Come leggere il linguaggio del corpo e capire le intenzioni degli altri

Come leggere il linguaggio del corpo e comprendere meglio le intenzioni degli altri

La radice del termine comunicare risale al verbo greco koinè (partecipo) e latino comunico (metto in comune).Etimologicamente la comunicazione sottende uno scambio, un rapporto di trasmissione, messa in comune, socializzazione di informazioni percepite. Il processo di comunicazione implica quindi una relazione, è il mezzo attraverso il quale tutti gli esseri viventi hanno rapporti tra di loro, e pertanto “Ogni forma di comunicazione tende ad anticipare o a mutare un atteggiamento”.

Premettiamo che “non si può non comunicare”, secondo quanto afferma il I assioma della comunicazione (Watzlawick).

Quindi, nella comunicazione semplice, la fonte, attraverso il canale (mezzo di espressione) , comunica un messaggio al ricevente. Nella comunicazione raddoppiata, la fonte, attraverso il canale, comunica un messaggio al ricevente, che a sua volta comunica alla fonte il proprio messaggio.

Questi due modelli, come già anticipato, vanno riferiti a rapporti di comunicazioni interpersonali e di gruppo, nella misura in cui un gruppo è rappresentato da una quantità, grande o piccola, di persone che hanno fra di loro relazioni sociali ben definite.

Il terzo momento, che rende compiuto uno schema di comunicazione sociale, è quello del feedback, o del messaggio di ritorno, in cui il ricevente, dopo aver decodificato e interpretato il messaggio ricevuto, fornisce la propria risposta. Nel fare ciò, si pone a sua volta come trasmittente, restituendo a chi lo ha fornito, il messaggio di ritorno (feedback).

Possiamo definire comunicazione la “trasmissione di un messaggio da una persona o un gruppo ad un altro che comprende una dimensione emotiva, uno stato d’animo, e che perciò richiede sempre l’esistenza di una certa volontà d’interazione tra chi trasmette e chi riceve. Questa interazione si manifesta nella trasmissione di un’altra comunicazione in senso opposto, definita come feedback”.

Solo in presenza di un messaggio di ritorno colui che ha strutturato ed emesso il messaggio può controllare in che misura, una volta recepito, sia stato anche valutato.

L’importanza della comunicazione risiede nell’essere un processo che tende ad anticipare o a modificare il comportamento delle persone cui è rivolto.

La comunicazione avviene utilizzando modalità diverse, chiamate vettori o canali, che possono influenzare e rendere comprensibile ed efficace, in maniera minore o maggiore, il messaggio che intendiamo inviare.

Il canale di comunicazione verbale è costituito dalle parole, dal contenuto puro e semplice, privato delle varie modalità con cui può essere trasmesso.

Da una ricerca effettuata dall’antropologo Albert Mehrabian (pubblicata in un articolo nel 1967), emerge che tale vettore influisce sul processo comunicativo per il 7%: ciò significa che le parole colpiscono l’attenzione dei presenti in misura assai minore di quanto non si possa pensare.

L’attenzione al contenuto delle parole subentra sempre solo dopo che, inconsciamente, abbiamo analizzato il contesto e i segnali presenti.

Le variabili da tenere presente quando si comunica, relativamente al contenuto, sono: il contesto, l’interlocutore (chi è, quali sono i suoi ruoli, i suoi valori, le sue aspettative), l’obiettivo e noi stessi (qual è il mio stato emotivo, come sono percepito dall’altro, sono disponibile a verificare se il mio messaggio è stato realmente compreso).

I canali non verbali sono predominanti e fondamentali per trasmettere agli interlocutori informazioni che possono essere ricordate a medio-lungo periodo.

 Questo secondo vettore è chiamato paraverbale perché è inerente alla modalità “vocale” con cui un contenuto verbale viene espresso.

A differenza del primo, rappresenta da solo circa il 38% di tutta la comunicazione.

Per farsi capire è molto importante utilizzare in modo appropriato le modalità in cui si articola il vettore paraverbale, che sono il tono, il volume, le pause, il ritmo, gli accenti melodici (sottolineature).

Un tono può essere più acuto o più grave, più caldo o più freddo, e queste variazioni possono far assumere significati completamente diversi al contenuto di un messaggio.

Anche il volume della voce incide sull’eloquio: alzare il volume può trasmettere aggressività o passione per l’argomento trattato; mentre un volume basso può significare calma e sicurezza, ma anche imbarazzo o senso di colpa.

