Psicologia del marketing nei supermercati: una ricerca

di Ilaria Polidori

Ho voluto concludere questo lavoro con una parte che fosse “applicativa” e cioè mi permettesse di appurare in concreto se, quanto sono andata fin qui dicendo circa il comportamento “deviante” degli agenti economici, (rispetto al paradigma
dominante dell’uomo razionale) risulti verificato.
Inizio innanzitutto col ringraziare le persone grazie alle quali ho potuto realizzare questo mio progetto e che mi hanno messo a
disposizione l’ambiente ideale per poter lavorare.
L’analisi che ho condotto infatti necessitava di un background che fosse rappresentativo dell’ambiente tipico in cui avvengono le scelte economiche – e a tal proposito mi sono avvalsa di una catena di negozi della mia zona – e che potesse essere da me controllato, sia per quanto riguardava la possibilità di somministrare determinate alternative di scelta ai consumatori, sia per quanto riguardava l’accesso ai dati che quelle alternative avevano prodotto.
Ho condotto varie offerte-pilota che mi hanno permesso di individuare i “punti-deboli” dei consumatori e che qui tralascerò perché condotte attraverso procedure molto poco scientifiche e guidate da una buona dose di pura e semplice intuizione. Un po’, oserei dire, con un metodo di tipo “satisficing”. Attraverso queste prove, sono giunta all’elaborazione dell’offerta che qui presenterò e che, secondo me, è particolarmente interessante perché, oltre a rendere manifesto il fatto che la gente è condizionata dall’errore da incorniciamento (pigrizia mentale + segregazione – ), evidenzia il fatto – ed è questa la vera novità rispetto alle offerte-pilota – che questi processi sono così radicati da guidare il consumatore verso l’offerta che risulta meno vantaggiosa in termini di utilità; in una parola: l’agente non ottimizza.
L’offerta consiste in una promozione su un bene a larghissimo consumo, preferibilmente acquistato (più o meno)
quotidianamente.
La scelta è ricaduta sul latte.
Si è individuata una particolare marca sulla quale proporre l’offerta.
Le opzioni tra le quali il consumatore può scegliere, sono due:
A) sconto cassa immediato di 20 centesimi di euro
B) un punto da ritirare alla cassa.
La raccolta dei punti prevede che al centesimo punto si vinca un premio, previa spedizione postale della raccolta. Il premio
consiste in 4 ricariche telefoniche da 5 euro, per un valore totale di 20 euro (L’ideale sarebbe stato un premio di due ricariche da 10 euro, poiché il numero 10 ha un impatto psicologico maggiore – evoca un valore più elevato -, visto che solo un’esigua
minoranza del campione pensa di moltiplicare il valore della carta telefonica per il
numero di carte telefoniche. Tuttavia mi sono dovuta adeguare ai tagli in commercio).

La durata del piano di raccolta punti è limitata nel tempo (scade dopo 5 mesi dal suo inizio).
La scelta del premio è ricaduta sulle ricariche telefoniche poiché era necessario, per la buona riuscita della verifica, che fosse
noto o facilmente valutabile il suo valore.

L’offerta è iniziata martedì 5 novembre ed è finita lo stesso giorno di quattro settimane più tardi: martedì 3 dicembre, per un
totale di 28 giorni di osservazione e di 7540 litri di latte venduti.
Una delle cose più complicate da realizzare è stato individuare quante fossero le persone che compravano (per un motivo o per un altro) il latte in questione.
Allo scopo non ci si poteva infatti basare sulle quantità di latte venduto, potendo risultare che questo nei giorni successivi,
venisse acquistato dalla medesima persona. Così ho escogitato un sistema che mi ha permesso di contare gli acquirenti, per poi poter verificare quale alternativa essi preferissero.
Il sistema era questo: su ogni confezione di latte veniva attaccato un talloncino adesivo del tipo di quello visibile in figura,
da cambiare alla cassa.
Nel caso in cui l’acquirente preferiva la raccolta dei punti non c’erano problemi: egli doveva infatti chiedere alla cassa la
scheda per la raccolta, la quale era nominativa, per cui è risultato abbastanza semplice contare i consumatori che sceglievano
quest’alternativa.

