La persuasione dei computer: tecniche di reciprocità

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4.1 B.J. Fogg: tecnologia persuasiva e reciprocità        

 

B.J. Fogg, psicologo sperimentale, direttore del Persuasive Technology Lab di Stanford, fonda un nuovo campo di studi: la captologia.

Captologia è un neologismo costituito dall’anagramma “capt”, derivato da “computer as persuasive technology”. La captologia si occupa dell’ “area di incontro tra la tecnologia informatica e la persuasione” (Fogg, 2003, p.19), partendo dal presupposto per cui gli essere umani, di fronte a una tecnologia si comportano come se si trovassero di fronte a un essere umano, studia i tipici processi di influenza sociale tipici dell’interazione umana, nell’interazione uomo macchina.

Prima di procedere ad un approfondimento è bene però puntualizzare su un aspetto, Fogg intende per persuasione: “qualsiasi tentativo atto a modificare atteggiamenti e/o comportamenti (senza usare coercizione o inganno)”, (Fogg, 2003, p.29) “la captologia studia gli effetti persuasivi intenzionali ad opera delle tecnologie informatiche” ma non gli “effetti collaterali”. “Una volta che le persone hanno iniziato a usare l’e-mail, molte di loro hanno ridotto l’uso della posta tradizionale, comprando meno francobolli e facendo meno file  all’ufficio postale” (Fogg, 2003, p.31). Gli effetti non intenzionali dei comportamenti non sono oggetto della captologia.

Fogg, inoltre distingue due livelli di persuasione: la macrosuasione e la microsuasione. La macrosuasione è rappresentata dall’”intento persuasivo generale della tecnologia” (Fogg, 2003, p.32), la microsuasione invece rappresenta l’intento persuasivo di una porzione più piccola della tecnologia, come ad esempio il “feedback” di un utente di eBay.

Questo punto di vista è stato recentemente criticato da Atkinson (2006), la quale si chiede perché non considerare gli effetti non intenzionali della persuasione tecnologica, conia un nuovo termine per parlare di questi effetti chiamato compusuasione. Atkinson argomenta così: “ignorare di esplorare i cambiamenti non intenzionali nei cambiamenti causati o associati al prodotto è sia un errore teorico che di design. E’ vero che le conseguenze non predette, non previste e non intese, non dovrebbero far parte dello studio della persuasione, perché la persuasione in senso puro deve essere legata alle intenzioni di modificazione del comportamento intese da chi progetta la persuasione. Ma se un programma induce, in maniera non prevista, delle modificazioni di comportamento, è appropriato per la disciplina di assumersi la responsabilità di questi effetti e di nominare anche questo fenomeno che io definisco ‘compusuasione’” (Atkinson, 2006, p. 177).

La differenza tra l’approccio captologico e i precedenti non sta solamente nell’unità di analisi presa in considerazione, l’interazione uomo-macchina, ma anche nella particolare definizione di persuasione; per Fogg ad esempio la persuasione non può essere ingannevole, mentre se analizziamo altri punti di vista, come quello di Cialdini, l’applicazione della persuasione in alcuni casi è etica, in altri è ingannevole. In Cialdini ad esempio non c’è differenza tra persuasione e inganno, vanno di certo distinte tra di loro ma a livello di definizione siamo ancora nel mondo della persuasione. Per Fogg invece nel momento in cui si sfora nell’inganno, non si parla più di persuasione e non siamo più nell’ambito di studio della captologia.

L’approccio di Fogg si basa sulla triade funzionale: la tecnologia nella sua azione persuasiva può agire in “tre diversi ruoli. […] La triade funzionale è uno schema creato per evidenziare i ruoli svolti dai prodotti informatici visti dalla prospettiva dell’utente” (Fogg, 2003, p. 39).

Ogni tecnologia, nel suo agire persuasivo, può essere categorizzata secondo tre idealtipi: strumento, medium e attore sociale. I tre ruoli tramite cui può funzionare una tecnologia, nel suo agire persuasivo, non sono assoluti. Le tecnologie possono anche solo avvicinarsi più a un ruolo senza escludere l’altro, tuttavia questa triade può essere utile a stabilire le coordinate entro cui può funzionare l’agire persuasivo della tecnologia.

Nello studio della reciprocità nell’ interazione uomo-macchina (IUM) Fogg, tratta la tecnologia in uno dei tre vertici della triade funzionale: l’attore sociale.

In uno studio condotto a Stanford nel 1998 (Fogg, 1998, p.2436), vengono reclutati 76 soggetti tra studenti dell’Università di Stanford ed abitanti della Silicon Valley, sottoposti a due condizioni sperimentali.

Nella prima fase dell’ esperimento, in entrambe le condizioni, i soggetti venivano introdotti in un’aula con due computer e veniva chiesto di eseguire un compito: si chiedeva al soggetto di immaginare di essere nel deserto e di dover ordinare, in ordine di importanza, sette oggetti.

–                        Nella condizione sperimentale (di reciprocazione): quando il soggetto chiedeva al computer informazioni sugli oggetti, il computer dava suggerimenti utili a proposito dell’utilità degli oggetti. Ad esempio: “se la notte è limpida, il raggio di una torcia può essere visto a una distanza di 15 miglia”(Fogg, 2003, p.129). L’impressione che veniva comunicata all’utente era quella per cui il computer stesse cercando attivamente delle informazioni a proposito degli oggetti, proprio come se fosse un favore.

–                        Nella condizione di controllo: alla richiesta di informazioni di aiuto riferite agli oggetti il computer dava informazioni poco funzionali come: “torcia di soccorso tascabile Lumilite: facile da trovare, la luce di soccorso luminescente gialla è a portata di mano quando se ne ha bisogno. Batterie incluse” (Fogg, 2003, p.130).

Nella seconda fase dell’esperimento si chiedeva un secondo compito, apparentemente non collegato al primo, ma che nella logica dell’esperimento faceva da misura di reciprocazione dei soggetti nei confronti del computer. Si chiedeva al soggetto di compiere un compito specifico, si trattava di riordinare tre colori dal più chiaro al più scuro, per far capire al computer come funziona la percezione umana dei colori, l’esecuzione del compito poteva essere ripetuta un numero di volte deciso dal soggetto. Il numero di volte faceva dunque da indicatore della reciprocazione del soggetto.

E’ stato riscontrato che i soggetti nella condizione di reciprocazione, ricambiavano il favore eseguendo il compito un numero di volte significativamente maggiore rispetto a coloro i quali non avevano ricevuto il favore nella condizione precedente.

Questo esperimento non solo afferma quanto le persone si comportino di fronte a un computer in maniera molto simile a come si comporterebbero di fronte a una persona, ma afferma anche quanto alcune dinamiche sociali, piuttosto ancestrali come la reciprocazione, vengano riprodotte allo stesso modo, proprio come se un computer potesse percepire questo ricambiare in senso sociale, cosa che in realtà non avviene. Con le parole di Fogg si può affermare che “le teorie della psicologia sociale possono guidare la progettazione di computer carismatici” (Fogg, 1998, p.2436).

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