negoziazione e conciliazione

Negoziazione: significato e definizione

La negoziazione

 

La negoziazione è “un processo di interazione tra due o più parti in cui si cerca di stabilire cosa ognuna dovrebbe dare e ricevere in una transazione reciproca finalizzata al raggiungimento di un accordo mutuamente vantaggioso”. (Rubin, Brown 1975)

Generalmente, quando si parla di negoziazione, si tende ad associare questo termine alle attività strettamente commerciali, in realtà è un concetto molto più ampio. Non negoziamo infatti solamente quando contrattiamo il prezzo di un articolo commerciale, ma negoziamo molto più spesso. Quando si parla di negoziazione generalmente si pensa a una questione monetaria, a una sorta di contrattazione strettamente inerente questioni economiche.

La negoziazione non può essere rappresentata metaforicamente da due persone che tirano una corda in direzione opposta al fine di approvvigionarsi la porzione maggiore della corda (rappresentata da un guadagno monetario maggiore).

La negoziazione è quindi qualcosa di più ampio e profondo, sarebbe banale negoziare solamente in termini monetari, ma la negoziazione riguarda molti più “oggetti”. Possiamo negoziare idee, valori, credenze, punti di vista, piani d’azione.

Possiamo rappresentare graficamente la negoziazione in maniera lineare o in maniera ramificata.

Negoziazione lineare

Se presupponiamo un modello di negoziazione lineare, non possiamo ipotizzare un mutuo vantaggio: è impossibile, con questo modello, che entrambe le controparti siano soddisfatte. Infatti all’aumentare del vantaggio per A, diminuisce il vantaggio per B. E’ uno schema tipico della negoziazione mono-issue, ovvero quella che presenta un solo argomento di negoziazione (ad esempio il denaro).

Se la controparte A vende delle arance a 2,40 € al kg e la controparte B vuole acquistarne due kg, contrattando, al diminuire del prezzo delle arance sarà più soddisfatto B e contemporaneamente meno soddisfatto A.

Fortunatamente, nessun tipo di interazione umana è del tutto lineare, è sempre possibile dunque mettere sul tavolo più argomenti negoziali in modo tale da soddisfare un mutuo vantaggio.

Il nostro venditore (controparte A) raramente considera solamente una variabile, il venditore, come anche il cliente formulano scelte che non dipendono solamente dalla variabile denaro, ma anche da un insieme di credenze, aspettative, valori che influenzano allo stesso modo la trattativa. E per questo non è sostenibile il modello di negoziazione lineare.

Semplificando, tendiamo spesso a pensare ad un modello di negoziazione lineare, dove se vince una persona l’altra perde, ma la realtà dei fatti è sempre più complessa. L’individuo in negoziazione non è solo un erogatore di beni, ma ha credenze, valori, aspettative e teorie implicite che influenzano allo stesso modo la trattativa.

Uno dei modi per eliminare il tira-e-molla della negoziazione lineare è quello di passare da una negoziazione che si basa su un solo argomento negoziale a una negoziazione con più argomenti negoziali.

Una storia di Follet (1940) recita così: due sorelline dovevano utilizzare delle arance. La prima per fare una torta, la seconda per fare una spremuta, ma avevano a disposizione solamente due arance. Attuando una negoziazione mono-issue le due sorelline divisero le due arance, una per la prima, l’altra per la seconda.

Dunque, la prima rimosse dall’arancia la polpa e grattò la buccia dell’arancia per cucinare la torta, la seconda preparò la spremuta buttandone la buccia.

Se avessero comunicato meglio i loro interessi, e avessero attuato una negoziazione multi-issue ora avrebbero prodotto un guadagno del 100%.

La negoziazione era in partenza una mono-issue:

Ragazza A: “Voglio le arance!”

Ragazza B: “Voglio le arance!”

Entrambe traducibili in “il mio interesse negoziale è ‘arance’”

Se avessero specificato meglio a quale scopo sarebbero servite le arance (ad una per la polpa, all’altra per la buccia) avrebbero potuto attuare un passaggio da una negoziazione mono-issue ad una negoziazione multi-issue.

