Come essere efficace

Me ne rendo conto, internet è pieno di articoli simili che promettono performance incredibili nella vita a lavoro con uno schiocco di dita, o con formule magiche che nulla hanno a che vedere con ciò che suggeriscono i risultati scientifici su questo tema.
Oggi vi parlerò di ciò che è stato trovato nella ricerca scientifica per quanto riguarda il miglioramento delle performance personali e professionali. Quando chiedo alle persone secondo loro cosa determini il successo nella vita professionale e personale, molto spesso ottengo risposte che variano dal “le persone che hanno successo ci sanno fare” (dunque si fa riferimento ad una loro abilità interna), oppure risposte che fanno riferimento all’impegno “una persona riesce solo se si impegna”, passando per risposte fatalistiche come “una persona riesce perché vi era predestinato”, “lui va avanti perché ci è portato” (come se fosse possibile scrivere una cosa simile nel DNA) arrivando a risposte da locus of control esterno “per andare avanti bisogna essere raccomandati o corrompere qualcuno”.

Probabilmente vi sarete riconosciuti in qualcuna di queste frasi, e in effetti, almeno parzialmente sono tutte vere, ma

Quante volte abbiamo visto persone impegnarsi per alcuni obiettivi e fallire miseramente, quante volte alcune persone con evidenti abilità pratiche sono state surclassate da altre meno abili?

Questo accade perché le abilità tecniche non bastano da sole, e non sono nulla senza le credenze, le convinzioni mentali. Ad un certo livello gli atleti sono tutti forti a livello fisico, ciò che fa la differenza sono credenze e motivazioni personali.

E’ stato studiato infatti il successo professionale in un certo ambito è determinato più fortemente dall’autoefficacia personale piuttosto che dalle sole abilità vere e proprie. L’autoefficacia personale (Bandura, 1986) è la percezione di essere in grado di compiere le azioni necessarie al raggiungimento di un obiettivo specifico.

Il semplice fatto di ritenersi in grado di raggiungere un certo obiettivo aumenta statisticamente le probabilità di riuscirci. Se sono bravo ma non mi ritengo in grado di superare un esame, non mi presento, se sono medio o scarso ma mi ritengo in grado di superare un esame, intanto mi presento superando sicuramente lo 0% di chi non si presenta all’esame di riuscirci.

In buona sostanza chi ha autoefficacia ci prova più spesso, e provandoci aumenta le probabilità di riuscire, ma non è solo questo, chi ha autoefficacia ha anche più linee d’azione da scegliere (empowerment) e maggiore convinzione nel condurre le proprie azioni verso gli obiettivi prefissati.

A questo punto si impone una domanda, come migliorare l’autoefficacia personale?

Secondo Albert Bandura, padre del concetto di autoefficacia uno delle modalità principali riguarda l’esperienza vicariante, ovvero quell’esperienza per la quale vediamo un nostro simile compiere le azioni necessarie al raggiungimento di un obiettivo. Se volete facilitare l’autoefficacia di una persona, una delle modalità principali è quella di farle modellare un proprio simile.

Ovviamente l’autoefficacia aumenta solo se si fa esperienza di propri simili che raggiungono l’obiettivo, se un calciatore alle prime armi vede una giocata di Messi è difficile che aumenti la sua autoefficacia e che pensi “domani contro la Sambenedettese giocherò allo stesso modo”, mentre è più facile che la sua autoefficacia aumenti vedendo una buona giocata di un calciatore del suo livello.

Altro fattore che aumenta l’autoefficacia è lo stato fisiologico, a prescindere dall’obiettivo che vi siete posti (professionale, personale, sportivo), lo stato fisiologico fa la differenza e vi fa sentire più efficace.

Per questo la cura dell’alimentazione e dell’attività fisica è importante a livello professionale anche per i non sportivi. Lo stato fisiologico non migliora solamente l’attività fisica e la salute ma anche l’attività e le performance mentali e lavorative.

Se non ho un buon stato fisiologico né modelli da imitare la mia autoefficacia decresce necessariamente?

Secondo Bandura no, esiste un’ ultima modalità per aumentare l’efficacia personale: la persuasione verbale. Come abbiamo visto più volte negli articoli di questo sito la persuasione non è né negativa né positiva ma è semplicemente uno strumento: è il modo in cui si usa la persuasione che la rende positiva o negativa.

Se ho una falce, la falce non è positiva o negativa in sé, lo diventa se decido di usarla per tagliare il grano piuttosto che per compiere un delitto. Lo stesso vale per la persuasione verbale, certo alcuni la utilizzano per farti comprare delle azioni destinate a farti perdere un sacco di soldi o per farti comprare un prodotto scadente, ma ciò non esclude che sia possibile utilizzarla per migliorare il tuo stato di salute psicofisica o per convincerti che “puoi farcela”. ​

Nel mio sito ho già trattato il tema in diversi casi, se sei interessato ad alcuni esempi di persuasione clicca nei seguenti link per accedere alle altre risorse sulla persuasione (persuasione e chirurgia esteticapersuasione ed evasione fiscalepersuasione e ristorantipersuasione e centri commercialipersuasione nel public speakingpersuasione nelle relazionipersuasione e negoziazionepersuasione e tecnologiapersuasione e abbigliamentopersuasione e autorità)

Ultimo consiglio deriva dal 1966, con Rotter e il suo locus of control. Rotter affermava che le esistono delle differenze tra le persone nel modo in cui si attribuiscono le cause degli eventi
1. chi ha un locus of control interno tende ad affermare che è lui stesso a causare gli eventi, se  accade qualcosa di negativo afferma “è colpa/responsabilità mia”, se accade qualcosa di positivo tenderanno a dire “è merito mio”.
2. chi ha locus of control esterno tende ad affermare che sono cause esterne a determinare quello che succede, in questo modo quando accade qualcosa di positivo “è stata la fortuna” a determinarla, se accade qualcosa di negativo “è stata la sfortuna”, allo stesso modo quando qualcuno riesce in una certa attività le spiegazioni tenderanno a cercare cause esterne come “lui ci è portato, è scritto nel DNA che lui doveva riuscire”, “la mente a 20 anni è elastica, a 30 no”, piuttosto che “sicuramente è raccomandato”, o in un contesto scolastico/universitario “non è lui che è bravo, è solo simpatico al professore”.

Secondo voi, si è più efficaci con un locus of control interno o esterno?

Certo, se non credo di avere controllo sul mondo (locus interno) come posso cambiarlo? Ma allo stesso tempo, soprattutto nelle personalità che si auto colpevolizzano a volte un locus troppo interno diventa autolesionista e poco produttivo.
L’alternativa migliore è sicuramente quella di un locus interno, orientato verso la responsabilità delle persone, e non verso la ricerca spasmodica di una causa unica o peggio di un “colpevole”.

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