Consigli psicologici nel caso del lutto di un neonato: trauma, elaborazione del lutto

Soffermandosi in modo particolare sul lutto perinatale, è noto che la morte del bambino sognato ed immaginato e la sua perdita rappresentano una frattura drammatica nella vita di una donna e della coppia, dal momento che la costruzione del sé madre e del sé padre, avvenendo gradualmente nel corso del tempo, subisce un brusco arresto.
Di conseguenza, il progetto genitoriale si sgretola e la coppia è costretta, in modo temporaneo o definitivo, a rinunciarvi.

In queste circostanze, i genitori sono colpiti da un vero e proprio lutto profondamente doloroso e sofferto, la cui elaborazione dipende molto dall’insieme di reazioni provocate dalla perdita e dalle relazioni che si erano costruite nel tempo.
In questo senso, il lutto perinatale ha le stesse identiche risonanze e caratteristiche di ogni altro tipo di lutto.
Infatti, al pari della perdita di un familiare, la morte di un bambino durante la gestazione o poco prima della nascita, provoca una profonda rottura, un elemento di discontinuità nella storia personale, di coppia e familiare, e un trauma irreversibile, violento, e inatteso.
Di conseguenza, è molto probabile che i genitori attraversino il processo di elaborazione del lutto caratterizzato dal conseguirsi delle note fasi, già evidenziate nel secondo capitolo, di shock iniziale, caratterizzato dal rifiuto e misconoscimento della realtà; riconoscimento della realtà della perdita con conseguenti espressioni di rabbia, abbattimento, dolore e depressione, accettazione della perdita con progressiva riconciliazione e reinvestimento del proprio sé nelle relazioni e nella vita.
Questo processo comporta una maturazione interiore della persona che non sarà più la stessa di prima, dal momento che assumerà un modo differente di vivere e di rapportarsi agli altri in virtù degli eventi sperimentati e delle emozioni provate.
Tuttavia, in presenza di un cordoglio legato alla fase perinatale si riscontrano particolarità importanti, profondamente collegate alla società, alla cultura ed al senso comune, che, spesso, ha radicato in sé la concezione che la morte perinatale non sia davvero una morte “come tutte le altre”, non avendo avuto la gravidanza, esito positivo.
Di conseguenza, non essendo il bambino mai nato, la sua non può essere considerata una vera e propria esistenza, e non si può parlare di morte vera e propria.
Non dando, la società odierna, tanto peso alla sofferenza causata dalla perdita di un figlio mai nato, i genitori, che ne sono colpiti, hanno difficoltà ad abbandonarsi al proprio dolore, sentendosi spesso dire frasi come “siete giovani ne farete un altro”; “sono passati mesi e piangi ancora? oppure anche “passati due mesi, voglio rivederti col test positivo in mano”…..
Nonostante questo, il lutto perinatale ha molti elementi che caratterizzano diversi tipi di lutto quali:

  • la traumaticità e l’imprevedibilità dell’evento;
  • il senso di solitudine e di colpa che caratterizza un decesso improvviso e traumatico;
  • la difficoltà a comprendere la realtà della morte;
  • l’angoscia di morte molto frequente nei genitori a seguito della perdita di un bambino.

Ai fattori comuni agli altri lutti si aggiungono una serie di fattori specifici, tra cui il fatto che:

  • il decesso e le sue circostanze avvengono spesso “nella” madre nel momento in cui sta trasmettendo la vita;
  • si ha l’assenza di una storia di vita trascorsa “fuori” e condivisa;
  • si ha la mancanza di tracce e ricordi concreti e tangibili del suo esistere “reale”
  • si ha la negazione, dal punto di vista legislativo, dell’esistenza del bambino morto troppo prematuramente.

Questi elementi, molto spesso misconosciuti, possono produrre nella coppia genitoriale un lutto patogeno, perché la morte del bambino/a non viene riconosciuta dalla realtà esterna che tende a negare l’accaduto ed i genitori si trovano nell’impossibilità di rappresentarsi mentalmente l’evento.

Questa discrepanza tra aspetti interni propri della coppia e mondo esterno fa sì che il lutto diventi una violenza psichica che non trova collocazione al di fuori della coppia genitoriale13.