Più macchinoso è stato contare il numero delle persone che preferiva l’altra scelta.
Mi sono avvalsa dell’aiuto delle cassiere. Queste ultime, quando ritiravano il talloncino, chiedevano al cliente che voleva lo
sconto se era la prima volta che sentiva parlare di quest’offerta. In caso affermativo il talloncino veniva messo da parte altrimenti veniva buttato. Contando il numero dei talloncini ho potuto sapere esattamente quante persone preferissero lo sconto immediato (evitando di conteggiarle più di una volta; il che avrebbe distorto la stima).

Il campione è risultato essere formato da 232 persone. 232 persone chiamate ad effettuare una scelta fra l’opzione A – sconto
cassa immediato – e l’opzione B – raccolta punti con premi in palio.
Ho pensato di fare questa verifica, poiché ritenevo che le scelte fra le due alternative non si sarebbero ripartite (più o meno)
equamente, ma ci sarebbe stata una maggioranza schiacciante verso una delle due, il che avrebbe denotato, già di per sé, un
comportamento se non altro anomalo (Almeno nella misura in cui – come io ritenevo – i consumatori non avrebbero saputo
spiegare i motivi (economici) della scelta.).
Senonché nel caso in questione – confermando tra l’altro in pieno le mie aspettative – l’anomalia acquista lo spessore di un vero e proprio comportamento antieconomico, dal momento che l’alternativa scelta è quella, tra le due, che risulta, da un punto di vista economico, la meno conveniente.
I dati raccolti dimostrano infatti che ben 163 persone su 232, ossia circa il 70% del campione, ha preferito l’opzione B, lasciandosi tentare dal miraggio delle schede telefoniche in palio e mostrando di non valutare gli effetti di maggiore ricchezza che lo sconto genera rispetto alla raccolta-punti.
Ci sono infatti tutta una serie di motivi che suggerirebbero di propendere per lo sconto.

