Strategie di persuasione pubblicitaria: come la pubblicità influenza le nostre scelte

Quali strategie sono utilizzate in pubblicità per attirare attenzione? Quali strategie vengono messe in atto per convincere il consumatore ad acquistare? Usare la persuasione è una cosa etica?

Come abbiamo visto in altri articoli, le strategie di persuasione pubblicitaria sono diverse, alcune più razionali, altre più emotive. Alcune stimolano il narcisismo, il sentimento di unicità delle persone, altre l’appartenenza di gruppo, altre ancora stimolano tendenze paranoiche.

Fatto sta che proprio per questo possiamo affermare, come già diceva il premio Nobel Herbert Simon (1955), che l’uomo ha una razionalità limitata.

Per quanto una persona possa calcolare approfonditamente le sue scelte economiche, non potrà mai avere una razionalità totale sui propri acquisti, in quanto le capacità di calcolo, di memoria e di attenzione sono per natura limitate.

Vediamo quali strategie pubblicitarie basano il loro funzionamento sulla razionalità limitata.

La psicologia del supermercato ci insegna che il consumatore, sempre di più, ha un sovraccarico cognitivo quando fa la spesa. Oggi non c’è più il latte, lo yogurt, le uova, ma un’infinità di varietà di latte, yogurt e uova. Peccato che la mente del consumatore abbia una capacità attentiva limitata, gli studi sul “problema della troppa scelta” mostrano che la persona è in grado di tenere in considerazione non più di 7 prodotti contemporaneamente.

Per questo motivo, nel sovraccarico di dover considerare molti aspetti nella scelta, il consumatore non calcola il valore atteso di ogni singolo prodotto, ovvero quali siano vantaggi e svantaggi di ognuno dei prodotti, ma applica un processo di pensiero semplificato, segue le cosiddette scorciatoie di pensiero (“euristiche”, Tversky, Kahneman).

La mente considera alcuni aspetti dell’offerta e ne cancella altri.

Esempio 1

Se io vi dicessi che ho una bevanda al gusto di latte. Cosa vi viene in mente in termini di immagine mentale?

Certo, alcuni di voi avranno già colto il trabocchetto linguistico che c’è nella presentazione dell’offerta, ma questo non accade nel consumatore medio o in un contesto quale il supermercato dove spesso la nostra attenzione selettiva ci fa dimenticare degli aspetti.

Generalmente in questa frase un consumatore memorizza due dati: “bevanda” e “latte” e si forma un’immagine mentale di un bicchiere di latte.

Peccato che nella frase nulla ci dica che nella bevanda ci sia del latte!

Si dice solamente che la bevanda ha un sapore di latte, ma non che ce ne sia!

Esempio 2 

Se io vi dicessi che lo yogurt che vendo ha meno grassi, cosa vi viene in mente?

Probabilmente uno yogurt dietetico a basso contenuto di grassi. Eppure questo non è stato detto assolutamente, potremmo avere un alimento molto grasso in realtà. In pubblicità c’è scritto solamente che il prodotto, rispetto ad un altro, ha meno grassi. Ma il prodotto di confronto non è specificato (potrebbe essere anche il prosciutto!), o se è specificato potrebbe anche essere molto grasso. Inoltre non sappiamo se il minor contenuto di grassi è di una quantità rilevante per una dieta oppure no. Un prodotto che ha 0,0001 grassi in meno dell’altro, ha un minore contenuto di grassi.

Poi se non si specifica il termine di paragone per la frase “meno grassi” si può incorrere in multe abbastanza importanti, ed è quello che è successo di recente ad alcune grosse aziende (clicca qui per l’articolo).

Esempio 3

Altre strategie sono ancora più sottili, se su una barretta di cioccolato si afferma che c’è meno cacao e più latte, si cerca di dare un’immagine positiva del prodotto. Il latte è infatti spesso visto come alimento fondamentale nella vita del bambino, ed è spesso associato alla salute, mentre il cacao no, è spesso associato alla cioccolata. Proprio come se ci fosse più parte energetica e meno parte “pesante” del cacao.

Eppure anche in questo caso c’è un errore, il cacao è più energetico del latte, e il latte per essere presentato in forma solida deve essere trattato chimicamente ed avere grassi aggiunti. Vediamo come in alcuni casi, presunte informazioni positive del prodotto possano in realtà avere effetti controproducenti, ma questo il consumatore spesso non lo vede, ma fraintende o non lo capisce.

Esempio 4 (tratto da Rampin, 2005)

Altra strategia di pensiero semplificato si ottiene con frasi di questo tipo. In un pacco di biscotti si ritrova l’espressione in copertina: “non contiene nitrati”.

Cosa pensa il consumatore?

Probabilmente pensa: “bene, se l’hanno scritto in maniera così evidente sul pacco di biscotti, allora significa che è un dato rilevante e che questo prodotto a differenza di altri, non contiene nitrati, che evidentemente sono una sostanza dannosa.”

Ok, almeno in un argomento il consumatore ha indovinato: i nitrati sono una sostanza dannosa per l’organismo. Ma anche qui è stato in qualche modo sviato: il dato, anche se è in copertina, non è rilevante, infatti, nessun biscotto contiene nitrati!

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