Conseguenze del trauma psicologico

Nelle situazioni di lutto perinatale, il trauma è visto come conseguenza automatica dell’evento stesso: l’interruzione inaspettata della gravidanza “cancella una relazione profonda, fatta di proiezioni future, di sogni e progetti che s’infrangono improvvisamente”15., anche se come già ribadito, in questa tipologia di evento traumatico “ciò che si perde, tuttavia, è qualcuno con cui non si hanno ricordi di una vita sociale condivisa, non esistono tracce di un passato insieme, nessun rapporto [o quasi] visibile agli altri”16.
“Questo complica un po’ le cose, perché agli occhi della società rende meno legittimo il dolore e la condivisione dei propri sentimenti”.
La perdita perinatale è un evento traumatico, sconvolgente e doloroso, al quale non si è preparati, essendo considerata una circostanza innaturale e illogica: l’attesa della nuova nascita e della vita coincide prematuramente con la morte e la fine della vita stessa.
Il vissuto dei genitori, di cui si parlerà in modo più approfondito nel paragrafo successivo, viene profondamente alterato da sentimenti di inadeguatezza, senso di colpa, e di rabbia.
L’accettazione dell’evento traumatico comporta la possibilità di sganciarsi gradualmente da questi vissuti che appartengono ad una sfera molto comune di reazioni immediate e conseguenti l’evento traumatico.
Con il proseguire dei mesi ci si aspetta che la madre inizi gradualmente a ritirare il proprio investimento libidico dall’oggetto perduto e si orienti su di sé e sulle relazioni al di fuori del nucleo familiare18.

III. 4 Modalità di comunicazione della morte perinatale
Non è facile, ed anzi è molto delicato il momento in cui si comunica l’avvenuta morte del figlio/a, dato che rappresenta un discrimine tra la vita precedente all’evento e il doloroso lavoro di elaborazione del lutto.
In questi momenti sono fondamentali le parole, i gesti, la capacità di ascolto e di dialogo e ci si dovrebbe, pertanto, aspettare da parte del personale medico e paramedico che abbia, come dote, le capacità empatiche idonee a promuovere le risorse dei genitori, e a comunicare le emozioni giuste.
Infatti, l’ascolto partecipe e l’attenzione consapevole dell’operatore sanitario incidono sul vissuto del genitore in lutto, agevolando l’elaborazione del lutto.
Nelle fasi appena successive alla comunicazione del decesso, la sensibilità di chi ha appena subito un trauma è molto elevata e l’atteggiamento dell’operatore deve essere, perciò, attento agli aspetti che ruotano attorno alla sfera emotiva ed emozionale, così come agli aspetti di carattere informativo-conoscitivo che caratterizzano la diagnosi di morte e l’iter successivo.

Secondo le linee guida sul tema, l’attenzione degli operatori va focalizzata su alcuni punti:

  • “dare tempo al tempo”, dare, cioè, ai genitori il tempo necessario per comprendere e valutare la situazione;
  • la comunicazione deve essere espressa in modo semplice, chiaro e rivolta ad entrambi i genitori, ai quali va chiesto di esprimere la propria opinione;
  • le modalità di comunicazione devono essere tali da lasciare ai genitori informazioni scritte, depliant, disegni o schemi che possano aiutarli a riflettere su quanto comunicato.

Sarà molto importante per la coppia, con l’aiuto degli operatori, chiamare e nominare il bambino/a con il nome che era stato scelto per lui/lei per conferirgli/le un’esistenza.
È importante per i genitori poter visualizzare il bambino, fargli prendere forma, così come creare un rituale di saluto e di passaggio.
In queste situazioni, molto spesso, si manifestano molti dubbi in termini di capacità generativa, e di possibilità di dare alla luce una nuova vita….
Infatti, gli “aspetti mortiferi” sembrano assalire la coppia che si sente incapace, inadeguata, e impreparata a fare fronte al compito evolutivo connesso alla generatività.

Superamento della perdita

Si è già accennato che la comunicazione di morte ed i primissimi momenti successivi sono importanti, dato che rappresentano i primi approcci all’elaborazione del lutto.
È proprio a partire dalla comunicazione della diagnosi di morte e dalle modalità della stessa che i genitori possono essere aiutati e/o ostacolati nell’iniziare il percorso di elaborazione del lutto.
Grazie alla presenza di numerose associazioni in diversi ospedali, sono stati adottate buone prassi nell’accogliere, informare, guidare e supportare i genitori fin dai primi momenti in ospedale.

Seguendo tali prassi, i genitori devono prima appropriarsi completamente della nascita del figlio, in modo tale da poter accettare in un secondo momento la morte di quest’ultimo ed attivare il processo doloroso di separazione dall’oggetto d’amore.

Diventa, quindi, fondamentale lavorare sulla continuità neonatale, cioè su quell’insieme di sensazioni, emozioni, affetti che caratterizzano le diverse fasi del parto.

Si tratterà di accogliere i desideri ed i vissuti dei genitori relativamente al parto, alle modalità di incontro del figlio, e di dare voce ai movimenti ambivalenti riguardo al desiderio di tenerlo e/o al rifiuto di guardarlo.

