Modelli operativi interni del bambino con attaccamento disorganizzato

di Anna Del Torto

1.1 Modelli operativi interni del bambino con attaccamento disorganizzato

Secondo la teoria di Bowlby (1988), il tipo di relazione di attaccamento che instauriamo nell’infanzia è fondamentale per lo sviluppo dalla nostra personalità, perché proprio attraverso queste relazioni costruiamo degli schemi mentali, delle rappresentazioni dell’attaccamento che fungeranno da filtro e da termine di paragone per le nostre relazioni future. L’autore chiama questi schemi mentali Modelli Operativi Interni e in Una base sicura (1988) li definisce come quelle regole, consapevoli e/o inconsapevoli, che organizzano le informazioni rilevanti per l’attaccamento e ottengono o limitano l’accesso alle informazioni sui sentimenti, le ideazioni e l’esperienze d’attaccamento.

Attraverso i modelli operativi interni i bambini possono prefigurarsi il comportamento e le strategie d’attaccamento e pianificare le loro risposte. Questo perché i MOI utilizzano la conoscenza e la considerazione del passato per percepire e interpretare le circostanze presenti e per fare previsioni sul futuro: essi riflettono le qualità delle memorie passate, le rappresentazioni attuali e le aspettative future.

I bambini con un attaccamento disorganizzato, trovandosi a vivere delle relazioni basate essenzialmente sulla paura dell’altro, svilupperanno una rappresentazione di sé come una persona vulnerabile e impotente di fronte ad eventi che la minacciano e una rappresentazione della figura d’attaccamento come una persona incapace di offrire protezione e rassicurazione.

Essendo basate su reazioni genitoriali spaventate/spaventanti al bambino, le strutture di significato dei MOI dei bambini con una disorganizzazione dell’attaccamento sono molto complesse e drammatiche e con molta probabilità sono molteplici e contraddittorie.

Tenendo presente il costante alternarsi di sentimenti di paura, aggressività e di sollievo che il bambino con attaccamento disorganizzato prova nella relazione d’attaccamento, si vede come i suoi modelli operativi interni saranno caratterizzati da tre significati di base, reciprocamente incompatibili, e che utilizzerà, combinandoli, per cercare di dare un senso ai suoi ricordi della relazione d’attaccamento.

La prima delle tre strutture di significato ha a che fare con la situazione di sentirsi impotente e pauroso davanti al suo caregiver (vittima), la seconda con l’esperienza di essere la causa della paura dell’altro (persecutore) e l’ultima struttura di significato dei MOI del bambino disorganizzato riguarda l’essere una fonte di conforto per l’altro (salvatore). Quindi vediamo che la relazione di attaccamento disorganizzato porta il bambino a sentirsi contemporaneamente il “persecutore” del genitore fragile e spaventato, “vittima” di un caregiver che incute timore e paura e “salvatore” della vulnerabile figura d’accudimento (Liotti, 1999a).

Tutto ciò porta inevitabilmente a delle rappresentazioni dell’attaccamento incompatibili e non integrate che a loro volta saranno la causa di una discontinuità e dissociazione nei contenuti mentali.

 

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