Un ritmo lento può trasmettere noia, o tristezza, ma può anche aiutare chi ascolta a comprendere meglio il significato. Al contrario parlare velocemente può essere sintomo di paura, ma anche di felicità o ancora di rabbia e nervosismo. Se il ritmo diventa concitato evidenzia uno stato di sofferenza o disagio.

Inoltre non va sottovalutata l’importanza di pause o interruzioni che, se oculatamente inserite in un discorso, possono enfatizzare l’importanza di specifici concetti.

La pronuncia delle parole subisce anche delle variazioni melodiche, può essere calda, flebile, squillante o stridula e svelare non solo lo stato d’animo dell’interlocutore ma anche la sua personalità.

Le sospensioni sono i suoni che l’emittente produce tra una parola e l’altra oppure all’inizio di una frase, utilizzati per “prendere tempo” (per esempio: eeehmm…) e riuscire a terminare mentalmente il discorso per poi esporlo: possono essere fastidiose per l’ascoltatore perché allungano i tempi senza mantenere viva l’attenzione.

Infine, il terzo vettore della comunicazione, che qui maggiormente ci interessa, è quello non verbale.

I cosiddetti messaggi non verbali includono tutte le forme di comunicazione che vanno oltre le parole ed il loro significato e producono l’impatto maggiore durante una comunicazione interpersonale. Il 55% delle informazioni che colpiscono il nostro interlocutore sono trasmesse tramite i segnali del corpo.

L’atteggiamento non verbale, ovvero il linguaggio del corpo, si esplica attraverso le posizioni che si assumono, di riposo o in movimento, la gestualità, le espressioni del viso, l’abbigliamento.

Nessuno può evitare di parlare il linguaggio del corpo, e spesso si usano gesti e si lanciano segnali senza nemmeno rendersene conto. Ad esempio,

  • la dilatazione delle pupille che avviene quando si è interessati o emozionati;

  • la contrazione delle spalle in momenti di tensione;

I movimenti rivelatori di bugie:

  • sfregarsi il mento, grattarsi un sopracciglio, toccarsi il naso, accomodarsi i capelli, coprirsi la bocca, guardare in basso, sono tutti segnali del fatto che esiste un conflitto tra ciò che dico e ciò che vorrei veramente dire o ciò che penso.

La forma di comunicazione non verbale che immediatamente percepiamo negli altri, e che dovrebbe essere di più facile interpretazione, è la mimica facciale. I movimenti delle sopracciglia, delle pupille, delle labbra e persino del naso, se pur in modo complementare, forniscono indicazioni preziose sullo stato d’animo dei nostri interlocutori.

Secondo Watzlawick, Beavin e Jackson, la comunicazione avviene tramite due possibili canali: attraverso la parola, scritta ed orale, (comunicazione verbale) e attraverso tutto ciò che non è parola (gesti, movimenti del corpo, espressioni del viso, contatto oculare, tono della voce, abbigliamento, ecc.). Quando comunichiamo informazioni a livello verbale questi due livelli si arricchiscono a vicenda di significato.

Non si possono controllare certi aspetti del comportamento umano che inevitabilmente trasmettono un significato (uno sbadiglio, un sorriso, un giocherellare delle mani): questi aspetti sono soprattutto non verbali poiché, se nella maggior parte dei casi è possibile evitare di dire certe cose, non è possibile controllare interamente il nostro comportamento non verbale. Proprio per questa caratteristica, che attribuisce alla comunicazione non verbale una maggiore spontaneità e incontrollabilità, si può anche affermare che le informazioni trasmesse a questo livello siano più ricche e complesse che non quelle trasmesse a livello verbale. La ricchezza di questo tipo di comunicazione sta nel maggior numero d’informazioni che da essa possiamo ricavare.

La complessità sta nella difficile interpretazione di questo tipo di linguaggio dalle innumerevoli sfaccettature: non posso sbagliare nell’interpretare la frase “Sono felice”, mentre posso non capire immediatamente un messaggio non verbale di gioia che talvolta si manifesta col sorriso, altre volte con il pianto, con il mutismo o con la sensazione di mancanza di fiato. Leggere adeguatamente i messaggi non verbali è sicuramente un elemento fondamentale della comunicazione efficace perché limita la possibilità di fraintendere i comportamenti altrui: ecco perché talvolta, nell’incertezza, è bene esplicitare anche a livello verbale i propri significati o chiedere all’altro di farlo. Questo è tanto più vero quando si ha la sensazione che ci sia un’incoerenza tra messaggio verbale e non verbale: tale situazione è frequente nelle persone che hanno difficoltà a comunicare efficacemente, che, con le parole dicono qualcosa, ma con le espressioni ne dicono qualcos’altro.

Sali a un livello di conoscenza superiore!

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