistiche come la pittura, la scultura e la musica. Ma è soltanto nel XX secolo che l’arteterapia inizia a stabilizzarsi come metodologia d’aiuto per pazienti con problemi psichici.
Durante la seconda guerra mondiale, alcuni artisti constateranno i benefici derivanti da esperienze di attività grafico-pittoriche con reduci di guerra ospedalizzati e con bambini internati nei campi di concentramento. Negli anni seguenti, quindi, andrà affermandosi sempre più l’utilizzo dell’attività artistica in ambito clinico, la quale si definirà man mano come vera e propria pratica terapeutica, avvalendosi dei contributi derivanti dalle correnti psicoanalitiche, dagli studi di diversi ambiti della psicologia, nonché delle più recenti scoperte delle neuroscienze [ibidem].
Una figura centrale nella definizione dell’arteterapia è indubbiamente quella dell’artista tedesca Edith Kramer (1916 – 2014) che considerava “l’opera d’arte come un contenitore di emozioni e l’atto stesso del creare come terapeutico di per sé” [Caputo, Cotugno De Palma et al., 2012, p. 6]. È lei ad aver delineato il cosiddetto “metodo Arte come terapia”, profondamente legato al suo pensiero e caratterizzato da precise linee metodologiche che riconoscono la centralità del processo creativo e artistico nel percorso terapeutico.
Alla luce dell’excursus storico in cui si può osservare che da sempre l’arte è protagonista della storia umana, e tenendo presente gli insegnamenti di Edith Kramer, si può definire l’arteterapia utilizzando la spiegazione di Irina Bosco [2015].

L’arteterapia può essere definita come una terapia espressiva a mediazione non verbale, utilizza cioè pratiche e metodiche proprie dell’attività artistica come mezzo terapeutico, con lo scopo di promuovere crescita personale e maggior benessere. La specificità del metodo “arte come terapia” è quella di sfruttare le potenzialità espressive e comunicative intrinseche al fare artistico e al linguaggio visivo, mettendo il focus sui benefici derivanti dal processo creativo [p.4].

Articolo di R.Ronzoni

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