Andiamoli a vedere:
a) risparmiando 20 centesimi al giorno, la somma messa da parte, può venire spesa in maniera libera e senza vincoli: in altre
parole non necessariamente in schede telefoniche.
b) qualora si volessero investire i soldi in schede telefoniche, risparmiando 20 centesimi al giorno, si potrebbe già allo scadere
del venticinquesimo giorno comperare la prima scheda, allo scadere del cinquantesimo la seconda e così via: in altre parole non sarebbe necessario aspettare che la raccolta-punti sia completa.
c) non viene calcolato che il premio in ricariche vale meno di 20 euro, per l’esattezza 16, a causa della tassa che viene pagata
su ogni ricarica, mentre il risparmio di 20 centesimi per 100 confezioni di latte, vale esattamente 20 euro.
d) non si considera il costo della spedizione postale (in francobolli, tempo e fastidio).
e) Non si considera la possibilità di non terminare la raccolta per vari motivi: ci si stanca di farlo, non si fa in tempo entro la
scadenza, a meno di dover essere costretti – in quest’ultima ipotesi – a fare scorte del prodotto o a consumarne di più, il che, inutile sottolinearlo, costituisce senz’altro un comportamento tipicamente irrazionale.
Ma altre potrebbero essere le considerazioni da fare: scegliendo lo sconto non sarei vincolato anche per il futuro nella
scelta della marca del latte, o a tornare nello stesso supermercato o a dover comperare magari la colla per incollare i punti (E’ capitato proprio a me di imbattermi in un consumatore che, chiedendomi se sapevo dove fosse ubicato lo scaffale con la colla, si è giustificato dicendomi: “mi serve per i punti del latte: lei li sta facendo? Si vincono quattro ricariche per il cellulare…”).
Ma i dati riservano altre sorprese: del 30% che ha scelto lo sconto, il 24% circa ha effettuato una scelta consapevole, ma il
rimanente 6% ha accettato lo sconto alla cassa solo perché non aveva neanche notato l’offerta, palesando così un comportamento davvero poco giustificabile economicamente: il consumatore ha scelto una marca di latte a caso senza preoccuparsi nemmeno di quanto potesse costare. Potenzialmente il prezzo di quel latte poteva anche essere doppio rispetto alle altre marche: la cosa sarebbe passata inosservata agli occhi poco attenti di quel consumatore.
Tutto ciò che ho fin qui descritto mi ha indotto a riflettere sulle cause che hanno determinato questo tipo di risultato nell’offerta somministrata, cercando dei collegamenti con quanto ho esposto nella parte teorica di questo lavoro.
Non credo di sbagliare imputando gran parte della responsabilità di questo processo di sub–ottimizzazione che ha interessato gran parte degli avventori dei supermercati in esame, ad alcuni effetti illustrati da Kahneman e Tversky nella loro “Prospect
Theory”.
In primo luogo, gioca un ruolo fondamentale quell’effetto che i due studiosi chiamarono “effetto framing” e che, come si ricorderà, attiene alla componente descrittiva della teoria del prospetto, ossia al processo di scelta vero e proprio, nel quale il
ruolo principale viene interpretato dalla fase di strutturazione e organizzazione del problema decisionale. Dipende infatti in larga misura da come viene presentato un problema decisionale, la preferenza per l’una o l’altra delle alternative.
Nell’offerta fatta, le quattro ricariche telefoniche sono molto probabilmente considerate dai soggetti come un dono, un omaggio personale che viene loro fatto, che oltre ad essere codificato da costoro come un guadagno, viene preferito anche perché capace di compiacere il consumatore fedele, che si sente così “premiato” dal proprio negozio di fiducia (Penso inoltre che molto abbia giocato la natura del premio in questione: l’ondata di entusiasmo – di cui siamo tutti vittime – per il telefonino, rende le ricariche telefoniche un premio particolarmente appetibile.)
Ben altra cosa è il semplice sconto di 20 centesimi, che viene vissuto alla stregua di una semplice offerta fra tante, incapace
di solleticare il compiacimento personale.
I consumatori codificano la rinuncia al premio in ricariche come una perdita, mentre codificano la rinuncia allo sconto come
un mancato guadagno; la maggiore sensibilità della curva per le perdite, fa sì che si crei una distorsione in favore del premio.
Per giunta lo sconto viene considerato di valore di gran lunga inferiore all’altra alternativa: il meccanismo psicologico che scatta è del tipo “20 euro contro 20 centesimi”. L’offerta recitava infatti testualmente “4 ricariche telefoniche da 5 euro ciascuna per un valore totale di 20 euro, o uno sconto di 20 centesimi”.
Pochissime persone hanno notato che 20 cent X 100 giorni = 20 euro = 4 ricariche telefoniche
Innegabile in questo comportamento, l’influenza di quell’atteggiamento denominato “pigrizia mentale”, che è una delle componenti dell’errore da incorniciamento.
Tuttavia credo che un ruolo molto importante nei risultati della verifica, l’abbia avuta anche la componente quantitativa della
teoria del prospetto”, ossia quella che coincide con la funzione asimmetrica del valore.
Lo spunto per questa riflessione mi è stato fornito dall’uso che Thaler ha fatto della funzione di valore di Kahneman e Tversky, nell’ambito del marketing.
Egli suggerisce che, dal momento che la funzione di valore è concava rispetto ai guadagni, si può aumentare il valore totale
corrispondente a un guadagno, suddividendolo in due o più parti.
Per dirla con le parole di Thaler “non bisogna confezionare tutti i regali di Natale in uno stesso pacco”.
Nella nostra verifica quindi, può essere stato fondamentale aver messo in palio 4 ricariche da 5 euro, anziché una sola di valore maggiore (20 euro, ammesso che il taglio fosse in commercio).
Nella figura 9 è evidente come il guadagno di 20 euro dà origine ad un valore soggettivo maggiore, se suddiviso in 4 distinti
guadagni, ognuno di 5 euro.

Ho voluto poi approfondire l’analisi tentando di fare una casistica dei consumatori che sceglievano l’alternativa A, e di quelli
che sceglievano l’alternativa B. A questo scopo ho preparato un questionario, che ho poi somministrato ad un campione di 130 persone scelte fra coloro che abitualmente “fanno la spesa”.