Ragazza A: “Mi serve la buccia delle arance per cucinare una torta”

Ragazza B: “Mi serve la polpa delle arance per preparare una spremuta”

Entrambe ora traducibili in “il mio interesse negoziale è ‘arance’ ed è connesso a questa motivazione”

Ed ecco che la divergenza di interessi diventa una risorsa. Le due ora possono ridefinire il problema multi-issue

Ecco prodotto, con un intervento di comunicazione efficace, un guadagno ulteriore del 100% delle risorse in gioco.

E’ proprio la differenza degli interessi in gioco ad essere utilizzata come molla per il cambiamento. Spesso la divergenza di interessi viene vista come qualcosa da nascondere perché associata al conflitto. In realtà non è sempre così, nel caso precedente l’uguaglianza di interessi (“voglio le arance”) ha prodotto il conflitto, mentre il porre una divergenza di interessi, ha prodotto la risoluzione del conflitto. Proprio nel momento in cui le due ragazze si sono rese conto di ricercare qualcosa di diverso che si è risolto il conflitto.

Ma quali sono le prerogative del conflitto?

Fondamentalmente sono due

  1. Scarsità delle risorse (che prima di essere un dato oggettivo è una percezione, ci sono persone che tendono maggiormente a percepire la scarsità, altre l’abbondanza Pietroni, Diamantini, Rumiati 2001)
  2. Divergenza di interessi: da intendersi come incompatibilità circa la modalità di distribuzione di una risorsa scarsa. (è sia una fonte di conflitto, ma può essere usata strategicamente come fonte di risoluzione del conflitto stesso)

Una volta stabilito un conflitto è necessario gestirlo ed esistono tre forme di gestione del conflitto classiche:

1. Nella preistoria i nostri avi superavano i conflitti, derivati dalla presenza di risorse scarse (ad es., scarso cibo), mediante la lotta. La lotta era lo strumento principale per ottenere quelle risorse scarse.

2. Successivamente con lo sviluppo delle civiltà, altra strategia di gestione del conflitto maturata era il ricorrere all’autorità (ad esempio ricorrendo alle sovranità come il re)

3. Infine si giunse a regole definite: le norme. Le norme hanno un ruolo importantissimo nella negoziazione, Diekman ha confermato che all’aumentare dell’ambiguità delle norme i negoziatori si fanno più partigiani ed egocentrici.

Per quanto le norme siano importanti, è difficile e sconveniente pensare che tutte le possibili situazioni conflittuali possano essere a propri previste e regolamentate. In questi casi si tenterà di risolvere l’ambiguità del dominio facendo riferimento a norme di ordine inferiore, ovvero a norme implicite che appartengono al bagaglio di una cultura.

Le più importanti norme generali di giustizia distributiva sono tre:

Norma di equità: le risorse devono venire distribuite secondo il criterio del merito (chi più ha contribuito, più deve ricevere)

Norma di uguaglianza: le risorse devono essere distribuite in modo uguale

Norma di necessità: le risorse devono essere distribuite in base al bisogno delle parti.

Fenomenologia del conflitto

Il conflitto non è un fenomeno tangibile ed obiettivo, esiste nelle menti di coloro che ne sono coinvolti. Le parti non rispondono mai ad un conflitto vero ma ad una loro personalissima interpretazione e rappresentazione (influenzata da credenze, valori, aspettative). Questa rappresentazione è chiamata da Klar, Bar-Tal e Kruglanski come schema del conflitto.

Dal momento che il conflitto è interpretabile e soggettivo il primo obiettivo dei soggetti è quello di riconoscere il conflitto, come abbiamo affermato sopra il conflitto può essere una risorsa, ma per sfruttare questa risorsa dovremmo prima riconoscere il conflitto stesso.

Alcuni preferiscono negare che ci siano discrasie tra i punti di vista, ma a volte sono proprio le divergenze di interessi a poter far avviare una negoziazione. Se si tende a nascondere un conflitto, quando c’è una divergenza negli interessi, la divergenza non viene affrontata, né risolta, né utilizzata come risorsa, proprio perché si finge la sua inesistenza.

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