I genitori vanno accompagnati e supportati nell’incontro con il bambino e nell’attivazione di quei comportamenti intuitivi parentali che con la nascita stessa diventano modalità di accudimento.

È importante che i genitori possano trascorrere del tempo con il proprio bambino, prendendosi cura di lui e ricreando – per la prima volta – momenti di intimità con il bambino.
Sarà, in tal modo, possibile per gli stessi, vedere il bambino successivamente in camera mortuaria e organizzare il rito di saluto e le pratiche religiose.

Questi primi movimenti di “continuità neonatale” aiutano ad allontanare i dubbi dei genitori sulle proprie competenze e capacità e permettono loro di sperimentare che, nonostante l’esito infausto della nascita, rimangono genitori di quel bambino che hanno generato.

Se non sono riusciti a ricreare quella continuità neonatale, sarà imporrante recuperarla in modo simbolico, nello spazio che viene dedicato all’accompagnamento.
Il percorso di accompagnamento può trasformarsi in un percorso terapeutico che aiuta i genitori ad ancorare dentro di sé il senso di genitorialità e legittimare la sofferenza ed il dolore conseguenti la perdita.

Il dolore inespresso e non elaborato può dare luogo anche ad un lutto patologico che determina nel soggetto coinvolto un’attivazione in eccesso o in difetto, che impedisce il normale svolgimento del processo di elaborazione del lutto.

Nei casi di lutto complicato, lo spazio terapeutico permette di dare voce, vivere e sperimentare un insieme di emozioni, vissuti, sensazioni e pensieri che vanno nella direzione di elaborazione del lutto; nello specifico, è possibile individuare, in maniera molto semplificata, una serie di aspetti che possono caratterizzare, a grandi linee, le aree di lavoro quali:

  • favorire la separazione tra la madre e il bambino attraverso la rievocazione di momenti caratterizzanti il percorso gestazionale, i contatti stabiliti con il bambino….: in questa fase è importante poter lavorare anche sul senso di vuoto e di perdita connessi all’esperienza della nascita.
  • narrare il parto e procedere alla ricostruzione di tutte le tappe che hanno caratterizzato la nascita ed il senso di continuità neonatale, con l’obiettivo di ricostruire e dare un senso a ciò che è avvenuto.
  • ricostruire tracce significative del bambino, attraverso la narrazione e la riedizione dei fatti, così come degli stati emotivi, per aiutare i genitori a costruire un senso di accettazione nei confronti del tempo e degli eventi.
  • dare spazio anche ai vissuti e agli aspetti di carattere emotivo di cui è portatore l’altro genitore, che, non di rado, viene messo in secondo piano.
  • supportare i genitori nei momenti di saluto e di congedo dal figlio, lasciando loro tempi adeguati e personali per consentire un addio con il piccolo ed al contempo permetta loro di separarsi concretamente e simbolicamente dal proprio figlio.
  • dare voce a sentimenti di paura e di preoccupazione verso un’altra eventuale gravidanza, perché spesso ancorata a vissuti mortiferi ed orientati alla morte, piuttosto che alla vita.

Gli elementi sopracitati rappresentano alcuni principali aspetti sui quali è importante lavorare nel periodo immediatamente successivo alla morte perinatale, consapevoli del fatto che ci saranno profonde variazioni in termini di tempo e di possibilità di raggiungere una sorta di consapevolezza sufficientemente adeguata di sé, della coppia e del partner.

In questi casi, la possibilità di narrare e rieditare l’evento luttuoso aiuta le persone ad esplorarlo in maniera più precisa ed approfondita, mediante il ricordo e la ricostruzione e di formare un ancoraggio sia agli aspetti di realtà che agli elementi di carattere sensoriale.

In altre parole, si tratterà “[…] di favorire nella persona la presa di coscienza del modello del lutto che le è proprio, di lasciar posto all’emergere della sua sofferenza in tutte le sue forme e di cogliere le sue risorse personali nascoste dietro l’emozione che in un primo tempo invade tutto il campo […] saranno privilegiati temi come la vergogna, il senso di colpa, la collera, l’aggressività, la solitudine, l’isolamento, la perdita di autostima, il sentirsi un genitore fallito.

Si tratterà certamente di permettere alla persona di aprirsi al riconoscimento della perdita e alla sua integrazione, e di aiutarla ad adeguarsi a questa nuova realtà e a reinvestirsi nel desiderio e nella vita”

La più grande complicazione a cui il lutto può andare incontro è, infatti, la circostanza che impedisca di viverlo, dato che spesso ci si anestetizzi sotto la protezione/difesa della negazione che impedisce il riemergere dei vissuti legati al trauma.

Articolo di Maria Angela Bruno

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