Il questionario era strutturato come segue:
1) ETA’
2) SESSO
3) TITOLO STUDIO
– Elementare
– Media inf.
– Media sup.
– Diploma
– Laurea
4) PROFESSIONE
– Casalinga
– Operaia
– Impiegata
– Imprenditore
– Libero professionista
– Studente
5) COMPONENTI NUCLEO FAMILIARE
6) LAVORATORI NEL NUCLEO FAMILIARE
7) POSSIEDE UN CELLULARE?
8) GESTORE? TIM
OMNITEL
WIND
9) FIGLI O PARENTI STRETTI CON TIM?
10) CONSUMATORE ABITUALE DI LATTE?
11) UNA MARCA PARTICOLARE?
12) LA CAMBIEREBBE SE CI FOSSE UN’OFFERTA VANTAGGIOSA SU UN’ALTRA MARCA?
13) OFFERTA:
Proponiamo un’offerta sul latte xxxxxx: se raccoglie 100 punti si vincono 4 schede Tim da 5 euro ciascuna per un totale di
20 euro; ha cinque mesi di tempo per terminare la raccolta che dovrà spedire all’indirizzo indicato.
In alternativa può scegliere di chiedere 20 centesimi di sconto alla cassa subito.
Alcune domande sono state inserite al solo scopo di eliminare dal campione soggetti poco rappresentativi dello stereotipo del “consumatore medio” o che, per evidenti ragioni, non sarebbero stati interessati ad una delle due opzioni o a nessuna
delle due.
Ad esempio sono stati eliminati coloro che non possiedono un cellulare, o coloro che non consumano latte o il cui nucleo familiare è composto da una sola persona.

Sono rimasti alla fine 102 soggetti di età compresa fra i 22 e i 66 anni, per la maggior parte di sesso femminile (solo 10 erano di
sesso maschile).
Emerge dalla lettura dei dati un particolare curioso: nel caso in cui la scelta viene proposta tramite questionario il consumatore risulta essere “più razionale”.
La scelta fra le alternative si è ripartita in maniera molto più uniforme: la preferenza è ancora a favore dei premi, ma ora solo il 58% del campione opta per questa alternativa, il rimanente sceglie lo sconto.
Attratte dalla raccolta-punti risultano essere in special modo le donne: dei 10 uomini intervistati 8 hanno scelto lo sconto.
Infine risultano attratti dallo sconto, in massima parte, le persone di scarsa istruzione (elementare e media inferiore),
casalinghe e operai.
Paradossalmente i meno istruiti scelgono in maniera più razionale, preferendo risparmiare.
Ma il dato più interessante è il seguente: al 50% delle persone la domanda n° 13 (quella relativa all’offerta) è stata posta
come la si vede, al rimanente 50%, le alternative sono state poste in ordine inverso. Bene, il risultato è stato che i soggetti
manifestavano la tendenza a scegliere l’alternativa loro proposta per ultima.
Questo risultato potrebbe essere determinato dalla cosiddetta “memoria corta”, la tendenza dei soggetti, ben conosciuta dagli
operatori di marketing, a ricordare solo l’ultima alternativa loro posta, risultando in tal modo la loro, una scelta “obbligata”.
Infine vorrei sottolineare quella che è stata semplicemente un’impressione personale: il fatto che in questo tipo di verifica (quella tramite questionario) la preferenza per la raccolta-punti non è stata massiccia come nella verifica empirica vera e propria, è dipeso fondamentalmente dalla difficoltà di esplicare verbalmente il contenuto di un’offerta nella realtà molto elementare, ma che poteva sembrare molto complessa se espressa oralmente.
Ho potuto constatare cioè una certa difficoltà di comprensione dell’offerta che andavo proponendo (anche se in realtà essa era espressa in parole molto semplici, come si vede dal questionario). Penso che anche questo fenomeno dipenda in buona
parte da una sorta di “pigrizia mentale”, come se al soggetto intervistato costasse molto concentrarsi per prendere la decisione più giusta, preferendo scegliere così semplicemente quella più facile da comprendere.
Ed ecco così che per il mezzo di una semplice impressione personale si ritorna al cuore della tematica simoniana della
razionalità limitata: prendere decisioni ottime costa a volte molto di più che prendere decisioni solo soddisfacenti.

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